Il Cav. attacca Saviano. Per Dell’Utri chiesti undici anni di carcere
 







Castalda Musacchio




Roberto Saviano

Sarà perché Saviano sta riscuotendo più successo del premier a livello internazionale? O perché qualcuno nelle file del Pd lo vorrebbe come nuovo leader? Sta di fatto che, ieri, in una giornata a dir poco funesta per la maggioranza, dopo lo strappo definitivamente consumatosi con Fini, dopo l’ennesima condanna a Dell’Utri per concorso esterno in associazione mafiosa aumentata a 11 anni, Berlusconi è sbottato. E, come se niente fosse, dopo essersela presa con fiction e film o serie tv come la "Piovra" ha sferrato un attacco a muso duro contro lo scrittore che rischia la sua vita in ogni momento e proprio per la mafia. E’ stato nel corso della conferenza stampa indetta con il titolare del Viminale Roberto Maroni che il premier ha voluto affrontare in questo modo l’argomento criminalità: «Il governo ha superato le 500 operazioni di polizia giudiziaria, che hanno portato a quasi 5000 arresti di presunti appartenenti a organizzazioni criminali», e fin qui nulla da replicare, «ma la mafia italiana risulta essere la sesta al mondo, quella più conosciuta anche per film come "la Piovra"» o in generale per la «letteratura come "Gomorra" (di Roberto Saviano appunto, ndr) e tutto il resto». E’ a questo punto che tra i presenti si è generato un sussulto. Un tremito tramutatosi presto in sguardi di incomprensione. «Ma come?», si chiedeva qualcuno tra i cronisti, «le ultime fiction sulla mafia non le ha fatte il figlio?». E che dire di Saviano? "Gomorra" è diventato un successo internazionale ma non lo ha pubblicato la Mondadori che è della figlia? A quanto pare per il premier, oltre che grossi guai in Parlamento si profilano anche altre scaramucce in casa "propria". Saviano? Non replica. La prossima settimana lo scrittore e giornalista nel mirino dei boss sarà a Ginevra per aprire la prima sessione della sesta Conferenza dei cronisti di inchiesta, in programma nella città svizzera dal 22 al 25 aprile. Ad essere confermata è stata anche la partecipazione del giudice spagnolo Baltasàr Garzon e del noto giornalista americano Seymour Hersh oltre che di altre decine di cronisti di almeno altri 70 Paesi. A Berlusconi? Tutto questo poco importa. Tira dritto, come si suol dire. Libri come "Gomorra" per dir così hanno fatto solo da spot a un fenomeno come quello mafioso e, comunque, l’obiettivo, per lui, è «arrivare in tre anni a zero latitanti». Certo, come farà a chiederselo sono in tanti. E’ di ieri, per esempio, l’ultima condanna chiesta contro Marcello Dell’Utri che, tanto per ricordarlo, citando le stesse parole del sostituto procuratore generale Nino Gatto «fu il tramite per l’assunzione del mafioso (Vittorio Mangano, ndr) nella villa di Arcore di Silvio Berlusconi». E mentre Maroni si sbilancia ad elogiare l’azione del Governo contro la criminalità organizzata, le accuse contro il senatore amico del premier, nella requisitoria del processo d’appello al senatore Pdl, si fanno sempre più pesanti. «L’imputato - sostiene Gatto - è stato al servizio dell’organizzazione mafiosa per oltre un trentennio e nel processo d’appello sono emerse nuove prove: le dichiarazioni del collaboratore Gaspare Spatuzza si sono integrate in maniera armoniosa con quanto già stabilito dalla sentenza del tribunale di Palermo a proposito dei rapporti che l’imputato ha intrattenuto con i fratelli Graviano, capimafia di Brancaccio. Il processo d’appello ha provato soprattutto che il senatore Dell’Utri avrebbe avuto un ruolo determinante per l’approvazione di alcuni provvedimenti legislativi che hanno favorito concretamente le organizzazioni mafiose». Non basta perché, per il Pg, «il processo ha evidenziato una propensione dell’imputato a inquinare le prove» ed avrebbe avuto un ruolo anche nel complotto del falso pentito in merito «all’agente Betulla, ovvero il giornalista Renato Farina che è stato giudicato in altra sede per aver aiutato alcuni 007 ad eludere le investigazioni nei loro confronti, nell’ambito delle indagini sul rapimento di Abu Omar». In conclusione, ha sostenuto il Pm, «tutto questo dice dei mezzi istituzionali di cui l’imputato si è servito per deviare le indagini. Rimangono ancora oscuri i rapporti tra Farina e Dell’Utri». E’ stato, pare, proprio in questo momento che Dell’Utri ha lasciato l’aula. E rivolgendosi ai giornalisti ha dichiarato candidamente: «Io faccio il senatore solo per difendermi dal processo. Io mi difendo dall’attacco politico perché il mio è un processo politico; per questo faccio politica. Sì, vi sembra strano?». Sarà per caso lo stesso motivo per cui Silvio Berlusconi ha deciso di scendere in politica?