Cancun: a rischio impegni concreti e vincolanti per combattere i cambiamenti climatici
 











Le Reti della società civile presenti a Cancun per la Conferenza Onu delle Parti sul cambiamento climatico (COP16) denunciano il tentativo da parte di un piccolo gruppo di Paesi industrializzati (tra cui il Canada, la Russia ed il Giappone) di affossare definitivamente il Protocollo di Kyoto in favore di un accordo meno vincolante.
Il Governo messicano starebbe preparando una bozza da presentare una bozza di Accordo che possa dare nuova linfa all’Accordo di Copenhagen trasformandolo nell’Accordo di Cancun. Un passaggio molto rischioso per il percorso multilaterale della Conferenza, con una nuova forzatura da parte di quei pochi Paesi che rifiutano un accordo realmente vincolante preferendo uno schema volontario e difficilmente verificabile. Notizie confermate dalla conferenza stampa dei Paesi dell’ALBA (Bolivia, Venezuela, Nicaragua, Ecuador) che proprio ieri avevano denunciato pressioni da parte di alcuni Paesi per bloccare i negoziati sul
secondo periodo di impegni del Protocollo di Kyoto che dovrebbe partire nel 2012.
"Siamo in un momento molto delicato del negoziato" ha dichiarato Alberto Zoratti dell’organizzazione equosolidale italiana Fair, presente come osservatrice a Cancun, "perché le manovre in corso ricordano i momenti più bui della Conferenza di Copenhagen, quando pochi Paesi si arrogarono il diritto di decidere per tutti". La prospettiva che abbiamo davanti, continua Zoratti "è molto preoccupante e ci parla di incapacità di contrastare un clima che cambia velocemente, con impatti pesanti sulle economie del Sud del mondo, dove molte piccole comunità umane stanno vivendo situazioni al limite del tollerabile, come ci viene continuamente riferito dai partner dei nostri progetti equosolidali di Bangladesh, India ed America Latina".
Tutto questo avviene mentre sui media internazionali rimbalzano le ultime rivelazioni di Wikileaks che svelano le grandi manovre dei Paesi industrializzati, Stati Uniti in testa,
per affossare la lotta al cambiamento climatico in accordo con gli interessi delle grandi imprese. Una sorta di omicidio premeditato che ha visto i primi passi la scorsa Conferenza delle Parti in Danimarca con l’imposizione del famigerato "Accordo di Copenhagen".
"Notizie che se confermate" conclude Zoratti, "sarebbero di una gravità assoluta e getterebbero ulteriore discredito su una classe politica globale interessata a salvare le banche ma evidentemente distratta sul cambiamento climatico, una delle più grandi sfide del nostro tempo. Ci auguriamo un immediato cambiamento di rotta, le proiezioni dell’Unep parlano del rischio di un aumento di 5°C alla fine del secolo, di un mare che sta crescendo di 3.3 mm all’anno di media e di una temperatura già cresciuta di 0.76°C negli ultimi cento anni. La posta in gioco è troppo alta per essere sacrificata a tatticismi di bassa lega".