Sul nucleare è scontro con le regioni
 







Gemma Contin




Il governo Berlusconi ha deciso di impugnare davanti alla Corte Costituzionale le leggi regionali di Puglia e Basilicata e di altre 11 regioni - competenti costituzionalmente in materia di gestione del territorio, ai sensi delle prerogative locali fissate con la riforma del Titolo V - che rifiutano l’installazione di impianti nucleari sui rispettivi territori.
La questione infatti è strettamente economica, e a ciò l’esecutivo si inchina e accelera, per piegare la volontà del Paese, dei cittadini, delle regioni.
Per il Movimento Consumatori si tratta di -un vero e proprio atto di forza. Il governo sta procedendo senza tener conto del ruolo delle regioni, in palese violazione della riforma federalista. Auspichiamo che il rifiuto delle regioni apra la strada a un referendum cui siano chiamati direttamente i cittadini-.
Per l’esattezza, i cittadini si erano già espressi, con un referendum, all’indomani del disastro atomico di Chernobyl. Anzi,
nel 1987 gli italiani furono chiamati a votare tre quesiti. Andò a votare il 65,1% del corpo elettorale. Al primo, per inibire l’intervento dello Stato in caso di rifiuto dei Comuni, i sì vinsero con l’80,6%; al secondo, per impedire i contributi statali agli enti locali favorevoli, i sì furono il 79,7%; al terzo, contro la partecipazione dell’Enel alla costruzione di impianti all’estero, i sì furono il 71,9%.
Come è noto, quest’ultimo è stato vanificato dagli accordi italo-francesi firmati a Roma un anno fa, il 24 febbraio 2009 al summit di Villa Madama, da Silvio Berlusconi e Nicolas Sarkozy. L’intesa diceva che l’Enel ed Edf avrebbero collaborato su tutta la filiera nucleare: ricerca, produzione e stoccaggio; ma soprattutto era prevista la realizzazione di almeno quattro centrali di "terza generazione" in territorio italiano, secondo «una politica nucleare condivisa, paritetica e di lungo periodo».
Di questo si trattava, piaccia o non piaccia, anche se il silenzio stampa che è
seguito è stato come una spessa coltre ovattata. Di questo si tratta oggi, che si è arrivati al dunque, sotto la sollecitazione dei partner operativi, l’Enel ed Edf per primi, ma anche Edison e le altre società che intanto si sono agganciate al carro del grande circo equestre del nucleare. Che poi sarebbe, tanto per cominciare, nient’altro che il giro del fumo dei finanziamenti pubblici e tutta la "grancassa" (gran cassa) di esperti e progettisti messi all’opera, prima ancora dell’opera, come ci ha già insegnato l’esperienza del Ponte sullo Stretto di Messina.
Ma intanto la guerra con le regioni è partita, in tempo per mettere un altro pezzo di opinione pubblica ad arrostire sulla graticola delle elezioni regionali alle porte.
Sostiene il ministro Claudio Scajola che il prossimo Consiglio dei ministri sarà chiamato a fissare i criteri con cui scegliere i siti per gli impianti atomici: cinque, tanto per gradire, che dovrebbero sorgere in località sul mare per rispondere
all’esigenza di pompare l’acqua necessaria al raffreddamento dei reattori e scaricare quella contaminata e surriscaldata.
Per questo la Puglia, che ha 800 chilometri di costa lungo il basso Adriatico e lo Jonio, è stata la prima a dire: «Non possumus».
Il presidente Nichi Vendola ha dichiarato che la sua regione sarà la più disobbediente d’Italia e dirà no al nucleare: -La destra si schiera contro il nucleare in Consiglio regionale ma a Roma cala la testa. Noi in Puglia non vogliamo centrali nucleari, non vogliamo depositi di scorie nucleari, né transito di materiali che non sappiamo se siano destinati a usi civili o a usi militari. Su questo chiederemo il voto agli elettori-.
Il pugliese Raffaele Fitto, ministro per gli Affari regionali, insiste: -Le leggi regionali di Puglia, Calabria e Basilicata che il governo ha impugnato hanno solo un fine di agitazione e propaganda in netto contrasto con la Costituzione-.
Ma sulla stessa lunghezza d’onda di Vendola si sono espressi
i governatori della Campania Antonio Bassolino, della Calabria Agazio Lojero, della Basilicata Vito De Filippo e della Sicilia Raffaele Lombardo. E per Ermete Realacci, presidente onorario di Legambiente: -Il governo è già davanti alla Corte Costituzionale per l’inaccettabile legge che impone, unico caso in un paese occidentale, persino la militarizzazione dei siti destinati agli impianti nucleari, contro il volere delle regioni e dei territori. Siamo di fronte a una ritorsione che rischia di portarci in un vicolo cieco-.