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Piccoli musicisti crescono |
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di Rosario Ruggiero
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Che l’uomo sia animale contraddittorio, o perlomeno prodigo di comportamenti a tutta prima incomprensibili, è cosa riconosciuta abbastanza pacificamente. Né i sempre più veloci cambiamenti della società e le incessanti trasformazioni delle modalità di vita ordinaria affievoliscono il fenomeno, anzi, semmai, lo esaltano. Così oggi, epoca delle giornate più frenetiche, oberate di mille impegni, affannose e nevrotiche, e di famiglie che si disgregano rapidamente per poi ricostituirsi in altri diversi nuclei, semmai “allargati”, come tante inquiete palline di mercurio, assistiamo ad un rapporto tra genitori e figli tutto nuovo. I primi, padri e madri, assorbiti da sempre più imprescindibili impegni di lavoro; i secondi, a trascorrere la loro crescita tra banchi di scuola, rapidi pranzi, compiti, palestra, corsi di lingue straniere, televisione, telefoni cellulari, videogiochi e calcolatore elettronico. Nei giorni di festa, poi, una volta con il papà, che non di rado vive separatamente dalla moglie in un suo nuovo nucleo familiare, un’altra volta con la mamma ed il suo nuovo “compagno”. I rapporti tra adulti e figliolanza si vanno così disperdendo, ogni giorno diventando più parchi e superficiali, la famiglia, intesa come punto di aggregazione, principale ed esclusivo, si sgretola per dare posto ad un cangiante e magmatico avvicendarsi di volti e figure via via sempre più sostanzialmente impersonali. Eppure tra tanta distrazione affettiva verso i minori, la televisione, a diffusione nazionale e nell’orario in cui è più vista soprattutto dai grandi, ultimamente ama propinarci cantanti imberbi ad eseguire canzoni ben più adatte agli adulti, scimmiottandone i modi, esprimendo, ed immedesimandosi quindi, in tematiche che ne comprimono sempre più il necessario spazio dell’età fanciullesca sbarcandoli rapidamente sui lidi sensuali delle pene d’amore, delle relazioni più intime e private e dei vagheggiamenti carnali. E tutti affascinati dallo spettacolo di questi giovanissimi cantori che rincorrono una vita in mostra, tra i più lauti guadagni. Fortunatamente altre realtà e valori tenacemente pur continuano a non morire, talvolta arroccandosi in ambiti ristretti e trascurati, ciononostante preziosissimi ed esemplari. Bellona, presso Caserta, undici chilometri quadrati, circa seimila anime, una di queste Angelo Benincasa, clarinettista, con un diploma conseguito presso il conservatorio “San Pietro a Majella” di Napoli, pazienza, competenza, amore ed una incontenibile passione per l’arte dei suoni. Tre anni fa il desiderio di insegnare musica al figlioletto che così, a soli sei anni, si trovò a cavare suoni da un sassofono. Fu la scintilla di un fuoco per l’arte di Euterpe che si propagò velocemente incendiando i cuori di tanti altri bambini e dei loro genitori, sì che il buon Angelo cominciò a ricevere le richieste di tanti giovanissimi aspiranti musicisti. Ed ecco nascere la “Mini Banda” di Bellona, circa trenta tra flautisti, clarinettisti, trombettisti, oboisti, cornisti, sassofonisti e percussionisti, nonché l’oneroso impegno per il maestro di due interi pomeriggi alla settimana, dalle 14 alle 20, per le lezioni di strumento individuali, mezz’ora ad allievo, ed una mattinata ogni quindici giorni per le prove d’insieme. I risultati? Un complesso musicale di bambini, reclutati senza alcun particolare requisito richiesto, ma capaci di affrontare ed eseguire brillantemente, con bel piglio musicale e lodevole precisione tecnica, brani del repertorio musicale classico, leggero, jazz, cinematografico ed espressamente bandistico. Associata all’associazione Nazionale Bande Italiane Musicali Autonome, la Mini Banda di Bellona a tutt’oggi è anagraficamente la banda più giovane dell’intera nazione. A quindici mesi dalla nascita, le esibizioni ed i successi più non si contano. Concorsi, festival, manifestazioni commemorative per l’Italia , quanto prima, con ogni probabilità, anche all’estero. Concerti a favore delle vittime dell’ultimo terremoto abruzzese, per il Sudan, in occasione della festa Nazionale di Santa Cecilia a San Giovanni Rotondo e soprattutto al IX Festival delle bande di Mirabilandia dove, insieme ad altre quarantanove formazioni, prese parte all’esibizione collettiva di ben millecentodiciotto musicisti e, quando fu richiesto un minuto di raccoglimento per i terremotati dell’Abruzzo, vide un suo giovane trombettista, di solo otto anni, intonare il celebre “Silenzio”. Musica, allora, come formazione non di grottesche imitazioni degli adulti, ma di giovani in solida crescita, non di futili vanità, ma di consolidata autostima e personalità libera, non di vacui personaggi, ma, con attenzione e amore, di sostanziosi uomini. |
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