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Russia, massacrato un altro giornalista |
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Matteo Alviti
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E’ una notizia, ma non una novità. Ieri, di nuovo ieri, un giornalista russo che lavora per un piccolo giornale della provincia di Mosca, Anatoly Adamchuk, è stato aggredito e picchiato duramente da due sconosciuti. Dopo quella del noto reporter del Kommersant Oleg Kashin, finito in coma farmacologico nella notte tra venerdì e sabato, si tratta della seconda grave aggressione subita da rappresentanti dei media russi in tre giorni. L’ultima di una lunga serie che sembra non trovare fine, con i criminali che le ordinano e quelli che le commettono protetti da un’impunità praticamente inscalfibile. I motivi che hanno spinto all’aggressione di Adamchuk e Kashin non sono ancora chiari, ma ci sono forti indizi. Entrambi erano impegnati nella difesa delle foreste di Khimki, che circondano la capitale russa, minacciate dalla costruzione di una nuova autostrada tra Mosca e San Pietroburgo - progetto messo in stand-by dal presidente Medvedev. Kashin si era anche occupato dell’estrema destra. Ma non sono solo i giornalisti a finire vittime di violenze per le idee che esprimono: venerdì era stato aggredito un esponente di spicco del movimento anti-autostrada, Konstantin Fetisov, finito con la testa rotta. Adamchuk se l’è cavata relativamente con poco. Meno bene è andata a Kashin: duplice frattura della mascella, dita e gambe rotte. Da sabato il trentenne è in coma farmacologico per stabilizzare la situazione clinica e domenica ha affrontato una seconda operazione. Le condizioni sono serie ma stabili e Kashin non è in pericolo di vita. Ieri è stato diffuso un video di 90 secondi ripreso da una telecamera di sorveglianza puntata all’ingresso di quella che sembra essere la casa del giornalista del Kommersant - manca la conferma ufficiale. Kashin è ripreso mentre si avvicina al cancello del cortile del palazzo. Un uomo lo precede di qualche passo e finge di voler entrare, dietro il complice, a un paio di metri di distanza dalla vittima. Quando il giornalista si avvicina il primo aggressore si gira improvisamente e gli sferra un pugno sul volto. Kashin cade, e in un attimo il secondo uomo gli è addosso. Mentre il primo lo tiene fermo il secondo infierisce con una brutalità disumana sul corpo e sulle gambe. Dieci, venti, trenta colpi sferrati con una spranga di ferro. Poi calci, da tutti e due, prima di lasciare la vittima a terra. Kahin prova a alzarsi, cade. Poi si trascina sulle ginocchia al citofono, riesce a chiamare aiuto. Poco dopo arriva l’ambulanza che lo porterà in ospedale. Il video ha fatto il giro di internet, trovando un’eco insolita anche nella televisione pubblica. E la stampa ieri ha aumentato la pressione sul presidente Medvedev, affinché venga finalmente spezzata questa catena di delitti impuniti che gravano sul lavoro dei reporter. Non è una questione di protezione di una casta, hanno spiegato i giornalisti del Kommersant sulla prima del quotidiano liberale - che ha una certa fama di indipendenza: -Il diritto dei reporter ad adempiere al loro lavoro in condizioni normali e di non doversi preoccupare per la loro vita è fondamentale per il diritto della società ad esprimersi ed essere ascoltata-. L’appello al presidente è stato presentato da ventisei tra giornalisti e direttori di diverse testate e sottoscritto poi da centinaia di colleghi. Ieri decine di giornalisti hanno protestato davanti alla sede centrale della polizia moscovita per chiedere che sia fatta luce sull’aggressione di -uno tra i reporter più brillanti e coraggiosi della sua generazione-, ha scritto Reporters sans Frontières. La Russia è al 153esimo posto su 175 nella classifica della libertà di stampa stilata dall’ong nel 2010. E dal 2000 22 giornalisti sono stati assassinati in Russia, cinque solo nel 2009. Il presidente ha risposto alle sollecitazioni affidando la supervisione delle indagini al ministro degli interni Rashid Nurgaliyev e all’ufficio del procuratore generale di Mosca Yurij Chaika, che sta indagando per tentato omicidio. Più volte in passato Medvedev, a differenza del suo predecessore (probabile successore) e attuale premier Putin, ha avuto un atteggiamento di ferma condanna nei confronti di simili episodi, dando la sensazione che qualcosa stesse cambiando. Ma nella sostanza, di mandanti o potenti alla sbarra non si è ancora vista l’ombra, e in casi del genere sono pochissime le condanne. |
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