Il premier valuta il compromesso di legislatura con l’ex An
 







Angela Mauro




Silvio Berlusconi è rimasto col cerino in mano dopo il discorso di Gianfranco Fini a Mirabello. Il mancato annuncio della nascita del nuovo partito di Futuro e Libertà è un dettaglio. La "cosa" è già viva nei fatti, il bagno di folla alla festa del Tricolore è servita al presidente della Camera per certificare la fine del Pdl («una Forza Italia allargata»), chiedere il riconoscimento della sua cordata, avanzare la proposta di un «patto di legislatura». Per andare avanti con una maggioranza a tre gambe: Pdl, Lega e finiani. La palla è nelle mani di Berlusconi che è sempre più in difficoltà. Per questo la prima cosa che ha fatto all’indomani del bombardamento finiano è stata quella di convocare l’unica forza che gli sia rimasta (più o meno) fedele (oltre ai soliti Ghedini, Cicchitto, Frattini, Gelmini, Verdini). Ieri sera, come ogni lunedì dei tempi andati, Umberto Bossi è stato ricevuto nella villa del Cavaliere ad Arcore. Liberazione va in stampa prima di ogni tempo utile ad avere notizie dal vertice serale. Ma le dichiarazioni dei lumbard per tutta la giornata di ieri non lasciano spazio a dubbi sulle intenzioni del Carroccio e soprattutto sulla sua forza all’interno del centrodestra.
Perchè è vero che il cerino è nelle mani dell’ammaccato Silvio, in quanto è lui il premier, ma le condizioni stavolta - oltre a Fini - sembra dettarle la Lega, sicura del suo successo elettorale in caso di voto anticipato, a differenza del Cavaliere che ancora non riesce a pesare bene la consistenza del suo Pdl senza Fini alle urne. Dice Umberto Bossi che «se Berlusconi dava retta a me e andava alle elezioni, Fini, Casini e la sinistra scomparivano». Non è successo, anche se il Cavaliere lo avrebbe tanto desiderato. A Fini, Bossi fa sapere che «il patto che ci interessa è quello elettorale». In quanto, spiega il ministro Roberto Maroni, «un patto di legislatura c’è già: se i finiani vogliono continuare ad attuarlo, non c’è problema; se invece
quel patto viene violato, il problema c’è ed è serio». In questo caso, per i leghisti non ci sono altre strade che quella del voto anticipato. Oggi più che mai, i più convinti del ritorno alle urne sono i lumbard, indisposti a cambiare questa legge elettorale («Non mi interessa», dice Bossi) e certi di uscirne con una presenza parlamentare più folta, da dettar leggi a chiunque, anche - e sempre di più - a Berlusconi.
All’indomani di Mirabello, i ruoli si sono ribaltati. Da mediatori per tentare una ricucitura con Fini, i lumbard si sono trasformati in falchi senza pietà, concentrati a chiedere il voto pur senza il beneplacito di Berlusconi. Che anzi è tentato dal compromesso di legislatura proposto da Fini. Primo, perchè una volta aperta la crisi, non è certo di andare alle urne (Napolitano cercherebbe un’altra maggioranza in Parlamento e probabilmente la troverebbe). Secondo, perchè in caso di elezioni correrebbe il rischio di venire fagocitato dalla Lega. Terzo, continuare la
legislatura gli darebbe la possibilità di ottenere un salvacondotto giudiziario per i processi che avanzano (Fini e anche Casini sono disponibili a dargli uno scudo, tipo il lodo Alfano costituzionale). Quarto, ed è l’obiettivo che Berlusconi ritiene più importante e - dal suo punto di vista - realistico, guadagnerebbe tempo per tentare di sfilare uomini al presidente della Camera. E’ per questo motivo che anche falchi berlusconiani alla Maurizio Gasparri oggi rimproverano la Lega: «Prima di parlare di voto, che è l’estrema ratio, c’è la verifica della maggioranza in Parlamento». Del resto, continua Gasparri, a Mirabello Fini ha fatto un discorso in cui elogiava i «risultati del governo». Constatazione che mette la sordina alla reazione iniziale dei berlusconiani («Fini si dimetta da presidente della Camera»). «Finchè c’è maggioranza, si va avanti», avverte pure Fabrizio Cicchitto. E la maggioranza, si sa, ci sarà alla verifica sul programma in cinque punti pensato da Berlusconi, Fini ha sempre confermato che accorderà la fiducia al governo. Da lì in poi, dovrebbe partire un gioco di logoramento reciproco, con i finiani determinati a esaminare con puntiglio ogni proposta dell’esecutivo. La possibilità di andare al voto in primavera resta in piedi. Ma non è detto. Intanto, Generazione Italia fa sapere che, secondo un sondaggio di Crespi, un bel 76 per cento del campione ha apprezzato il discorso di Fini a Mirabello.
Mentre la politica dà bella mostra di sè nel centrodestra, nel Pd regna uno pseudo immobilismo che attende di capire se Fini davvero mollerà Berlusconi e se davvero nascerà un governo di larghe intese per cambiare la legge elettorale. Enrico Letta prova a chiedere le dimissioni del premier («maggioranza finita»). Ma tanto, l’ipotesi non è data. Quanto ai marasmi interni del Pd, vi si inserisce Walter Veltroni, spalleggiato dal sindaco di Torino Sergio Chiamparino, da giorni attivo nel suonare campanelli d’allarme per il partito e nel chiedere le
primarie. «Mai come oggi, il Pd deve coltivare la sua ambizione originaria - dice l’ex segretario - e puntare a costruirsi come forza riformista con una sua rete di alleanze». Chi è tornato in campo dopo le ferie per puntare dritto alle primarie, è Nichi Vendola. Stasera ne parlerà alla festa del Pd di Torino in un dibattito con Rosi Bindi.