Cav."La carta non è un dogma"
 











Di per sè, è eloquente lo stesso ordine temporale con cui il governo ha deciso di procedere sui punti programmatici elencati da Silvio Berlusconi in Parlamento. Prima il federalismo, varato la scorsa settimana dal consiglio dei ministri e ora all’esame del Parlamento, roba per tener buona la Lega. Seconda tappa, la giustizia, di cui, dice il sottosegretario Paolo Bonaiuti, si occuperà la -prossima riunione- dell’esecutivo. E apposta la materia è stata messa in lista subito dopo la "priorità federalista": da un lato, perchè preme al Cavaliere, inseguìto dai processi giudiziari; dall’altro, perchè se il governo non ha futuro, lo si capisce proprio dal capitolo giustizia. Meglio affrontarlo subito quindi, per poi eventualmente proseguire. Lo ha confermato del resto anche lo stesso presidente della Camera Gianfranco Fini, parlando ai corrispondenti esteri . -Sulla giustizia il governo rischia-, è il succo del suo ragionamento con tutti i paletti su provvedimenti come il processo breve (-No alla norma transitoria-). Frase che non è andata giù al premier,  nonostante l’intesa raggiunta al vertice di maggioranza nel quale si è deciso di non ritoccare gli incarichi di Fli, Pdl e Lega nelle commissioni parlamentari.
Riflettori puntati sulla commissione Giustizia di Montecitorio. La mossa dei berlusconiani mette in difficoltà il Pd, che si è sempre astenuto sull’elezione dei presidenti di commissione proposti dalla maggioranza e che ora invece verrebbe costretto a votare a favore dell’esponente di Fli per evitare soluzioni peggiori. In corsa per la presidenza della commissione Giustizia resta un altro finiano ritenuto più moderato della Bongiorno: Giuseppe Consolo che sta facendo "campagna elettorale" da tempo in commissione e non è escluso che ce la faccia ad essere eletto, qualora i voti di Pdl e Lega dovessero convergere su di lui. I conti son presto fatti. I membri della commissione sono 48, dunque servono 25 voti per
essere eletti alla presidenza. I pidiellini sono 17, più i 5 leghisti fanno 22, cui vanno aggiunti due del Misto (Belcastro di Noi Sud e l’ex Udc Mannino) e lo stesso Consolo: ottenuta quota 25. Di contro, la Bongiorno - che per prassi non vota, essendo presidente - avrebbe il sostegno della sola Angela Napoli di Fli, dei 3 dell’Udc, dei 2 dipietristi e non ce la farebbe nemmeno se i 15 del Pd la appoggiassero perchè il totale dei voti arriverebbe solo a 22, comprendendo nel calcolo anche il sì della lib-dem Daniela Melchiorre del Misto (dopo il no alla fiducia al governo, i liberali di Tannoni stanno col Pd).
Sono calcoli che certo contano sulla compattezza dei gruppi, ma danno l’idea di come niente sia più scontato in questa legislatura. Sulla giustizia intanto arriva un nuovo monito di Giorgio Napolitano. -Occorre scatto di efficienza e scelte coraggiose che riducano i costi di gestione e semplifichino le procedure per dare piena attuazione ai principi del giusto processo-, dice
il capo dello Stato al"Primo Forum Internazionale per lo Sviluppo della Giustizia Elettronica". Il Pdl la prende come un assist al ddl sul processo breve. -Chi accusa il governo di occuparsi della giustizia ad personam lo fa in mala fede. Fini non può smarcarsi: ascolti il Colle-, dice il capogruppo alla Camera Cicchitto. L’opposizione vi legge una nuova esortazione a riformare il sistema giustizia. -Napolitano fa riferimento alla necessità di oliare la macchina della giustizia con maggiori risorse», replica la capogruppo del Pd in commissione Giustizia Donatella Ferranti. Da oggi in commissione Affari costituzionali al Senato, si inizia a votare sui 70 emendamenti al ddl sul lodo Alfano costituzionale. Sarà licenziato -entro due settimane-, prevede il relatore Carlo Vizzini. E Berlusconi dà un altro colpo alla causa: -Anche Cossiga picconò la Carta: non è un dogma-. Dunque, avanti con le modifiche. Ma niente è scontato. Ai finiani lo scudo costituzionale piace, ma sognano già altri lidi. -Dall’alleanza tra Fini, Casini e Lombardo nascerà il vero centrodestra italiano, che potrebbe avere Montezemolo come leader-, si sbilancia Italo Bocchino. E Fini insiste sulla modifica della legge elettorale: scrive a Schifani per chiedere che l’iter -parta dalla Camera-.