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Tre milioni di italiani non hanno soldi per comprare cibo |
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di Laura Eduati
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Tre milioni di italiani vivono sotto la soglia della povertà alimentare, ovvero non dispongono di soldi sufficienti per comperare cibo sano. Oltre l’80% sono operai, prevalentemente disoccupati, o anche persone con un lavoro che però non frutta abbastanza: i cosiddetti working poors . Uno scenario, questo, difficile da accettare in un paese industrializzato come l’Italia. Per Sabino Acquaviva, illustre sociologo, «gli emarginati sono sempre esistiti e semmai bisognerebbe chiedersi perché gli immigrati stanno meglio degli italiani poveri». Trova? Constato che cinquant’anni di sviluppo non sono riusciti a eliminare la povertà e questo perché la politica produce molte chiacchiere e non risolve i problemi tecnici. Questo era vero ai tempi della Democrazia Cristiana ed è vero oggi, nonostante il progresso scientifico e tecnologico. Un tempo la fame spingeva a emigrare, ora non è così. Anzi, abbiamo accolto quattro milioni di immigrati che si sono integrati benissimo e questo dimostra che la società poteva assorbirli. Perché pensa che gli italiani stiano peggio? Bisognerebbe vedere dove si concentrano maggiormente le persone povere. Nel Triveneto gli immigrati sono riusciti a trovare un posto nella società, i loro figli vanno a scuola, il tasso di disoccupazione è molto basso. Penso che gli stranieri riescano meglio nella autotutela, si aggregano in gruppi etnici, li protegge una rete di solidarietà. La politica non risolve la povertà, ma perché chi sta male non cerca di cambiare le cose? I sondaggi dicono che Berlusconi vincerebbe le elezioni se si tornasse a votare, nonostante tutto, e per la sinistra questo risulta incomprensibile. La gente vive in una società tecnico-scientifica molto avanzata dove i problemi vengono vissuti come molto concreti: il traffico, la sicurezza. La vecchia distinzione tra destra e sinistra ha smesso di funzionare, la classe operaia non esiste più e nemmeno esiste il rapporto tra borghesia e proletariato, il livello di istruzione è cambiato. Ebbene, la politica continua ad utilizzare gli stessi linguaggi che usava cinquant’anni fa, senza capire che viene percepita come una unica classe indistinta, una casta privilegiata e spendacciona. Il libro di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo non ha fatto altro che codificare questo sentire profondo. Non ha nemmeno senso mobilitarsi contro la cosiddetta casta? Per molti non ha senso perché pensano che non cambierebbe nulla, e dunque ognuno fa la sua battaglia personale. Un tempo i poveri votavano per la sinistra, oggi dobbiamo cambiare logica altrimenti produciamo soltanto chiacchiere. Quando è caduta l’Unione sovietica mi chiedevano: cosa succederà alla sinistra? Oggi risponderei: sono cambiate più cose in questi ultimi dieci anni che negli ultimi mille. Il problema è che la politica non se ne accorge. Cosa dovrebbero fare i politici per uscire dall’autoinganno? Progettare la felicità. Lo spiego nel mio ultimo libro, La fine di un mito. Destra, sinistra e nuova civiltà (Marsilio): dobbiamo rivolgerci al design, all’urbanistica, alla ricerca scientifica, alla scienza dell’alimentazione per risolvere i problemi degli esseri umani. La fine del mito è la fine delle ideologie. Togliatti e De Gasperi erano avversari chiari e soprattutto seri. Oggi non esiste questo tipo di contrapposizione, le cose sono mescolate. Bisognerebbe sostituire le ideologie con il codice genetico dove sono scritte le nostre reali necessità, da quelle elementari come il cibo a quelle complesse come dare un senso alla nostra vita. La giustizia è la realizzazione del destino della nostra specie, e il destino è il nostro Dna. Sembra uno scenario utopico. Non è così. La nuova civiltà è qui. Viviamo immersi nella tecnologia eppure i nostri politici sono rimasti indietro: a questo punto lasciamoli amministrare l’esistente e affidiamo la visione del nostro futuro agli specialisti, ai tecnici, agli antropologi, agli architetti. La politica dunque può salvarsi soltanto se legata alla scienza e alla tecnica? Deve prima di tutto, per esempio, costruire alloggi eco-compatibili e dare sostegno ai disoccupati, educare alla buona alimentazione e fornire spazi urbani immersi nel verde? Certamente. Le ideologie vanno messe in soffitta, hanno causato milioni di morti. |
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