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Draquila- L’Italia che non trema
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Boris Sollazzo
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"Sveltine istituzionali". E’ la definizione geniale di un architetto aquilano per definire le visite di Berlusconi, per descrivere quei blitz abruzzesi che con scientifica ciclicità servono solo a far accrescere i consensi del Governo e, soprattutto, di Silvio Berlusconi. Che le case le apre, le mostra, le inaugura, come qualsiasi immobiliarista e palazzinaro che si rispetti. Due parole molto evocative che, alludendo inconsciamente alle attività personali del presidente, riassumono la strategia con cui "l’uomo che fa i miracoli" (autodefinizione ripresa da uno striscione su un balcone di un terremotato grato della nuova casa) alimenta la macchina comunicativa e propagandistica di cui il TG1 è solo l’ammiraglia. "Ricordo quel giorno, quando i miei salvatori vennero per portarmi via dalla mia casa: la loro insistenza e il loro calore diventava involontaria intimidazione". E’ la descrizione del prof. Colapietra, elegante e ironico nell’eloquio e nella narrazione della mattinata in cui è rimasto l’unico abitante del centro aquilano. Puntellando la propria casa con un lavoro di poche migliaia di euro. "Paternalismo oppressivo", invece, è l’acuta annotazione dell’Onorevole Lolli, del Partito Democratico, che commenta la sospensione dei diritti civili, in particolare di quelli legati alla manifestazione del dissenso, nelle tendopoli e nei campi in cui sono ospitati i terremotati, "che spesso hanno la sensazione di sentirsi prigionieri". Queste frasi, queste parole sono la scoperta più interessante di Draquila- L’Italia che non trema , il quarto film di Sabina Guzzanti che uscirà il 7 maggio per Bim e che calcherà poi la passerella di Cannes, fuori concorso. Molto più di alcuni momenti demagogici, vizi-vezzi della Sabina nazionale, come la lista delle spese di lusso per il G8, il blob di lapsus di Dell’Utri e Berlusconi ("io che sono mafioso, pardon..." e "ho speso 200 milioni di euro per consulenti e giudici, scusate volevo dire avvocati"), il montaggio in cui vediamo le ridicole e pessime figure in Italia all’estero, l’enunciazione delle percentuali di consenso di Berlusconi nel mondo che sono pari solo a quelle dei dittatori. La grandezza di questo film va oltre quello che può sembrare all’inizio, ovvero un ottimo mix tra le puntate più felici di Report e Anno Zero , condite dalla verve e dal talento di Sabina Guzzanti. Va ben oltre l’antiberlusconismo militante e quasi militare di chi lo odia senza se e senza ma, senza però ancorarsi neanche alla freddezza di inchieste giornalistiche dure e pure. La forza di Sabina Guzzanti è nel raccontarci ciò che sta accadendo a L’Aquila e dintorni. Davvero. Il fatto, per esempio, che rischi di diventare una nuova Jericho - gli appassionati di serie tv ricorderanno la città simbolo e cavia di attacchi-esperimenti nucleari mandato in onda dalla CBS- o un progetto di emergenza di Stato come quello della miniserie a fumetti edita dalla Bonelli, Caravan . Come dice proprio in questo documentario il giornalista Angelo Venti, "questo sembra un esperimento sulla sospensione dei diritti su larga scala e su un territorio esteso". La regista, nel momento centrale del suo film, lascia scorciatoie visive, comiche e vocali, non ha necessità di insultare il suo nemico- che definisce, a un certo punto, "stronzacchione con un dubbio senso dell’umorismo"- e con rigore e potenza ci mostra quello che in un’Italia grottesca e avvilente che assomiglia sempre di più alla Corea del Nord, la tv nasconde e i giornali non dicono. Lo fa domandando in giro, cercando di capire, non cercando una tesi ma la verità, quella più semplice. E scopre con suo e nostro sconcerto che nelle tendopoli (164) girava una circolare che suggeriva la dieta dei terremotati, "niente caffè, coca cola e alcol, per non eccitarli troppo", che lì si brandiscono ordinanze dall’alto mai emesse (sarebbero anticostituzionali- ndr ) per impedire l’accesso ai campi a personaggi scomodi. Non solo a comici invisi al sistema, sia chiaro, ma anche a cittadini che vogliono volantinare per esprimere, a volte, non il proprio dissenso, ma semplici domande a cui non hanno ancora risposta. E ancora che le conferenze stampa del premier e dei suoi sono blindate, essendovi ammessi solo giornalisti "embedded", quelli che hanno ricevuto l’autorizzazione della Presidenza del Consiglio. Che le forze armate e la protezione civile si premurano di staccare striscioni di protesta, di filtrare le assemblee interne con richieste di autorizzazioni, di metter su cordoni che impediscano a chi protesta di mischiarsi tra la folla plaudente e ripresa dalla tv. Proprio nel momento in cui Sabina Guzzanti vola alto, assume un valore enorme il racconto dell’ascesa di Guido Bertolaso, dell’Italia, democrazia a responsabilità limitata, che proprio grazie alla Protezione Civile deve diventare, secondo il progetto berlusconiano, una società per azioni. La regista è efficace ed essenziale nel mostrarci fatti e strategie, anche grazie a chi intervista (su tutti Manuele Bonaccorsi, autore di Potere assoluto , ed. Alegre). Non è quando scimmiotta Michael Moore, ma quando si avvicina all’inchiesta umana, di antropologia culturale e politica alla Riccardo Iacona, che la preferiamo. Rimane ai margini, per fortuna, la propaganda di stampo santoriano, quel dissenso populista che spesso sembra troppo simile a ciò che combatte. Draquila si affianca a Videocracy di Erik Gandini nella nuova era dei documentari politici. Quelli ad uso e consumo dell’estero, quelli che vogliono mostrare il fenomeno Italia a chi non lo conosce e, soprattutto, a chi non può capirlo. Per urlare al mondo ciò che gli italiani sembrano non voler sentire. E’ tutto nell’amara frase finale, affidata a un uomo troppo saggio. "Questa è la dittatura della merda, non della tortura e dell’arresto, ma della diffamazione. E se senti i dissidenti di alcune dittature passate, ricordano che dopo uno o due anni dicevano non può andare avanti ancora per molto. Ma è un’illusione che ciò che è vuoto e fasullo non può durare. Non è vero, dura". |
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