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Lo Stato deve alle aziende 37 miliardi di euro, una somma pari al 2,5 per cento del Pil |
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Circa 37 miliardi di euro. A tanto ammonta il debito presunto accumulato dalla pubblica amministrazione nei confronti di imprese e fornitori a causa dei ritardi nei pagamenti. Una cifra esorbitante, pari al 2,5% del Pil, il prodotto interno lordo, in gran parte legata a una "cattiva gestione" del sistema sanitario e a quello della raccolta dei rifiuti solidi urbani. L’allarme è stato lanciato dall’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, che, in una determinazione del 7 luglio, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 174 del 28 luglio scorso, ha bacchettato le amministrazioni, stazioni appaltanti, chiedendo «un’applicazione rigorosa» delle disposizioni sui pagamenti contenute nel Dlgs 231/2002. Dall’analisi dei dati riferiti al 2009, ha ricordato l’Authority, è emerso che i tempi di pagamento oscillano in un range che va da un minimo di 92 giorni a un massimo di 664. Praticamente, più di un anno e mezzo dopo. Il ritardo è per lo più imputato ai tempi di emissione dei certificati di regolare esecuzione (46,3%) e dei mandati di pagamento (29,6%) da parte delle stazioni appaltanti e, più in generale, a lentezze che derivano da vischiosità burocratiche interne alla pubblica amministrazione (32,5 per cento). Sono state inoltre rilevate sensibili differenze sul piano territoriale: i ritardi che superano i due mesi sono segnalati dal 36,4% delle imprese del Nord-Est, percentuale che sale al 61,5% nel Nord Ovest e al 63,3% nel Mezzogiorno. Tutto ciò perché, ha spiegato l’Authority, esistono "prassi" applicative della legge troppo disinvolte, come l’individuazione unilaterale di termini di pagamento superiori a quelli previsti, l’inclusione di termini di pagamento in deroga tra gli elementi di valutazione delle offerte. Alcuni capitolati speciali poi prevedono anche la riduzione (arbitraria) del tasso di interesse di mora. Troppo alti i rischi che si corrono. Per l’amministrazione appaltante, il dover corrispondere interessi di mora con conseguente aumento delle risorse inizialmente stimate per l’appalto. Ma a subire un danno sono anche aziende e mercato. La necessità, infatti, di sopportare i costi occulti legati alla mancata regolarità nei pagamenti, è scritto nella delibera, «distorce il confronto concorrenziale, disincentivando la partecipazione di operatori economici, anche qualitativamente competitivi». Senza considerare, è aggiunto, «gli effetti esponenziali sul sistema economico delle imprese, dal momento che il ritardo nei pagamenti incide non solo direttamente sugli operatori economici aggiudicatari, ma, indirettamente, produce effetti a cascata sull’intero indotto». Vale a dire su quell’insieme di imprese che svolgono attività a valle, sotto forma di subappaltatori o subfornitori, già penalizzati dalla crisi. |
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