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Ecco perché va difesa la Costituzione |
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Giovanni Russo Spena
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Tornare alla Costituzione, tornare allo Statuto… E’ molto importante che l’opposizione alla controriforma della giustizia, al proibizionismo, al razzismo, al securitarismo del governo scelga una sua griglia interpretativa e un paradigma progettuale nella difesa della Carta costituzionale. Lo fa l’Associazione Nazionale Magistrati, dimostrando, in tal modo, anche una volontà di fuoriuscita da ogni residuo bozzolo corporativo; ma lo fanno gli avvocati, gli ufficiali giudiziari, i cancellieri, tutte le categorie del sistema giustizia; lo fa nelle piazze il "popolo viola". Attraverso il richiamo alla Costituzione vive la critica ad un potere che è illiberale perché assume, al suo interno, gramscianamente, una gigantesca "rivoluzione passiva". Vive oggi una soggettività alternativa che trova la sua articolazione conflittuale nelle drammatiche lotte operaie, dei precari, che costituiscono una costellazione puntiforme da riunificare. Le lotte operaie sui tetti, sulle gru non sono altra cosa rispetto alla Costituzione sbandierata nei tribunali e nelle piazze. Lotte sociali e lotte democratiche ritrovano una connessione contro il sovversivismo dei ceti dirigenti. A queste lotte devono ricollegarsi i magistrati democratici anche per rompere quell’isolamento in cui gli alti gradi della magistratura, troppo proni al governo, vorrebbero ricacciarli. L’articolo 1 della Costituzione, quello che Brunetta vorrebbe cancellare, che fonda la democrazia sul lavoro e l’articolo 3 sull’eguaglianza sostanziale delle cittadine e dei cittadini davanti alla legge, ci parlano anche della "questione giustizia". La quale attiene, infatti, alla centralità dello stato di diritto, del sistema delle garanzie, del rapporto stesso fra persone e statualità. La riforma della giustizia è indispensabile; perché la sua crisi è figlia della crisi del costituzionalismo democratico; di cui, non a caso, il razzismo di stato è metafora quando, evocando le leggi razziali, il presidente del Consiglio sostiene l’infame equazione immigrati uguale delinquenti, nel momento stesso in cui pretende subito il "legittimo impedimento" e l’estinzione dei processi che lo riguardano. E mentre Berlusconi abbraccia e difende Cosentino, sottosegretario di Stato, colpito da mandato di cattura per organizzazione camorristica. N oi siamo stati sempre fautori, si badi, del "processo giusto e breve": ma il progetto del governo non è questo, bensì solo una estinzione dei processi, penali e contabili, di Berlusconi, Castelli, di imprenditori inquinatori, truffatori, colpevoli di omicidi sul lavoro. La giustizia ha bisogno, invece, di vere riforme; che sono l’opposto dell’attacco forsennato alla giurisdizione, alla magistratura, colpita in quanto è, in Costituzione, organo di controllo della legalità e della legittimità del potere. Bisogna discutere di giustizia civile (che è diventata, per ogni cittadina e cittadino, una giustizia negata, pressoché inesistente). Occorrerebbe contrastare con maggior forza, anche sindacale, quella controriforma del processo penale che sta scardinando la giurisdizione a cui spesso si sono rivolti lavoratrici e lavoratori per difendere i propri diritti (una "macelleria" della giustizia del lavoro che ha visto opposizioni molto flebili in parlamento da parte del Pd e dell’Idv). Sono problemi della giustizia le morti in carcere, le tossicodipendenze inutilmente ingabbiate, le mancate depenalizzazioni, le mancate riforme del codice penale e di procedura penale. Mi interessa comprendere perché possano essere uccisi impunemente dallo Stato in carcere Stefano Cucchi e tanti altri giovani, uccisioni che alludono al classismo di un sistema giuridico che considera il carcere una "discarica sociale". Mi interessa comprendere perché la tortura è ridiventata sistematica e quotidiana in uno stato penale globale che sostituisce lo stato sociale che deperisce. Voglio capire perché non ci si scandalizzi, non ci si indigni e ribelli di fronte alle "galere etniche" e all’introduzione nella nostra legislazione della clandestinità come reato. La clandestinità non esiste, è il nostro imperialismo, il nostro razzismo che trasforma persone in soggetti rifiutati, clandestini nelle nostre comunità escludenti. Quella Costituzione che abbiamo ieri sventolato nei tribunali e nelle piazze è la nostra guida. |
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