No alla legge bavaglio
 







Castalda Musacchio




Per il momento? Il voto slitta. Nel Ddl intercettazioni ci sarebbero, guarda caso, delle incongruità. Di sicuro, i giornalisti prima di tutto, ma anche il movimento, il popolo viola, gli esponenti di partiti come la Fed, Idv, la Sel, gli esponenti di sindacati come la Cgil, nel sit in di fronte al Senato per protestare contro una legge «liberticida» incassano un primo risultato. Mentre nel Palazzo si discuteva, in piazza si affrontavano i veri nodi di un provvedimento che se si dovesse tramutare in legge, per usare le parole dei tanti che si sono avvicendati al microfono, «verrebbero talmente inasprite le pene per giornalisti ed editori al punto da rendere impossibile il diritto di cronaca su fatti giudiziari». Il testo in discussione a Palazzo Madama dove, in Commissione, sono stati presentati 73 emendamenti, di cui sei di maggioranza, prevede, tanto per rammentarlo, il divieto di pubblicazione delle intercettazioni o il semplice racconto del contenuto di esse, anche dopo la caduta del segreto istruttorio; il carcere per il reato di diffamazione, oltre a pene pecuniarie talmente alte da far tremare le vene non solo di piccole testate ma anche di grandi gruppi editoriali rendendo - ricorda Siddi (Fnsi) - «la nostra democrazia malata, mutilata». E Natale (presidente Fnsi) insieme a Giulietti (Art. 21) rimarcano che, comunque, «si andrà fino in fondo. Adotteremo - dicono - tutti i modi possibili, dallo sciopero fino alla Corte Europea» se sarà necessario. Ma, ora, ad essersi messa di traverso è, invece, la Commissione Affari Costituzionali. Il parere della Commissione è positivo, ma contiene alcune condizioni che hanno fatto discutere per tutto il pomeriggio gli esponenti di tutto il Pdl che già hanno, obiettivamente, parecchi problemi da risolvere "in casa". Secondo la Commissione di Palazzo Madama, nel Ddl c’è qualcosa che non va, a cominciare, per esempio, dalla competenza ad autorizzare le intercettazioni affidata al Tribunale del capoluogo distrettuale in composizione collegiale. La legge attuale prevede che l’autorizzazione venga concessa dal Gip, così come avviene per tutti gli altri mezzi di prova: perquisizioni, sequestri e ispezioni. Ma la Commissione Affari Costituzionali mette anche in discussione proprio l’«emendamento D’Addario» di cui giornalisti e giudici chiedono lo stralcio, sostenendo che preveda una pena eccessiva per chi registra o riprende conversazioni o immagini in maniera fraudolenta. Inoltre, non manca di fare altre osservazioni, come per il tetto di spesa per consentirle, fino all’estensione delle garanzie per i parlamentari. Insomma, per tutto il pomeriggio, i senatori, su emendamenti e sub emendamenti, non sono riusciti a trovare la quadra, mentre il popolo di fronte urlava: «A questo punto intercettateci tutti» con tanto di numero di cellulare esposto su cartelli e magliette. Certamente, ammette infine qualcuno, sarà pur servito l’incontro con Schifani che è voluto diventare mediatore dell’intera vicenda ricevendo in mattinata una delegazione composta da Siddi, Natale (entrambi della Fnsi) oltre al direttore generale della Fieg Alessandro Brignone. Già Natale lo aveva ammesso. «Il fatto che la discussione in Aula non sia ancora stata calendarizzata farebbe ben sperare circa un voto non a tappe forzate», commenta. Così Mascia, per i Viola, ribadendo «il rispetto dovuto agli articoli della Costituzione», si era ritenuto soddisfatto della «risposta ragionevole» del Presidente. «Ora - sottolinea anche Guido Columba, dell’Unci - attendiamo di vedere nel gioco di maggioranza e opposizione quanto questa ragionevolezza diventerà argomento legislativo». Qualcuno continua a far sventolare la sciarpa viola. In mattinata, ad esporsi, sono stati i politici in prima persona. Mescolati tra la folla c’erano Paolo Ferrero, Antonio Di Pietro, ed ancora Vita ed altri, oltre, naturalmente, a giornalisti noti e meno noti. «Sono qui - ha commentato Paolo Ferrero - per protestare contro questa legge vergognosa che vieta ai giornalisti di parlare dei processi come ai magistrati di fare il loro lavoro». Ma, aggiunge l’esponente della Fed, «la verità è che questo governo continua a togliere diritti ai lavoratori e a garantire impunità ai potenti, scaricando i costi della crisi sugli strati più deboli della popolazione, cercando di comprimere la democrazia. Contro questo disegno repressivo - conclude - bisogna scendere in piazza, al più presto, e in modo generale. Rinnovo l’appello a tutte le opposizioni, parlamentari e non, a farlo, e subito-.