MALATA GRAVE, NON C'E' POSTO In 50 OSPEDALI
 







di Cinzia Gubbini




Giuseppa Di Bari, 79 anni, malata di Alzheimer e due dita in necrosi da amputare. Ha interpellato più di cinquanta ospedali nel Lazio: «Caso urgente ma non urgentissimo»
Urgente. Ma non urgentissimo. Patrizia, Gianna e Andrea Di Bari se lo sono sentiti ripetere decine e decine di volte, dai 50 ospedali del Lazio interpellati: la necrosi delle dita della loro mamma non è così urgente da richiedere un intervento chirurgico immediato. Sono passate tre settimane e la necrosi cammina. «E' uno scandalo. Sembra che di mia madre non interessi a nessuno. E' perché ha 79 anni? E' perché è malata di Alzheimer? E' perché non possiamo vantare conoscenze altolocate?». Sono queste le domande che ronzano nella testa di Andrea Di Bari e delle sue sorelle: Patrizia, impiegata statale, e Gianna - una suora a cui pare negli ultimi tempi siano spesso scappate parole brutte di fronte l'impassibilità dei medici. Domande senza risposta da quando è iniziata
l'odissea della madre Giuseppa, già debilitata e da troppi giorni sotto antibiotico per evitare la setticemia. I suoi figli venerdì hanno fatto partire una querela contro ignoti. Hanno avvertito i giornali. Ieri, finalmente, la signora Giuseppa è stata ricoverata nell'ospedale di Ariccia dove, dicono, verrà sottoposta al sospirato intervento chirurgico martedì. Giuseppa è uno dei 600 mila malati di Alzheimer conclamati in Italia. La più comune forma di demenza, che progressivamente distrugge le cellule del cervello: si dimenticano le cose in fretta, si ha difficoltà a compiere le più semplici azioni quotidiane. Giuseppa si è ammalata cinque anni fa, oggi è al terzo stadio della malattia. Da febbraio è ricoverata a Velletri - in una Rsa (residenza sociale per anziani), il San Raffaele - in seguito a un intervento al femore. Il 9 maggio i figli la trovano con il braccio e la mano sinistra gonfi, vaste ecchimosi sul volto e un occhio nero. «Abbiamo chiesto agli infermieri cosa fosse accaduto. Ci hanno detto di averla trovata così la mattina - racconta Andrea - Voci di corridoio dicono che sia caduta dal letto. Lì per lì non ci siamo arrabbiati più di tanto. Sappiamo che prendersi cura di nostra madre è dura e noi cerchiamo di essere il più collaborativi possibili con le strutture. Quando trovi qualcuno disposto a prendersi cura di lei, devi fare così». Una radiografia esclude fratture, ma sopravviene una tromboflebite. All'inizio giuseppa risponde alle cure, poi il 3 giugno il pollice della mano sinistra inizia a diventare nero. I figli si preoccupano, solo dopo tre giorni i medici controllano le dita di Giuseppa. La diagnosi non è incoraggiante: sospetta necrosi. La consulenza presso l'ospedale di Velletri conferma: bisogna amputare tre falangi della mano sinistra.
Fosse facile. Il primo a opporre un rifiuto è proprio l'ospedale di Velletri. Poi tutti gli altri: più di cinquanta i fax inviati dalla Rsa. «Nessuno ospedale, nessuno ha accettato di operare nostra
madre - Racconta Patrizia - Ci hanno detto che è un caso urgente ma non urgentissimo, visto che non è ancora incorsa la setticemia. E certo, mia madre è sotto antibiotico da tre settimane, ma non è che le faccia bene. E ormai anche l'indice è tutto nero, dovranno amputarlo». Il direttore sanitario della Rsa, il dottor Tassoni, conferma: «I colleghi ci hanno comunicato di avere altre priorità, il caso della signora Di Bari non è considerata un'urgenza clinica». Tassoni è sicuro che non c'entri nulla l'Alzheimer, e che il problema stia nella mancanza di posti negli ospedali e nelle molte urgenze a cui devono far fronte. La famiglia Di Bari è convinta che ci sia di più: «La verità? E' che i malati di Alzheimer sono una rottura di scatole, e tutti giocano a scaricabarile nel sistema pubblico», si infervora Patrizia. E racconta di quanto sia difficile avere un malato di Alzheimer in famiglia: le strutture apposite sono costosissime «e chi li ha 2 mila euro al mese per tenerla in una clinica che la possa curare a dovere? Altrettanti ce ne vogliono per avere almeno due persone che si prendano cura di lei a casa. Mia madre ha solo i 440 euro di sostegno economico per l'accompagnento, con cui in questo momento paghiamo l'Rsa. Io non faccio problemi economici, finché i soldi li ho non ho problemi a spenderli per mia madre. Ma qui non se ne può più. Tutti se ne fregano degli anziani con problemi».
Ora il caso sembra chiuso. L'ospedale di Ariccia - tra quelli interpellati - finalmente ha trovato un posto libero. «Non è strano che dopo aver fatto partire una denuncia sia stato trovato un letto?», si chiede la famiglia. da Il Manifesto