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La Corte dei Conti ha giustamente sottolineato quel fenomeno già ampiamente noto sul numero straordinariamente grande di ricoveri impropri che ancora oggi caratterizza negativamente il nostro paese. Questo, dal punto di vista dell'organizzazione sanitaria, significa la presenza di un pesante squilibrio tra cure primarie (servizi territoriali e assistenza domiciliare) e cure secondarie (assistenza ospedaliera) da cui deriva sia un aumento ingiustificato dei costi (mediamente una giornata di degenza supera i 700 euro) e, quel che più importa, una riduzione del livello di qualità delle cure erogate e della loro appropriatezza. Nel sistema Italia dunque, nonostante il ridimensionamento del ruolo esercitato dagli ospedali, la cui istituzione ha svolto spesso una funzione di volano economico per le comunità di riferimento (i posti letto sono passati da 580mila unità degli anni `80 ai 280mila del 2000, mentre le giornate di degenza si sono ridotte da 139 milioni a 78 milioni), queste strutture continuano a rappresentare per i cittadini il vero e talvolta unico (emblematico il caso della Puglia) punto di riferimento per ogni necessità assistenziale. E dunque anche per quelle che coinvolgono la popolazione anziana e che dovrebbero invece trovare una risposta più appropriata altrove, con il paradosso che spesso i nostri anziani, a causa l'indisponibilità di posti letto, finiscono per essere rifiutati anche in caso di assoluta necessità di ricovero, come evidenzia la cronaca di questi giorni. Il punto di vera caduta è, in realtà, nella totale inadeguatezza delle nostre cure primarie, ovvero di quel sistema integrato di servizi e prestazioni basato sul lavoro del medico di base e condotto in team con altri professionisti che dovrebbe assicurare una vera presa in carico del paziente ed essere in grado di fornire risposte credibili, tempestive e complete. Nel nostro paese tutto questo è assente, perché il medico di base continua a lavorare in solitudine, nonostante qualche miglioramento intervenuto negli ultimi anni, e perché mancano adeguate strutture territoriali (che potremmo chiamare «casa della salute») in grado di fornire un'assistenza tecnicamente completa a tutti quei pazienti che non necessitano improrogabilmente del ricovero. In altri termini se esistessero tali strutture, aperte almeno 12 ore al giorno, gli ospedali potrebbero contrarsi ulteriormente di numero incrementando però la loro capacità e complessità tecnologica (fino ad arrivare ad un numero di posti letto di 3,5 per mille abitanti con una degenza media di 4 giorni) per svolgere quelle funzioni di cura esclusiva delle patologie ad alta intensità assistenziale. In altri paesi questi problemi hanno trovato già una soluzione attraverso la istituzioni di centri territoriali in cui operano medici di base insieme agli altri operatori ed in cui viene assicurata la presenza della necessaria tecnologia diagnostica, compresa la telemedicina e viene assicurato il costante collegamento con gli ospedali dove trasferire il paziente, in caso di necessità. E' avvenuto in California dove opera la Hmo Kaiser Permanente e in Andalusia con la «casa del salud» all'intero dell'assistenza primaria. I risultati: è aumentato il livello di appropriatezza delle cure, assicurata la presa in carico del paziente con la definizione di un preciso percorso assistenziale, attuata una vera prevenzione attraverso l'educazione sanitaria ed infine una significativa riduzione dei costi impropri. * Medicina democratica |
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