C’era una volta l’opinione pubblica
 







Piergiorgio Morosini




Logica del mercato o logica dei diritti? Comunicazione verticale o comunicazione orizzontale? E ancora: emozione o sapere critico? Interesse generale o interesse di gruppo?
Sono i dilemmi italiani del sistema dell’informazione. Dilemmi mai resi espliciti nel dibattito pubblico, ma da tempo all’ordine del giorno. Dilemmi su cui si consuma il conflitto tra politica e stampa; tra difensori della costituzione e fans della democrazia plebiscitaria.
Un nuovo scenario si staglia all’orizzonte. A proporlo è la manovra finanziaria approdata in Parlamento. I tagli "mirati" mietono vittime. Niente più sostegno alla stampa politica, di partito e cooperativa, "non di mercato" ovvero "non allineata". L’effetto? Scompariranno testate come il manifesto e Liberazione. Altre avranno vita breve. O meglio, per restare in vita dovranno aderire ad una raccolta pubblicitaria attualmente gestita da pochi gruppi finanziari legati a doppio filo con i "poteri forti".
Ambienti che, nelle ultime settimane, hanno mostrato di essere allergici alle critiche e al controllo dei media.
Insomma, nel paese degli sperperi e della evasione fiscale, i tagli si concentrano sulla stampa, con una "ricetta" che cancella voci, professionalità, idee.
Soffre la libertà di espressione. Diventano siderali le distanze dell’Italia dalle democrazie più avanzate. Quelle che fanno della vocazione al "pluralismo nella comunicazione" una risorsa irrinunciabile. Come gli Usa.
Oltre oceano la libertà di informare è continuamente aggiornata e perfezionata. Il giorno dopo l’insediamento, il presidente Obama ha avviato un battaglia di principio. Grazie ai consigli del guru Cass Sunstein, i siti web più influenti avranno l’obbligo di indicare un collegamento con siti che manifestano opinioni diverse. E’ una logica in cui si muove anche la Gran Bretagna quando non lesina aiuti alle tv private proprio per la funzione pubblica che sono chiamate a svolgere; e la stessa
Francia di Sarkozy che pensa ad un sistema in cui la tanto vituperata par condicio in tv non sia limitata al periodo delle campagne elettorali.
L’Italia sembra procedere "in direzione ostinata e contraria". Qualche esempio. Ricordate la statuetta con la quale Tartaglia aggredì il premier a Milano? Fatto gravissimo. Ma vi fu chi colse l’occasione per criminalizzare internet. Si parlò di strumento nelle mani di chi incita alla violenza, per introdurre misure in grado di rendere meno libero il dialogo sulla rete. Per non parlare dei disegni di legge sulla diffamazione a mezzo stampa. La previsione di sanzioni pecuniarie smisurate è un invito al silenzio per chi pratica il giornalismo di investigazione.
Basterebbe una semplice "querela temeraria" per provocare timidezze che spengono i riflettori sui fatti gravi della vita pubblica. E ancora, in nome della privacy si promuove una riforma delle intercettazioni che, oltre a mutilare la lotta alla corruzione e a tutte le mafie del
nostro paese, introduce un divieto di cronaca giudiziaria.
Ma a pagare il prezzo più alto di certe iniziative saranno i cittadini. Quelli che hanno non solo il diritto ma anche il dovere di conoscere i comportamenti dei soggetti ai quali sono affidate le sorti della collettività. In pochi, forse, si sono accorti che la scomparsa di testate giornalistiche storiche, per via della manovra finanziaria, ha un costo molto alto. Deprime la risorsa "opinione pubblica", perché incide su qualità e varietà dell’informazione.
Viene in mente il monito di Alberto Asor Rosa: una democrazia matura non può permettersi che «il processo attraverso cui si forma la mente collettiva sia in larga parte controllato da chi detiene il potere esecutivo». Forse più che alla carta stampata l’intellettuale pensa alla televisione.
Un giorno, proprio un uomo politico, rivolgendosi ad un amico, disse: «Non capisci che se qualcosa non passa in televisione non esiste? Questo vale per i prodotti, i politici,
le idee». I tempi che corrono lo dimostrano. Purtroppo.
*Anm, magistrato del Tribunale di Palermo, giudice per l’udienza preliminare nel processo al "Gotha di Cosa Nostra"