La sfiducia a Berlusconi il 14 arriva dal basso
 







Stefano Galieni




"Que se vayan todos" che se ne vadano tutti, come quasi dieci anni fa chiedevano i movimenti in Argentina. Era questa la parola d’ordine che più aleggiava ieri sera nella grande assemblea di "Uniti contro la crisi" che si è tenuta all’aula 1 della facoltà di lettere. Centinaia i presenti in rappresentanza di collettivi studenteschi, universitari, ricercatori, rappresentanti di movimenti del precariato metropolitano e di forze politiche e sociali. Obiettivo dell’assemblea definire un quadro comune con cui arrivare il 14 dicembre alla grande manifestazione in occasione della sfiducia al governo.
Due i punti condivisi. Come ha fatto nei giorni passati, ma in maniera molto più estesa, i movimenti che scenderanno in piazza intendono assediare il parlamento per dare la loro versione della sfiducia al governo. Una sfiducia sociale, dal basso, frutto delle mille vertenze di cui sono portatori. Nello stesso tempo, considerando ormai il parlamento luogo
chiuso e blindato, si intende costruire una grande assemblea di piazza in cui le mille voci della crisi potranno spiegare le ragioni per cui non si riconoscono non solo in questo governo ma in qualsiasi altro governo tecnico o di unità nazionale.
Quello a cui si è dato voce già nell’assemblea è un vero e proprio ciclo di lotte in cui, partendo dalla diversità degli obiettivi e delle vertenze, si va costruendo un luogo e un tessuto comune di democrazia reale. Lo hanno detto quelli dei book block considerando anche come propria data di riferimento la manifestazione della Fiom del 16 ottobre, lo ha riaffermato Sergio Bellavita, della segreteria nazionale della Fiom, che ha confermato l’adesione del sindacato alla giornata del 14. Lo hanno detto in molti e molte, dagli studenti medi del Newton ai rappresentanti delle organizzazioni sociali che lotta per il diritto alla casa, per il reddito minimo di cittadinanza, agli studenti delle facoltà occupate, alle forze politiche della sinistra
radicale presenti.Quello che si respirava era finalmente la possibilità di interconnetere i diversi quadri di lettura della crisi, di "essere la crisi" come molti con un suggestivo gioco di parole hanno provato a declinare, una crisi di sistema secondo Bartolo Mancuso di Action, una crisi in cui quello che sta emergendo è l’irrapresentabilità come forza propulsiva, dei movimenti auto organizzati, come ha affermato Paolo Di Vetta del Blocco precario metropolitano. Un’assemblea quindi terribilmente politica nel senso più alto del termine, in cui, soprattutto dagli interventi dei rappresentati dei collettivi universitari partiva la richiesta di una nuova democrazia, quella che forse molti di loro non hanno mai visto rappresentata nel Paese e nelle istituzioni. Politica perché nel lessico di chi interveniva c’era un nesso stringente fra il patto di stabilità europeo che verrà approvato il 15 dicembre, il Ddl Gelmini le leggi razziste della Lega, la guerra fra poveri, il precariato, la forza e il coraggio dei lavoratori di Pomigliano. Politica perché per molti la giornata del 14 rappresenta e rappresenterà soltanto un punto di passaggio, di un percorso di lunga durata per un movimento che deve durare a lungo, come ha ricordato Roberta Fantozzi, del Prc, e che non può rinchiudersi in ambiti limitati, ma deve saper parlare al Paese così come la politica istituzionale non sa più e non può più fare.
Si è data molta importanza a quella che è una caratteristica fondamentale che finora sono stati capaci di avere i movimenti, quella del consenso. Di fronte a modalità repressive di alto livello messe già in atto dagli apparati dello Stato, la risposta che i movimenti intendono continuare a dare è quella di una capacità comunicativa carica di forza, ma anche di allegria, di ricchezza, quella ricchezza inesistente in un parlamento ridotto a luogo di baratto e di compravendita. "Voglio potere" diceva Elena di Link dove potere è un verbo e non un sostantivo, linguaggi che
danno la dimensione di un distacco radicale fra la politica dei talk show e l’esigenza di ridefinire un sistema sociale basato su un diverso modello di sviluppo, sull’eguaglianza dei diritti, sulla possibilità di desiderare un futuro. Gli appuntamenti per quella che si preannuncia come una giornata campale, saranno molto variegati. Di certo c’è per ora un concentramento davanti all’università La Sapenza alle ore 9 che incrocerà altre migliaia di persone che a mezzogiorno raggiungeranno il Colosseo. Ma saranno tanti i punti di Roma da cui si irradieranno iniziative, tutte convergenti verso Montecitorio. Non solo studenti, ma precariato sociale, lavoratori in cassa integrazione, uomini e donne migranti intenzionati a dichiarare la propria sfiducia sociale. Molti verranno a Roma da altre città d’Italia, ma molti terranno anche iniziative nei luoghi in cui vivono a dimostrazione che questo movimento di protesta, ma anche di alta proposta sociale ha ancora ampie possibilità di crescita. Un movimento che per la sua composizione non accetta deleghe ma si impone come soggetto, ha ripreso Eleonora Forenza. In vari hanno evidenziato tanto la distanza dalle forze di opposizione rappresentate in parlamento quanto la necessità di aumentare la propria massa critica per giungere ad un vero e proprio sciopero generale. Nell’ombra resta l’eventulità affatto remota, che Roma il 14 venga presidiata e blindata dalle forze dell’ordine, che i luoghi antistanti il parlamento diventino inaccessibili e terreno di scontro violento. Uno scenario in cui un movimento che sembra molto maturo, non vuole cadere.