|
Chiamatela separazione in casa o divorzio, ma il fatto è che, a due settimane circa dalla lite tra Berlusconi e Fini in direzione nazionale, nel Pdl non c’è pace alcuna. Non passa giorno senza distinguo e prese di posizione diverse tra finiani e berlusconiani. Direzioni separate, se non opposte, per il momento tese a scontrarsi sulla paternità della "nuova destra", per guardare al lato più ideologico della cosa. Il presidente della Camera ne parla nel video-messaggio su internet che serve da lancio dei circoli della sua Generazione Italia, «associazione che opera nel Pdl», assicura concedendosi una «sola presunzione: qualche buona idea a servizio della buona politica». Nessuna minaccia diretta. Anzi: Generazione Italia servirà a «rendere ancora più incisiva l’azione di questo governo», dice Fini. Ma chi ci crede? Berlusconi è sempre più dubbioso sull’affidabilità di Gianfranco, ormai. La Russa è inviperito. E su Libero il ministro lancia la sua idea di destra. Sembra un grido di guerra. «Fini dice che la sua è la destra del futuro? La nostra è quella del presente». E poi Farefuturo, Secolo d’Italia , insomma tutti i "megafoni" di Fini, «stento a chiamarli destra», dice l’ex colonnello di An che si è scocciato. «Sono quattro anni che provo a coprire le differenze tra le posizioni di Gianfranco e quelle del partito», ma «oggi non sono più obbligato a rincorrere Gianfranco per tenere unita An. Rimango fedele all’identità, quella della nostra destra, e al progetto del partito unico». Le polemiche (ancora calde) seguite alle dimissioni del finiano Italo Bocchino dalla vicepresidenza del gruppo alla Camera allargano le distanze tra le due anime del Pdl. Divise anche sul caos scoppiato intorno a Claudio Scajola, bolla che si sta ingigantendo a dismisura, con il ministro che stenta a fare chiarezza sull’immobile con vista Colosseo acquistato con assegni in nero ricevuti dalla "cricca" dell’inchiesta "grandi appalti" per il G8 alla Maddalena (l’imprenditore Diego Anemone & Co.). I berluscones lo difendono. Il finiano Fabio Granata lo invita a valutare il «passo indietro», perchè non bastano le dimissioni presentate giorni fa e respinte dal premier Berlusconi. La pensa così anche il Pd: «Scajola riferisca in Parlamento o lasci l’incarico». L’Idv presenta una mozione di sfiducia contro il ministro. Solo ieri Scajola accetta di riferire in aula, ma solo dopo la deposizione dai pm di Perugia la prossima settimana. E continua a dirsi «vittima di un processo mediatico». Altra grana per la maggioranza è la polemica innescata dal leghista Roberto Calderoli, "indeciso" sulla partecipazione alle celebrazioni per i 150 anni dell’unità d’Italia. Anche qui distinguo, seppure proprio ieri la posizione di chi vorrebbe far sconti al Carroccio si fa più difficile, visto che il presidente della Cei Bagnasco ha preso posizione contro i Lumbard («E’ opportuno partecipare con tutte le nostre energie culturali alle celebrazioni...»). Non c’è pace. Fini parla anche ad un convegno di Farefuturo in mattinata. Nessun riferimento diretto a Berlusconi, ma il messaggio è chiaro: «Basta con la politica dei sondaggi, non possono essere l’unico strumento di strategia». Non c’è pace, ma non si capisce quale sarà la tattica di guerra. Ieri il finiano Lo Presti ha azzardato un "desiderio": il ddl anticorruzione (proprio ieri il via libera di Napolitano alla presentazione del testo alle Camere) venisse esaminato prima del ddl intercettazioni, caro al premier. «Per dare un segnale sul caso Scajola...», accenna Lo Presti. Confusione. In Sicilia, dove una parte del Pdl si è staccata dal partito, sta con il Pd e sostiene il governatore Lombardo, gli ex An fanno professione di fede per Fini. Ma intanto le schermaglie diventano anche attacchi di pirateria informatica, tanto per gradire e visto che il presidente della Camera elogia sempre «internet». E’ giallo infatti su una denuncia della direttrice del Secolo d’Italia alla polizia postale. Flavia Perina parla dell’attivazione di un account «pirata» a suo nome con il quale è stato inviato a diversi parlamentari del Pdl «un articolo de Il Giornale con commenti denigratori contro Fini». Un attacco informatico che chiunque può mettere in atto anche solo per ingarbugliare i giochi. Ma Perina ci vede del marcio: «velenoso accanimento che non ha nulla a che vedere con il confronto politico e assomiglia più a una infantile rivalsa...». |
|