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D’Alema: -Se perde Boccia, perde il Pd, la Puglia e anche Nichi- Nervosa è stata l’assemblea regionale del Pd, che sabato scorso ha ratificato a Bari la scelta di primarie tra Francesco Boccia e Nichi Vendola. Altrettanto nervosa è la partenza di questa campagna elettorale sprint, una sola settimana, fino al voto fissato per domenica prossima, per giocarsi le carte con gli elettori, convincere gli indecisi, soprattutto - per Boccia - spostare un asse che qui a Bari i più descrivono come favorevole al governatore uscente. Il nervosismo da queste parti, ma anche a livello nazionale, regna soprattutto in casa Pd e una buona dose ieri mattina l’ha instillata Nicola Latorre, pugliese e dalemiano doc, con il compito di bacchettare la minoranza franceschiniana che in Puglia si è schierata per le primarie fin dal primo minuto e che ora contesta la scelta di Boccia. Latorre, intervistato ieri dalla Stampa , non usa mezzi termini. Ammette che «in Puglia la partita è difficile perché Vendola ha una notevole popolarità tra i militanti». E avverte che «se a questo si innestasse un calcolo vigliacco di regolare conti per rimettere in discussione una linea politica, sarebbe un suicidio». Insomma, per Latorre, se Boccia perde le primarie, proprio come cinque anni fa e di nuovo contro Vendola, una buona dose di responsabilità sarà della minoranza interna che «spera in una sconfitta del Pd per riaprire il congresso dopo le regionali». E qui la minaccia: se manca l’impegno su Boccia, la compilazione delle liste per le elezioni di marzo ne sarà «condizionata». Leggi: niente posti ai "disobbedienti". Ora, c’è chi nel Pd, viste le premesse, giunge a conclusioni drastiche. E’ il caso di Carlo Salvemini, storico dirigente Democratico di Lecce, area Marino, che ieri si è dimesso dalla carica in segreteria provinciale perché, spiega, «voto Nichi Vendola e questo non è compatibile con la carica di dirigente, seppur periferico». Per l’area veltronian-franceschiniana pugliese parlano le deputate Cinzia Capano e Giusi Servodio. E i toni sono duri. Latorre «ignora le regole dello statuto del partito, perché non esiste un candidato del Pd fino a quando si fanno le primarie che sono una cessione di sovranità del partito in favore degli elettori». Perciò: «Nessuno tenti ricatti o alluda a regolamenti di conti. Se si è voluto individuare un candidato al di fuori di ogni processo condiviso, ora ci si assuma la responsabilità e non si tenti di sostituire al consenso la disciplina di Partito o la minaccia di ritorsioni». Del resto, gli oppositori interni vedono una conferma alle loro tesi nel fatto che per il regolamento delle primarie 2010 si è deciso che il nome dei candidati sulla scheda non sarà associato al simbolo di partito. Per dire: si decide il candidato di coalizione, partita aperta fino alla fine senza bandiere. Anche se, c’è da dire, è stata dura arrivare a questo risultato, i dalemiani hanno spinto fino all’ultimo per l’associazione del simbolo al nome. Si voterà in sedi neutre, niente sezioni del Pd o di Sinistra e Libertà, bensì biblioteche e affini. Per votare sarà obbligatorio presentare la carta d’identità e - nelle città dove sarà allestito più di un seggio - anche il certificato elettorale. I presidenti di seggio saranno ripartiti equamente tra Democratici e Sel, urne aperte dalle 8 alle 21. Restano pochi giorni, sono decisivi. I due candidati affilano le armi. Spuntano nuovi siti internet. Boccia per esempio abbandona il suo vecchio blog, quello che ancora registra il suo passo falso della scorsa settimana ("Le mie dieci domande a Nichi", troppo astiose per essere rivolte ad un potenziale alleato dopo le primarie) e inaugura il nuovo francescoboccia.com. Gli slogan: da "Pensa. Scegli Boccia" e "Con Boccia si vince". Il governatore punta sul suo sito storico (nichivendola.it) e negli slogan gioca sulla sua condizione di "Solo". Da leggersi: "Solo contro tutti", ma anche "Solo energia pulita", "Solo acqua pubblica" e via. Quest’ultimo tema in particolare è fonte di scintille tra Boccia e Vendola. Ieri in un’intervista alla Gazzetta del Mezzogiorno il candidato Democratico si diceva a favore della privatizzazione nella gestione della rete idrica dell’acquedotto pugliese. «Per aprire alla concorrenza e abbassare le tariffe», è il ragionamento. Vendola in serata gli risponde dal teatro Kursaal, dove partecipa ad un’iniziativa già in programma prima dell’ufficializzazione delle primarie, ma comunque tutta da spiegare: perché organizzata dall’Arca, associazione che fa capo a Carlo Paolini, consigliere comunale del Pd, area Emiliano, a Bari. Per dire di quanto intrecciate siano le sensibilità nel Pd pugliese sulla sfida del 24 gennaio. «Sull’acquedotto Boccia parla da riformista degli anni ’80 perché oggi sono i riformisti che stanno pensando di ripubblicizzare le reti idriche, come fa il sindaco di Parigi». Boccia nel frattempo è a Lecce, al suo debutto di campagna elettorale al teatro Tiziano. Ma, per lui, parla Massimo D’Alema, in Puglia a curare il suo scontro finale contro Vendola. «Se perde Boccia, perde il Pd, la Puglia e anche Nichi - dice D’Alema - stiamo cercando di salvare Vendola dal terribile risultato di vincere le primarie e perdere le elezioni». Un colpo a destra, uno a sinistra: di qui, un invito indiretto alla Poli Bortone a non allearsi con il Pdl; di là, un ennesimo e velato tentativo di chiedere al governatore di ritirarsi: «Se Boccia vince le primarie noi aiutiamo anche Vendola a trovare il suo ruolo». Intanto, mentre si attende di sapere come si presenterà il centrodestra (domani dall’ufficio politico del Pdl a Roma si capirà di più sulle intese con Casini), un sondaggio online della Gazzetta del Mezzogiorno dà Nichi in vantaggio su Boccia con un consenso pari all’80 per cento. «Non voglio vincere a tutti i costi - dice Nichi - L’importante non è vincere, ma indicare cosa fai vincere, quale idea di mezzogiorno. Se vince non questa politica ma quella cattiva, io cambio mestiere». Angela Mauro Regionali,in pressing sull’ondivago Udc Tiro al bersaglio sullo scudocrociato. Che è sì resistente, ma alla fine si potrebbe anche incrinare. Il Pdl parla con una sola voce, non succedeva da molto tempo, la notizia c’è. Pierferdinando Casini ha stancato tutti, perfino un politico navigato ed esperto come Altero Matteoli. Succede addirittura che Sandro Bondi abbandoni la dimensione poetica in favore della denuncia civile: «Alleanze a macchia di leopardo non sono consentite». Insomma Casini è nei casini. Tutta colpa delle vicine elezioni regionali, della strategia centrista. L’importante è vincere, De Coubertin se ne faccia una ragione. Dalle parti di palazzo Chigi lo difende solo un vecchio amico di tante battaglie comuni targate libertas, un altro transfuga della diaspora scudocrociata come Gianfranco Rotondi. «La crociata contro l’Udc non ha senso. Facciamo le regionali, per un chiarimento ci saranno tempi e luoghi diversi», azzarda il ministro per l’attuazione del programma. Non lo segue nessuno, passa la linea di Carlo Giovanardi. «Buttiamoli a mare», sibila l’ex dal dente avvelenato. Insomma per l’Udc butta male. Se la Lega attacca l’Udc, la notizia è tutto sommato relativa, visti i rapporti fra Bossi e Casini, soprattutto tenuto conto del dna delle due formazioni politiche. Quando invece ad attaccare Cesa, Casini e Buttiglione è un Pdl mai così compatto, il problema diventa serio. Perché Udc e Pdl lottano e governano insieme in centinaia e centinaia di amministrazioni locali. Il giudizio del partito di Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi è senza appello. Daniele Capezzone, portavoce del popolo delle libertà, avverte: «Con grande rispetto sia per l’onorevole Casini sia per l’autonomia del suo partito, ma anche con altrettanto rispetto per l’intelligenza degli elettori che guardano e giudicano, e soprattutto vorrebbero una politica più chiara e trasparente, va detto con chiarezza che la vera e propria asta politica aperta dell’Udc in vista delle prossime elezioni regionali non è un bello spettacolo». Scudocrociato avvisato mezzo salvato? Non proprio. Ascoltare per credere Altero Matteoli: «Proporrò che non ci si alcuna contrattazione con l’Udc. Siano Pdl e Lega a decidere le candidature. Se poi Casini condividerà candidato e programma, allora potrà appoggiarci. Ma non potrà concorrere alla scelta». L’onda d’urto si propaga in tutto il paese. Così fa sapere come la pensa al riguardo anche il sottosegretario all’economia Nicola Cosentino, politico assai discusso di questi tempi per i suoi problemi giudiziari, «sarebbe paradossale che l’Udc non venisse con noi a concorrere nel cambiamento». Cosentino ne parla a margine della conferenza stampa di presentazione del candidato Pdl alla presidenza della Regione Campania Stefano Caldoro. «È stato con noi all’opposizione per tanto tempo - spiega Cosentino - adesso è con noi al governo nelle province, mi dispiace questa politica ancora ambigua. Diciamo loro fate presto, altrimenti le porte dell’alleanza sono chiuse». Conclusioni d’obbligo, nel grande popolo delle libertà tutti si sentono in diritto e in dovere di prendersela con Casini, Cesa e Buttiglione. Ad apire le ostilità, nel dì di festa, è Umberto Bossi. «Se Casini vuole fare accordi con la Lega al di sopra del Po, per lui non c’è spazio». Frena sulla possibilità di alleanze con l’Udc il più diletto figlio del dio Po. «Casini vada da solo - sentenzia Bossi - visto che si ritiene così forte. Vada da solo a vedere quanti voti prende». Secondo il leader della Lega, Pierferdinando Casini «è uno che fa molte chiacchiere e pochi fatti. E soprattutto pochi numeri». Bossi non esclude la possibile esistenza di un’asse tra il leader dell’Udc e il presidente della Camera: «Che siano amici mi sembra vero. Però alla fine - precisa il ministro delle Riforme - contano i voti, uno può anche sognare ma contano solo i voti. Noi abbiamo detto a Fini che poiché Casini ha detto di no al federalismo fiscale e agli aiuti per gli allevatori, con noi non sarebbe venuto. Come fa la Lega a governare - conclude Bossi - con chi tutti i giorni la pensa in maniera diversa?». Già, come si fa? Una risposta potrebbe arrivare dai tanti comuni e dalle tante province dove scudocrociato e carroccio governano insieme. Ma il problema, evidentemente, non è solo quello. Comunque sia in questo particolare momento della politica italiana il ragionamento di Bossi deve ver convinto sia Berlusconi che Fini, vista la grandinata piovuta sullo scudocrociato. Che succederà? Staremo a vedere. Sia per gli equilibri nelle tante amministrazioni che vedono ancora insieme l’ex Casa delle libertà, sia soprattutto nel voto delle regionali. E su quest’ultimo fronte gli interrogativi riguardano anche il Pd, che ritiene l’Udc fondamentale per mantenere le amministrazioni in quattro, cinque regioni italiane. L’importante è vincere, non partecipare. Frida Nacinovich |
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