Il direttore, un musicista anomalo

 







di Rosario Ruggiero




Tra quante persone offrono artisticamente musica al mondo si possono distinguere coloro che la creano, ossia i compositori, e coloro che suonano la musica creata dai compositori. Questi ultimi svolgono il duplice compito di eseguire le indicazioni musicali degli autori ed interpretarle soggettivamente, e sono gli strumentisti, pianisti, flautisti, chitarristi e via dicendo. Unica categoria a fare eccezione, i direttori, d’orchestra o di coro.
Musicisti particolarissimi, i direttori, non utilizzano la propria fisicità dominando materialmente uno strumento musicale, ma dirigendo la fisicità altrui, pretendendo cioè da altri musicisti l’esecuzione materiale di una musica, nell’assoluto rispetto, però, delle proprie personali scelte interpretative. Svincolati così dalla materialità del suonare, esprimono cultura e sensibilità dirigendo le capacità tecniche di altri uomini.
Suonare significa infatti eseguire combinazioni di suoni e silenzi pensate dal compositore (che può essere anche l’esecutore stesso) graduando contemporaneamente alcuni parametri, momento per momento, come la velocità di scorrimento del brano, le intensità dei suoni, o sfumature di timbro, con una certa lecita e necessaria arbitrarietà, ai fini della più efficace resa comunicativa di significati ed emozioni del brano musicale.
Quello che però è sorprendente, e conferisce un fascino tutto particolare alla figura del direttore, è che, come per lo strumentista particolari magie di timbro e, più generalmente, di emozionante atmosfera complessiva di espressione, sfuggono ad un’analisi tecnica anche puntuale ed approfondita per entrare nella sfera di una ineffabilità suggestiva ed incantevole, così la comunicazione tra direttore e musicisti travalica in buona parte i significati della gestualità e delle direttive ben stabilite ed opportunamente esercitate durante le prove, per rientrare nei prodigi dell’empatia, del carisma individuale, della percezione
istintiva della personalità dell’individuo, dell’autorità o, ancor meglio, dell’autorevolezza emanata dall’uomo, del suo fascino, del suo riconosciuto prestigio, ma pure delle sue insicurezze, limiti, preoccupazioni, paure, perplessità, così che il rapporto tra direttore e musicisti da lui diretti diventa anche incredibile dialogo di anime.
 Ricordo in proposito un episodio che ritengo molto significativo. Assistevo alle prove di un’orchestra di studenti di conservatorio, diretti da un docente, in procinto di un saggio scolastico. Ad un certo punto, quel direttore, che probabilmente dirigeva con la svogliatezza dell’abitudine e dell’occasione per lui forse artisticamente poco stimolante, chiama un suo allievo di direzione d’orchestra, che era seduto in sala, chiedendogli di dirigere in sua vece per pochi minuti affinché nel frattempo egli potesse spostarsi in fondo alla sala per ascoltare da lì la resa sonora della musica. Salì allora sul podio un giovane, dai capelli lunghi, come si possono vedere su alcune immagini di Johannes Brahms, che già dall’incedere dava i chiari segni dell’appassionato entusiasmo della sua età. Impugnò la bacchetta ed iniziò a dirigere con una gestualità ampia e vigorosa. Il risultato fu sbalorditivo. Poche note suonate dall’orchestra guidata estemporaneamente da quel giovane direttore che neppure l’aveva istruita personalmente su quella musica e la sala si riempì subito di un’atmosfera di vigore, entusiasmo e capacità di coinvolgimento dell’ascoltatore prima assolutamente inesistenti. Prodigio, quindi, non di una meticolosa preparazione, ma di una comunicazione istintiva ed istantanea tra direttore ed orchestrali.
Al contrario, quante volte direttori d’orchestra improvvisati, dal gesto insicuro, impacciato, titubante, cercano di esprimere idee musicali poco chiare a loro stessi, ed allora attacchi dell’orchestra imprecisi, sonorità scialbe, ritmo bolso, un fluire della musica fiacco e sull’uditorio ecco giungere, implacabile,
l’insopportabile condanna della noia.
Certo è una forma di comunicazione, quella tra direttore e musicisti diretti, che a quanti non abbiamo mai fatto parte di un’orchestra potrà sembrare di difficile comprensione, ma, a quanti almeno guidano un automobile, basterà, per coglierla appieno, pensare a quante volte hanno guidato con al fianco un passeggero timoroso. Pochi “Attento lì!”, “Non correre!”, “Frena!”, quella evidente tensione del compagno di viaggio che si respira nell’aria, vederlo sott’occhio aggrapparsi nervosamente a qualche sostegno, ed il più provetto del conducenti di auto diviene il più impacciato degli automobilisti. Manovre abitualmente svolte con naturalezza massima gli diventano complicate mentre uno sgradevole senso di disagio ed un sentimento di costante pericolo lo assalgono e gli ostacolano ogni scioltezza.
Sì, esistono tante cose che non si riescono ad esprimere appieno con le parole, ma esistono e vengono comprese solo quando percepite per esperienza diretta. Il mondo non è tanto ricco quanto riusciamo semplicemente a dire o spiegare, ma quanto riusciamo a viverlo. D’altronde, la stessa musica, è combinazione di suoni e silenzi o non anche finissimo linguaggio tra anime che meravigliosamente supera la percezione sonora ed ogni più profonda e raffinata spiegazione?