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Ilo, salari in caduta libera nel mondo |
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di Fabio Sebastiani
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Salari in caduta libera a livello internazionale. A lanciare l’allarme è l’Ilo, l’Organizzazione internazionale del lavoro che fino al 20 novembre discuterà di questo nel corso della presentazione del "Global Wage Report: 2009 Update" presso il Consiglio di amministrazione annuale. «Il continuo deteriorarsi dei salari reali a livello globale pone una serie di interrogativi sulla reale entità della ripresa economica, specialmente se i governi interrompono troppo presto i piani di rilancio. La deflazione dei salari priva le economie nazionali della domanda necessaria e incide negativamente sulla fiducia», sostiene Manuela Tomei, direttrice del programma dell’Ilo sulle condizioni di lavoro e occupazione, nonchè principale autrice dello studio. Secondo l’aggiornamento del "Global Wage Report", la situazione è destinata a peggiorare nel 2009, nonostante alcuni indicatori economici suggeriscano l’inizio della ripresa economica. Lo studio evidenzia che, nella metà dei 35 paesi selezionati in cui sono disponibili i dati, i salari reali mensili si sono ridotti nel primo trimestre del 2009 rispetto alla media del 2008, spesso a causa della riduzione delle ore di lavoro. Il 2008 era già stato un anno difficile per i salari reali. Su un campione di 53 paesi per i quali vi sono dati disponibili, la crescita dei salari reali medi del "paese mediano" si è ridotta dal 4,3% nel 2007 all’1,4% nel 2008. Tra i dieci paesi del G-20 per i quali i dati erano disponibili, la crescita dei salari reali medi nel paese mediano è scesa dall’1% nel 2007 al -0,2% nel 2008. Il tema degli stimoli all’economia, che sta letteralmente terrorizzando i governi occidentali in relazione soprattutto alla crescita della spesa pubblica, era stato sollevato nei giorni scorsi anche dalla Ces, il sindacato europeo. All’opposto, alcuni organismi internazionali, come l’Ocse e il Fmi premono sulla preparazione della cosiddetta "exit strategy" dal debito. Ma va cercato un "punto di equilibrio". Non si può smettere con la politica degli stimoli pubblici prima che l’economia sia effettivamente rimessa sui binario. «Al netto delle perdite finanziarie - scrive il Fondo - i deficit delle economie avanzate del G20 tenderanno a crescere (dopo una prima battuta d’arresto lieve nel 2010, ndr)». Il debito pubblico dovrebbe raggiungere il 118% del pil nel 2014 e secondo i calcoli del Fondo, stabilizzare il debito a questi livelli significa provocare un aumento dei tassi di interesse a livello globale di circa 2 punti percentuali». Per questo, osservano gli esperti del Fondo, occorre fornire precise indicazioni al pubblico su come si pensa di uscire dalle attuali politiche di stimolo per evitare reazioni avverse dei mercati. «Delle exit strategy credibili - prosegue il rapporto - devono andare oltre la semplice non conferma delle misure di stimolo. La deboli posizioni fiscali strutturali di molti paesi sono state erose ulteriormente dalle sottostanti pressioni di spesa. Per riportare il rapporto debito pil sotto il 60% entro il 2003 occorrerà alzare il saldo primario strutturale di 8 punti percentuali del pil tra il 2010 e il 2020 per poi mantenerlo su quei livelli per la decade successiva». Per raggiungere questo scopo, gli esperti del fondo suggeriscono un insieme di misure: il mancato rinnovo delle misure di stimolo, il congelamento delle spese a persona escluse pensione e sanità, riforme dei sistemi pensionistici e sanitari per mantenerli in linea con la crescita del pil e un aumento medio delle tasse pari a circa 3 punti percentuali del pil per le economie avanzate del G20. Il prezzo dell’inazione secondo il Fondo rischia di essere molto alto perchè «un debito alto può ritardare la crescita. I casi di Giappone e Italia, due paesi ad alti livelli di debito che hanno sofferto di periodi prolungati di lenta crescita della produzione, sono esempi calzanti in questo contesto». Secondo l’Ue, il pil italiano nel 2009 calerà del 4,7 per cento, ma tornerà al segno positivo già nel 2010, con un +0,7 per cento, mentre per il 2011 si prospetta un +1,4 per cento. Il rapporto deficit-pil dell’Italia, invece, è destinato ad attestarsi a quota 5,3 per cento sia nel 2009 che nel 2010, per poi scendere leggermente al 5,1 per cento nel 2011. |
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