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Quaranta morti e catastrofe ambientale, l’incendio sul Carmelo è un disastro annunciato |
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Francesca Marretta
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Un anno fa i vigili del fuoco israeliani si misero in sciopero, avvisando il governo che le risorse e i mezzi a loro disposizione non sarebbero stati sufficienti a fronteggiare un’emergenza nazionale. Il rogo del Monte Carmelo, a nord di Israele, in cui sono morte almeno 42 persone, un bilancio è destinato probabilmente a salire, gli dà oggi ragione. Si tratta di una tragedia senza precedenti, che ha colto, in tutta evidenza, il paese impreparato. Trentasei delle vittime finora accertate, erano guardie penitenziarie. Lavoratori e lavoratrici arrivati da una zona a sud di quella del disastro, per aiutare il personale della prigione di Damon e un’altro penitenziario dell’area, nell’evacuazione dei carcerati, in totale circa novecento, per larga parte palestinesi. L’autobus sul quale viaggiavano si è ribaltato ed è stato ingoiato dalle fiamme. Si contano poi 17 feriti, di cui tre gravi. Più di tremila ettari di bosco sono andati in fumo nella zona del Monte Carmelo, riserva naturale situata non lontano dalla città portuale di Haifa. Un milione e mezzo di alberi sono stati distrutti. Pare ormai chiara l’origine dolosa dell’incendio. La polizia israeliana ha arrestato ieri due residenti nella cittadina drusa di Daliyat al-Carmel. Ma i focolai sarebbero stati diversi. Quel che peggio è che forse, con un’intervento adeguato, il disastro poteva essere evitato. Il primo intervento per placare le fiamme sarebbe arrivato almeno due ore dopo l’inizio del primo focolaio. Lo afferma un’istruttore di volo citato ieri dal quotidiano Ha’aretz. Mentre sorvolava la zona per una lezione di volo, Alon Chaim avrebbe notato fiamme circoscritte nell’area del villaggio druso di Isfiya. L’incendio, dice Chaim era limitato. L’istruttore ha riferito il fatto alle autorità competenti intorno alle 11 e un quarto di giovedì mattina. Ma il primo aereo antincendio sarebbe arrivato, all’una e quarantacinque. Gli sfollati nella zona sono almeno 17mila. Il Kibbutz Beit Oren, che si trova nel bel mezzo della foresta colpita dall’incendio, è stato devastato. Almeno venticinque edifici sono stati distrutti, ma i 400 residenti sono in salvo. I cavalli allevati nel kibbutz sono stati liberati e fatti fuggire. Sono stati anche allestiti dei centri di accoglienza per gli animali domestici di chi ha dovuto lasciarsi tutto alle spalle. Duecento pazienti dell’ospedale psichiatrico di Tirat Hacarmel sono stati evacuati. Il Premier Netanyahu aveva fatto appello, già giovedì, a governi stranieri per l’invio di aerei antincendio, che sono arrivati da diversi da Europa, Russia, Cipro e anche dalla Turchia, paese con cui permangono forti tensioni con Israele dopo fatti tragici della Freedom Flottilla diretta a Gaza la scorsa primavera, in cui rimasero uccisi attivisti turchi per mano delle forze armate israeliane. Netanyahu ha inviato un messaggio personale di ringraziamento al Premier turco Erdogan. Anche i palestinesi della zona di Nablus si sono offerti, pur con gli scarsi mezzi a disposizione, di fornire aiuti. La Nato è mobilitata per l’emergenza. Oltre che all’origine dolosa dell’incendio, diverse fonti parlano di roghi in discariche abusive nei pressi di villaggi drusi. Se per comprendere la dinamica dell’accaduto occorrerà attendere la conclusione di adeguate indagini, quello che risulta chiaro al paese è il fallimento nel fronteggiare la crisi. E si parla già dell’impreparazione di Israele ad affrontare una prossima guerra. Che si prevede combattuta, a differenza che le precedenti, con un numero meggiore di attacchi sul fronte interno, anche a Tel Aviv. In Israele è impiegato per l’emergenza incendi un vigile del fuoco per seimila persone. In molti paesi occidentali, secondo Ha’aretz, il rapporto è di uno a mille. Per questo, ieri, parte della stampa israeliana ha messo in guardia Netanyahu dall’attccare l’Iran, considerata la performance vista in queste ore al Carmelo. Date le circostanze è prevedibile che il ministro dell’Interno Eli Yshai, a cui fa capo il corpo dei vigili del fuoco, perda il posto. Nonostante l’impegno della task-force internazionale, ieri sera l’incendio non era ancora domato. Le fiamme sono alimentate da un vento che soffia dal mare. Si teme poi per un deposito di cloro che si trova nella zona del disastro. La corsa contro il tempo continua. Intanto, Netanyahu ha ieri annunciato il lutto nazionale. I roghi verificatisi in passato nella riserva naturale del Carmelo non erano in alcun modo di scala paragonabile a quella provocata da questo incendio. Secondo alcuni ambientalisti, il suggestivo promontorio ha i connotati cambiati per sempre. |
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