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Italia, grande lavanderia di capitali neri e sporchi |
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di Gemma Contin
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Saranno da 70 a 100 i miliardi di euro - sui 300 che riposano in pace nei paradisi fiscali - che le fameliche banche italiane si apprestano a trasformare da capitali illegali in beni puri come angeli, di pronto utilizzo, dietro pagamento di una modesta somma del 5% - con un’introito, per le casse governative, presunto tra 3,5 e 5 miliardi - grazie all’approvazione prevista per oggi, dopo un paio di slittamenti, della conversione in legge del decreto sullo "scudo fiscale", con voto di fiducia "blindato" della maggioranza e tra rituali proteste e inutili uscite dall’aula della cosiddetta opposizione. Scudo fiscale e penale, come si sa, dato che tra gli emendamenti apportati all’originale testo previsto dal ministro Giulio Tremonti (che quindi può far finta di non intestarsene la paternità) ci sono anche quelli per l’eliminazione dei procedimenti, non solo per evasione fiscale ed esportazione illegale di capitali, ma anche la cancellazione dei reati e dei procedimenti per falso in bilancio, false comunicazioni societarie, false fatturazioni, omessa o infedele dichiarazione dei redditi, false intestazioni societarie e, tanto per non farsi mancare proprio niente, persino i reati di riciclaggio, dato che gli intermediari finanziari sono esentati dal fare le segnalazioni alla Banca d’Italia sulle operazioni sospette. E chi, di più, può essere interessato a una derubricazione penale, prima ancora che fiscale, così ampia e definitiva: un’amnistia tombale, per dirla con i magistrati che negli ultimi anni si sono occupati di frodi finanziarie? Non certo l’operaio metalmeccanico in cassa integrazione, e nemmeno la pensionata della pubblica amministrazione con un assegno mensile di 1.200 euro. Neppure il giovane precario del call center, e meno che mai la cassiera del supermercato che a part time guadagna sette-ottocento euro al mese. Si tratta, secondo il direttore dell’Agenzia delle Entrate Attilio Befera, di 170 mila italiani con capitali all’estero: manager, imprenditori, uomini e donne dello spettacolo, campioni sportivi, politici - tutti garantiti dall’anonimato previsto da un emendamento del deputato siciliano Salvo Fleres - con capitali sparsi tra la Svizzera (120 miliardi) il Lichtenstein e il Lussemburgo (85 miliardi). Ma si tratta anche di 700 nominativi, tra aziende e persone fisiche, che risultano residenti a San Marino ma che hanno eletto domicilio fiscale, chissà perché, presso il consolato di Rimini della piccola repubblica off shore. Poi c’è Rocco Siffredi, porno in tutti i sensi, che ha nascosto i suoi soldi in Ungheria; e c’è il miliardo fantasma di Gianni Agnelli, occultato in sette o otto banche e reclamato dai suoi rissosi eredi. Per non parlare dei 500 nominativi della cosiddetta "lista Pessina", che ora potrebbe sparire dalle indagini in corso a Milano, per un totale di un altro miliardo di euro su cui l’erario si accontenta di incassare 50 milioni, mentre con il procedimento penale e tributario "in corso" lo Stato avrebbe intascato il 44% più le sanzioni sull’imposta evasa (da due a quattro volte). Un regalo così non si nega a nessuno. Nemmeno ai mafiosi e ai riciclatori, che come si sa dispongono di capitali da far rientrare nel circuito legale per oltre 100 miliardi (117,5 miliardi di impieghi, secondo una stima del Censis relativa al 2007, pubblicata qualche giorno fa). E neppure alle grandi famiglie di industriali che hanno creato fondi neri all’estero e che per questo sono state iscritte nel registro degli indagati in varie Procure d’Italia. Ieri su Repubblica Walter Galbiati elencava le inchieste Enipower e sui "diritti Mediaset", «nelle quali è emerso come grazie all’interposizione di società e consulenti si siano potuti gonfiare i costi, truccare i bilanci e creare provviste per altri fini. L’avrebbero fatta franca - scrive Galbiati - anche quei vip che hanno incassato parte dei propri compensi all’estero, come Valentino Rossi o gli stilisti Dolce & Gabbana e molti altri... Il caso più celebre è quello della Bell, la scatola con cui Emilio Gnutti realizzò la plusvalenza di quasi 2 miliardi di euro della vendita della Telecom alla Pirelli... Tra i consulenti di Bell c’era lo studio Vitali, Romagnoli Piccardi & Associati, più noto come l’ex Studio Tremonti». Non scordiamoci infine, in tutta questa vicenda, del ruolo delle banche e degli interessi che si muovono attorno ai patrimoni che rientrano, è evidente, per essere reinvestiti. Se la Banca Etica ha dichiarato che non accetterà di gestire capitali rientrati grazie allo scudo fiscale - unica nel panorama degli istituti di credito - c’è invece la banca Mediolanum, che Silvio Berlusconi ha in società con Ennio Doris, che ha già approntato un sito la cui home page offre proprio i servizi di intermediazione e di consulenza su come fare per farli rientrare e su che cosa farne dopo, una volta legalizzati. Dice Bruno Zanaboni dell’Associazione Italiana Private Banking: «L’Aipb ha solo il compito di calcolare numeri e sviluppare competenze». E intascare spese e commissioni, che assieme alle parcelle di consulenti e professionisti fanno un bel giro del fumo. |
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