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Chi di golpe ferisce di golpe perisce... Il Niger (ri)cade nel caos |
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Francesca Marretta
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Un giovane generale prende il posto di un vecchio colonnello. La folla lo acclama e dice: «Grazie per averci liberato dalla dittatura». Accade in Niger, paese dell’Africa occidentale, dove tre giorni fa un colpo di Stato, abbastanza prevedibile, ha deposto il Presidente Mamadou Tandja, 71 anni, per mettere al suo posto Salou Djibo, classe 1965, sconosciuto al popolo ed espressione di una giunta militare che si fa chiamare Consiglio supremo per il restauro della democrazia. Un’azione illegale che mette fine ad una situzione illegale. I militari che hanno dichiarato «disciolto» il governo nigerino hanno sospeso la Costituzione e le cariche istituzionali che ne sono emanazione. Nemesi storica, lo stesso presidente, ora in mano ai militari, l’anno scorso ha sospeso la Corte Costituzionale che aveva osato esprimere parere negativo sul referendum popolare che egli avrebbe, illegalmente, comunque imposto al paese per prolungare il proprio mandato di almeno tre anni, se non a tempo indeterminato, con successive manovre. Una dilazione dei termini della presidenza essenziale alla gestione di accordi commerciali per l’estrazione di Uranio, di cui il paese è primo produttore mondiale, firmati con la Francia e di petrolio con la Cina, da relizzare nell’arco dei prossimi tre anni. Tandja ha governato da allora per decreto. Per l’opposizione era in corso nel paese un «colpo di Stato al rallentatore». In base alla legge il mandato del deposto presidente è scaduto il 22 dicembre scorso. La sessantesima repubblica nigerina «è ripartita com’era arrivata», con la forza, ha dichiarato ieri il portavoce del Coordinamento delle forze democratiche per la Repubblica – Cfdr, Bazoum Mohamed, la coalizione di opposizione. Com’era accaduto già nel 1974, 1996 e 1999, il golpe è stato introdotto con sottofondo musicale. La solita musica, marce militari, diffusa dalle frequenze della radio di Stato, Voix du Sahel. Dopo aver messo sotto sequestro Tandja e i suoi ministri, sorpresi durante una riunone nel palazzo presidenziale di Niamey, i militari hanno hanno preso la parola per annunciate la novella. A parte una decina di soldati uccisi, il golpe non ha incontrato alcuna resistenza. Se un anno fa, il destituito presidente diceva di avere il sostegno della popolazione, per aver vinto il referendum che lo manteneva in carica, oggi i militari sostengono lo stesso, forti di 10mila persone scese in piazza ad applaudirli, chiamati a raccolta davanti al Parlamento dall’opposizione. Il colpo di Stato nel paese africano è stato condannato dalla comunità internazionale, critica con i golpisti oggi quanto un anno fa per le manovre illegali di Tandja. Tanto che l’Unione Africana (Ua), che ha sospeso il Niger dall’organizzazione, nell’invocare un «ritorno rapido al’ordine costituzionale», chiede che sia ristabilita la situazione «precedente al 4 agosto 2009», data della controversa riforma costituzionale. Le parole di rimprovero per il golpe espresse da Stati Uniti, Unione Europea, Unione Africana e Nazioni Unite, erano d’obbigo e rientrano nella diplomazia formale. Quella sotterranea ha già garantito ai militari al potere a Niamey assicurazioni dai paesi vicini. In questo senso va letta la notizia dell’arrivo nella capitale nigerina di una delegazione della Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale (Ecowas/Cedeao) per stabilire primi contatti con la giunta militare. Questa situazione è stata facilitata dall’annuncio dei golpisti di una prossima liberazione dei ministri e le rassicurazioni sullo stato di salute del Presidente. Non sfugge alle diplomazie internazionali che questo golpe, tutto sommato “soft”, ha forse evitato ben più gravi scontri in un futuro non tanto remoto. I militari nigerini promettono ora di trasformare il paese in un «esempio di democrazia e buon governo» e di salvare la popolazione da «povertà e corruzione». Promessa impegnativa, dato che nonostante le riserve di Uranio il Niger, indipendente dalla Francia dal 1960, figura tra i paesi più poveri del Mondo. Il 61% della popolazione, che conta quasi14 milioni di abitanti, vive con meno di un dollaro al giorno. La quasi totalità della popolazione del Niger (90%) vive di agricoltura e pastorizia. I tassi di natalità e mortalità sono tra i più alti del mondo. L’analfabetismo nel paese è estremamente diffuso, in particolare tra le donne. La schiavitù è stata formalmente abolita solo nel 2003, ma secondo diverse organizzazioni per la difesa dei diritti umani, è una pratica ancora diffusa e affligge migliaia di persone. L’aspettativa di vita media è di 50 anni per gli uomini e 52 per le donne. L’Islam è la principale religione. In questo paese che soffre dell’avanzata del deserto, l’esportazione di uranio ha recentemente risentito della fluttuazione dei prezzi. Messa insieme l’economia del Niger non vale più di dieci miliardi di dollari l’anno. Di gran lunga meno del fatturato di una multinazionale. I militari autori del colpo di Stato sono giovani e poco invischiati con il regime, a differenza dei loro colleghi anziani. Pare tuttavia che non fossero i soli ad architettare un golpe. Almeno altri due gruppi nell’esercito tessevano analoghe trame. Ma i junior hanno agito prima dei senior. Il generale Djibo, formatosi in Costa d’Avorio, Marocco e Cina, sarà a capo di un gruppo di governatori e autorità regionali incaricati di guidare il paese fino alla formazione di un nuovo esecutivo. L’opposizione scesa in piazza chiede ai militari che hanno preso il potere di organizzare nuove elezioni. Il voto pare uno dei pochi diritti che, almeno sulla carta, sono garantiti a una popolazione privata di diritti essenziali.
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