Crisi, le aziende scoprono mutuo soccorso e banche etiche
 







di Laura Eduati




Soltanto la scorsa settimana l’Ocse segnalava la forte ripresa dell’economia italiana, ora l’Istat diffonde pessimi dati sulla produzione industriale di settembre, inferiore del 5,3% rispetto ad agosto. Si tratta del peggior calo dal 1990.
Nella stessa giornata la Uil rende noto che il ricorso alla cassintegrazione è aumentato del 387% da gennaio a ottobre, con numeri vertiginosi: soltanto nel mese di ottobre sono 179mila i lavoratori lombardi interessati alla Cig, 107mila in Piemonte e circa 50mila in Veneto.
La paura della disoccupazione, non a caso, è quella che maggiormente attanaglia gli italiani secondo una ricerca della Confesercenti, per la quale il 40% delle famiglie ha ridotto drasticamente l’acquisto di beni necessari come alimentari e detersivi. Una famiglia su tre è convinta che presto intaccherà i propri risparmi, per l’87% la fase peggiore della crisi deve ancora passare.
Scenari foschi, foschissimi. Sempre rimanendo sulla
produzione industriale l’Istat annota, però, che gli ultimi tre mesi hanno registrato un aumento del 4% rispetto ai tre mesi precedenti. Un timido segnale di ripresa all’interno di un quadro che vede calare del 20,9% rispetto al periodo gennaio-settembre 2008.
Piccoli passi in avanti, dunque. Accanto ad aziende in crisi, alle prese con la stretta creditizia e il calo delle commesse, esistono aziende in salute. Hanno accusato la crisi, ma non sono crollate. Anzi, si preparano a dare battaglia nei mercati interni e internazionali senza ricorrere a casse integrazioni o licenziamenti. Merito spesso degli investimenti in ricerca e innovazione, ovvero a prodotti di qualità che reggono bene la crisi. Ma anche a misure inedite, come l’idea di una banca etica alternativa alle banche tradizionali ritenute ormai un tempio della speculazione oppure una sorta di colletta tra imprenditori per consentire ad un’azienda di investire all’estero.
Il primo caso ce lo racconta Giovanni Faggiolati,
titolare della Faggiolati Pumps di Macerata, produttrice di pompe sommergibili.
«Come abbiamo resisitito alla crisi? Intensificando la nostra presenza sul mercato. Prima facevamo quattro fiere l’anno, ora nove. Due viaggi al mese, invece di uno soltanto. Perché bisogna capire come si muovono i concorrenti». Faggiolati collabora da anni con l’università La Sapienza, così è riuscito a creare un prodotto di qualità («le nostre pompe stanno anche sotto la fontana di Trevi», dice con orgoglio), ma assicura che il calo delle commesse e qualche difficoltà nel pagamento non sono nulla in confronto alla difficoltà imposta dalle banche «che danno il credito a chi vogliono e non garantiscono trasparenza». Ed ecco l’idea di Faggiolati: consorziarsi con altri imprenditori della zona e creare una banca etica e trasparente. Una cassa di mutuo soccorso aliena al circuito bancario tradizionale. Una soluzione che potrebbe servire a piccole imprese come la sua - «105 dipendenti e non metterei nessuno
in cassintegrazione perché mi vergognerei» - a ottenere credito per investire e innovare. «Anche se la ricerca non si inventa dalla sera alla mattina, bisogna attendere qualche tempo prima di vedere i risultati».
I risultati arriveranno presto per la Gemelli spa, azienda di Varese che per prima beneficerà delle risorse messe in campo dagli industriali della provincia e dalla Intesa Sanpaolo. La misura, assicurano alla Unione Industriali di Varese, è pressoché unica in Italia e vede la creazione di una finanziaria con il 60% dei capitali provenienti dalle aziende del territorio e il 40% dalla banca. L’obiettivo: diventare soci di minoranza delle imprese che hanno bisogno di fondi consistenti per innovare e rilanciare l’attività. E creare ulteriore sviluppo. La Gemelli spa è una impresa piccola - soltanto 25 addetti - ma fortissima nel mercato mondiale per la produzione di sistemi di comunicazione di bordo per aeromobili e sistemi attivi di cancellazione del rumore. Ora vorrebbe
acquistare una azienda statunitense del settore per provare a competere anche in America. La aiuterà la Varese Investimenti spa che, assicurano alla Unione industriali, è retta da un consiglio di sorveglianza autonomo incaricato di valutare i progetti di sviluppo delle piccole imprese e accordare investimenti dai 500mila ai 5milioni di euro. «E’ la realtà imprenditoriale di un territorio che mette le risorse necessarie per investire in altre imprese del territorio medesimo», sintetizza Michele Graglia, la guida degli imprenditori varesini.
E poi ci sono imprese che non ce la fanno. Sono le monocommittenti che dipendono totalmente dalla grande azienda. Quando la grande azienda è in crisi, le piccole imprese muoiono. Come la Lasme di San Nicola di Melfi (Pz), azienda nell’indotto Fiat. Non c’è ricerca o innovazione che tenga, il 13 novembre scade la mobilità e i sindacati sperano di riavviare la trattativa. I proprietari, originari di Rapallo, vorrebbero scendere ad un terzo dei 174
lavoratori.