La resa dei conti tra Berlusconi e Fini
 







Frida Nacinovich




Nemmeno uno sguardo, fosse anche di traverso. Gianfranco Fini alla presidenza, Silvio Berlusconi ai banchi del governo. Manca solo Riccardo Cocciante che al pianoforte intona “quando finisce un amore”. Ma una ragione questa volta c’è. Anzi, ce ne sono più di una. Chiedere per conferma ai tanti deputati del Pdl fedeli a Berlusconi. Si muovono a piccoli gruppi, scherzano fra loro, ostentano tranquillità. C’è una lista di proscrizione già pronta, che sta per diventare ufficiale, che sancirà il definitivo divorzio con i finaini. I berlusconiani ci ridono sopra, come niente fosse. «Chi, il compagno Fini?». Una frase che dice tutto. «Se ne deve andare, se ne deve andare, se ne deve andare». Quasi una litania. Giancarlo Lehner accusa esplicitamente il drappello dei finiani e in particolare Italo Bocchino di complottare ai danni del governo. «Sono fuori di testa invitano i deputati del Pdl a lasciare l’aula per mandare sotto il governo». Amedeo Laboccetta esclude a priori una rappacificazione fra Berlusconi e Fini: «Impossibile. Gli italiani apprezzano le posizioni chiare e nette». Il popolo berlusconiano vuole lo spargimento di sangue, politico s’intende. Non a caso le notizie che arrivano da palazzo Grazioli raccontano di un Giulianone Ferrara in gran spolvero, che entra ed esce dalle stanze della casa presidenziale. Come ai vecchi tempi quando il caro leader lo nominò ministro. A volte ritornano. Ma se ne sono mai andati? L’intellighenzia berlusconiana - Bondi, Verdini, La Russa, Quagliariello e Cicchitto - è in riunione permanente. Fin dal mattino le voci del palazzo dicono che la proposta di tregua offerta da Fini tramite l’intervista sul foglio ferrariano è stata giudicata tardiva. Fuori tempo massimo. Dunque qualcosa dovrà accadere. Anche se per l’intera giornata l’imputato Fini si esprime come Umberto Bossi. Dichiarazioni del tipo: «Qualsiasi cosa succeda resteremo fedeli al governo», «non tradiremo il programma sottoscritto con gli elettori», e via dicendo. Frasi del genere sono comprendibili sulla bocca di Umberto Bossi e di Roberto Calderoli, l’obiettivo del federalismo in salsa padana è per loro irrinunciabile. Le stesse frasi, dalla voce di Fini inducono a pensare altro. Avrà paura delle conseguenze di una rottura traumatica? Avrà il timore di trovarsi inchiodato alla croce di Antonio Di Pietro continuando la sua battaglia “legalitaria”? Si possono fare solo ipotesi. Intanto i vertici si susseguono, ora dopo ora. Pare, si dice, si mormora: sono queste le uniche mezze notizie che arrivano a Montecitorio. “I dissidenti saranno sospesi dal Pdl per un periodo oscillante dai tre ai sei mesi”. “Fini ed i finiani Italo Bocchino, Carmelo Briguglio e Fabio Granata vengono ormai considerati fuori dal Pdl”. E, sempre secondo i boatos parlamentari, “33 deputati vicini al presidente della Camera avrebbero già firmato la richiesta di costituzione di un nuovo gruppo parlamentare”. Richiesta che verrebbe depositata nel momento in cui dovesse scattare il provvedimento di espulsione ma anche di semplice sospensione. Dopo il voto sulla manovra economica, il presidente della Camera riunisce i parlamentari vicini alla sua linea politica. «Non ci sono novità - fanno sapere alcuni dei partecipanti - ora attendiamo il documento dell’ufficio politico».
Zoom sulle voci dei più alti in grado all’interno del Pdl. «Che succederà oggi? Guardate le previsioni del tempo. Si annuncia una perturbazione...», dice Ignazio La Russa. «Quello che non è consentito fare è una opposizione, non solo all’interno del partito, ma anche al governo dove ci sono molti amici», rincara Altero Matteoli. «Spero sempre che ci sia un miracolo nelle prossime ore», commenta il sindaco di Roma Gianni Alemanno. Tre ex aennini, tre ex fedelissimi di Fini che non hanno seguito il presidente della Camera in questa sua partita. Non è una novità, non è la prima volta: già all’epoca del celebre “incontro al bar”, Matteoli, Alemanno e La Russa
avevano cambiato casacca, abbandonando la fiammella di Fini considerata ormai troppo flebile. In serata tocca proprio ai coordinatori del Pdl - fra cui La Russa - anticipare che Italo Bocchino, Fabio Granata e Carmelo Briguglio saranno deferiti ai probiviri del Pdl, insomma ci sarà un processo interno contro le due principali voci critiche degli ultimi mesi. Se le decisioni si limiteranno a questo, lo spargimento di sangue politico sarebbe nei fatti rinviato al futuro congresso. La pattuglia finaina tutto sommato ci spera, forte di una tradizione politica superiore a quella dei forzisti. Non ci vuole molto.