Fini-Casini-Rutelli, ecco il Polo della Nazione
 











Il terzo polo non è morto con la sconfitta di martedì sulla sfiducia al governo. Chi pensava che Pier Ferdinando Casini potesse davvero riflettere sulla proposta del premier di entrare in maggioranza si è dovuto ricredere. Perché ieri il leader dell’Udc ha mosso passi in tutt’altra direzione, quella opposta al Cavaliere, quella che porta allo sconfitto per eccellenza: Gianfranco Fini. Metà pomeriggio all’hotel Minerva, dietro il Pantheon, a due passi da Montecitorio. E’ qui che Casini, il presidente della Camera, Francesco Rutelli, rappresentanti dell’Mpa e poi Paolo Guzzanti, il liberale Tanoni e anche Giorgio La Malfa, si vedono per abbozzare quello che viene subito battezzato come il "Polo della nazione", nome a metà strada tra il Partito della nazione pensato da Casini per emancipare la sua Udc e la sintesi giornalistica di "terzo polo", mai gradita ai diretti interessati. Di fatto, è un "soccorso bianco" a Fini, umiliato dal tradimento di tre dei suoi deputati e preoccupato per ulteriori fughe dal Fli. L’avvio di un "processo costituente" dell’area moderata, spiegano fonti Udc, è anche un modo per blindare le forze che potrebbero essere preda dei tentativi di Berlusconi di comprarsi nuovi sostegni al governo. -Ora Berlusconi non può trattare con l’Udc da sola, se vuole deve farlo con tutti o accontentarsi di trattare con i singoli, anche se sul nostro partito garantiamo che non ci saranno fuoriuscite-, dice il centrista Roberto Rao. Per dire che l’emorragia verso il Pdl si è fermata ai casi isolati di qualche centrista siciliano che ha votato la fiducia al governo.
Porte chiuse, dunque. La mossa di ieri lascia intendere che Casini considera Berlusconi un fenomeno finito. Meglio puntare sulla convergenza con Fini e il resto dei moderati, tanto più che ora il leader del Fli è in evidente condizione di debolezza, a rischio di finire fagocitato nel calderone ex Dc. E poi ci sono le amministrative alle porte: si lavora per
presentare candidati terzopolisti a Milano (nonostante il forfait di Albertini), a Bologna, Napoli, Torino. Non a caso la prima convention del Polo della Nazione si terrà entro gennaio, in tempo per correre alle prossime comunali, almeno nei centri più importanti. Con il governo poi ci sarà un rapporto di collaborazione. Casini parla di -opposizione responsabile coordinata-, una forza di -più di 100 parlamentari-, di volta in volta -ci si confronterà con l’esecutivo su tutte le iniziative positive che eventualmente vorrà prendere e contrastare quelle che non condivide-. Non c’è tempo da perdere: i terzopolisti dovranno decidere subito che atteggiamento tenere in aula sul ddl Gelmini, al voto finale in Senato già la prossima settimana.
Compito non semplice visto che alla Camera sulla riforma dell’università il Fli ha votato con Pdl e Lega, l’Udc si è astenuta, l’Api ha addirittura votato contro. -Parleremo con una voce sola-, promette ora Casini. Anche se il polo della Nazione «non
avrà gruppi unici», frena il finiano Italo Bocchino. Perché oltre che per il ddl Gelmini, sarà complicata la compattezza su materie tipo la bioetica, nonostante che il cammino avviato ieri si proponga di trovare una sintesi tra il laicismo di Fini e il cattolicesimo di Casini. Obiettivo: superare lo scetticismo con cui da Oltretevere si guarda a questa strana unione.
Più semplice sarà trovare una quadra sulla mozione di sfiducia al ministro Bondi, al voto la prossima settimana (altre mozioni in arrivo sono quella sul ritiro delle deleghe al ministro Calderoli, presentata dall’Idv; e quella sul pluralismo in Rai, presentata dal Fli). Ieri è stata la giornata dello scontro frontale proprio tra Bondi e Fini. Il primo si è offeso per le parole attribuite da qualche quotidiano al presidente della Camera: «Come fa adesso il governo? Che si farà sulla mozione di sfiducia a Bondi?». Malgrado le smentite arrivate dall’entourage dal Fli, Bondi ha subito scritto al Quirinale per sollevare la
questione della parzialità della terza carica dello Stato. Un tema che resta spinoso. Le dimissioni di Fini sono state invocate dal Pdl dopo il voto in aula alla Camera e lo stesso Berlusconi non elimina il problema: -E’ un problema suo…-. Di Fini.
Oggi intanto a Montecitorio ci potrebbe essere un assaggio di quanto sia difficile per il governo vivere con una maggioranza di soli tre voti. L’aula continua l’esame del decreto rifiuti per la Campania: non a caso ieri la seduta ha accantonato gli emendamenti presentati dal Fli. L’opposizione intanto si sfrega le mani: in ben cinque commissioni importanti della Camera, il governo non ha i numeri per reggersi in piedi.