La musica, linguaggio universale, storico o locale?
 







di Rosario Ruggiero




Se un linguaggio è la corrispondenza istaurata tra particolari segni, grafici, vocali o di qualunque altro tipo, e specifici significati, possiamo distinguere linguaggi universali, quando la corrispondenza è di comprensione universale, ossia più o meno di tutti, e linguaggi più ristretti, quando la corrispondenza con i significati è stata creata in maniera fortemente arbitraria e quindi comprensibile da un gruppo limitato nei luoghi o nel tempo. Così quello delle arti figurative è più facile ritenere linguaggio universale giacché il disegno di un volto, un fiore o un animale è riconosciuto subito praticamente da tutti, e diremo un idioma linguaggio ristretto poiché comprensibile solo da chi conosce le particolari relazioni tra suoni o grafia e le realtà che in quell’idioma vogliono richiamare. È ben difficile, infatti, riconoscere una ragione soddisfacentemente oggettiva perché la parola “cavallo” nella lingua italiana rappresenti un particolare animale e la parola “sedia” un particolare oggetto, così i suoni o la grafia di quelle parole saranno comprensibili solo da chi conosce il vocabolario della lingua italiana, ossia una limitata comunità nel mondo ed, ampliando il discorso, anche nel tempo, giacché la lingua italiana dei suoi primordi, ad esempio, è abbastanza incomprensibile per i suoi stessi parlanti attuali.
 In realtà, però, nessun linguaggio è assolutamente universale o ristretto. È vero che un volto di un uomo vecchio è praticamente per tutti il volto di un uomo vecchio, ma in alcuni contesti epocali e culturali, può rappresentare simbolicamente la figura di Dio. Ed è altrettanto vero che le parole di una lingua sono creazioni strettamente specifiche di particolari comunità, ma le onomatopee traggono origine dalla riproduzione vocale di suoni della realtà materiale, quindi di comprensione, o suggerimento di comprensione, abbastanza universale.
La musica, e più genericamente la manifestazione sonora,
viene considerata linguaggio universale perché comunica emozioni e messaggi a tutti, finanche agli animali che universalmente si impauriscono per i suoni forti ed improvvisi, mentre i neonati al suono delle ninnananne si acquietano sino ad addormentarsi. Ma una comprensione più ristretta della musica resta non trascurabile. La costruzione di una composizione musicale secondo lo schema di alcune forme particolari, come la sonata, il rondò, il canone o la fuga, è fatto squisitamente arbitrario, codificato in particolari epoche e da particolari civiltà. L’adozione di particolari scale, ossia precise porzioni di suoni tra i vari suoni possibili, è fatto squisitamente arbitrario e codificato in particolari epoche e da particolari civiltà. Un pianoforte, infatti, per fare un esempio, può produrre dodici suoni diversi, cinque con i tasti neri e sette con i tasti bianchi, che si ripetono, sempre più acuti, lungo la tastiera. L’adozione di una porzione di essi genera il modo maggiore ( e un brano può essere in do maggiore, sol maggiore, la maggiore, etc.) o il modo minore, ma pure la scala pentafonica, quella napoletana o i modi gregoriani, e la musica, liberamente creata con quei particolari suoni, prende il sapore di un’epoca e di una civiltà. Anche particolari predilezioni ritmiche sono locali, e le danze, ossia musiche con una rilevante attenzione ritmica, sono fortemente legate ad aree geografiche e civiltà. Similmente può avvenire con il timbro, dovuto alla scelta degli strumenti musicali utilizzati, e così via.
La musica, in questo modo, perfetto ibrido tra espressioni universali, locali ed epocali, si avvarrà, allora, di significati generali, come le sensazioni e le emozioni della dolcezza, della drammaticità, della grandiosità e quanto altro, percepiti con il cuore, e di significati particolari, legati ad epoche e civiltà, come la forma adottata, la scelta degli strumenti, del ritmo e di altri stilemi tecnici, percepiti dalla mente opportunamente educata, ed
il messaggio complessivo, attraverso un affinamento culturale dell’ascoltatore sempre maggiore, si potrà cosi fregiare, ad ogni successivo ascolto, di una magica, impagabile virtù: inesauribile, sorprendente, affascinante novità.