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Tra Istituzioni e politica |
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Rosario Amico Roxas
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Sono diverse le questioni politiche che vivono all’ombra dell’ennesimo regalo che il capo del governo aspirava a concedersi. Il lodo costituzionale - l’ennesimo - avrebbe voluto neutralizzare il potere discrezionale dei tribunali, aveva, sostanzialmente, assolto le imperizie degli estensori della legge, platealmente anticostituzionale, cancellava le guerre intestine alla sua conventicola, contando sul voto dei finiani che hanno un comune desiderio (per opposte ragioni) di rinviare il ricorso al voto anticipato. Di per sé la legge votata dal CdM si è rivelata un autogol clamoroso. Proviamo a leggere i sondaggi di queste ore e le opinioni degli elettori (molti dello stesso centrodestra) e capiremo quanto la destra pagherà salato l’ennesimo tentativo-truffa. Berlusconi più di ogni altro lo sa e, infatti, ha sperato di farla franca, ma ben sapendo il rischio che correva; per questo si è tenuto pronto a rinnegare il lodo e affermare, come solo lui sa fare, di non saperne nulla e di aver dovuto accettare le pressioni dei suoi lacchè. Ghedini e Alfano, tra le maglie di una legge illegittima e l’esigenza di proteggere il loro nume (senza di lui tornerebbero nel Limbo di "Ghedini.chi ?" e "Alfano.chi?") hanno solo dimostrato una scarsa confidenza con le leggi, con la democrazia, con la Costituzione, esaltando la loro accertata e spiccata volontà ad aggirarle a loro comodo, ad uso e consumo di un solo beneficiario di una tale ignominia giuridica. Da più parti si dice - e con ragione - che di fronte ad un esecutivo che espande senza freni il proprio potere, che svuota il Parlamento con overdose di decreti legge, che ricerca in modo scomposto ogni via d’immunità extra legem, sarebbe stato il momento di lanciare l’allarme con un gesto esemplare. Forse Napolitano poteva fare di più, forse no. Perché se non si ravvisano elementi d’incostituzionalità, il Colle non può rifiutarsi di controfirmare leggi e decreti che, dal Parlamento o dal governo, sono approvati. Chi è Berlusconi lo sappiamo. Chi è Napolitano pure. E, per fortuna, sono totalmente diversi. Si dice però che Napolitano avrebbe potuto comunque esercitare una pressione diversa sul governo, pur senza dire come. Ma se tutto questo fosse comunque vero, assegnare il compito di fermare il delirio autoritario, l’abuso di poteri e funzioni di questo governo, non può essere che compito della politica, non delle Istituzioni. La responsabilità della bulimia decretativa del governo corrisponde alle abitudini del suo rais, che da sempre, in politica come nella finanza, nel calcio persino, per vincere le sue partite ha sempre bisogno di giocare con il mazzo di carte truccato. Ci sarebbe bisogno di un’opposizione in grado di scendere nelle piazze ora, non tra una settimana. Una opposizione che dicesse chiaramente che, contro lo sfregio di questo governo al Parlamento, non rientrerà in Aula a tempo indeterminato. Allora sarebbe possibile chiedere al Quirinale di fermare ogni altro decreto legge privo del carattere di necessità e urgenza. Il risultato di tanto sfascio è che l’Italia è l’unico, tra i grandi paesi d’Europa, a non avere una forza politica d’orientamento sociale e progressista. E oggi quindi, in assenza di ciò, chiedere a Napolitano di trasformarsi da garante istituzionale a soggetto politico per fermare Berlusconi, rischia di diventare un tentativo di scaricare sul Colle il fallimento delle scelte di molti professionisti della politica. Ma se la via giudiziaria alla politica sociale non solo non è percorribile, ma nemmeno vincente, quella di un Quirinale che da arbitro diventa giocatore è persino più pericolosa. I fautori di una politica progressista e sociale devono essere capaci di studiare la storia dalla quale provengono e di prefigurare quella possibile nella quale tornare protagonisti. Una coalizione che, superando le divisioni ideologiche, esalti le esigenze che stringono il paese in una morsa fatale, e, per cominciare, sapesse utilizzare politicamente il bisogno di tanta parte del Paese di uscire dal buio in cui versa la democrazia dal 1994. E che, oltre a riproporre pensieri, parole, atti e politiche, si attrezzi rapidamente per far fronte alla caduta del regime berlusconiano, le cui crepe profonde cominciano a dipingersi sulle pareti. Berlusconi controlla sempre meno la stessa macchina che ha messo in pista. Meglio darsi una svegliata ed essere pronti a non fare la fine di chi, dopo essere stato imprigionato, finisce pure sotto le mura della sua stessa cella quando arriva il terremoto. La divisione dei ruoli tra Istituzioni e politica deve risultare con grande chiarezza; il politico non può avvalersi delle prerogative istituzionali, mentre i rappresentanti delle Istituzioni non dovranno concedersi parentesi politiche. |
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