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Acea Ato 5 e Atac: economia al collasso |
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Alla fine il consulente del lavoro divenuto AD ha lasciato tutto. Compresi i 219 mila euro l’anno che si era attribuito per assistere l’azienda nella gestione proprio del lavoro. Con il ritiro della maxi consulenza, si chiude definitivamente in Atac l’era Adalberto Bertucci e a guardare i conti il disastro annunciato è come una malattia che finalmente si conclamata. Ecco allora la verità su cosa lascia in eredità, oltre le polemiche sulle assunzioni clientelari, parentali e amicali. Intanto un’esposizione bancaria da brivido: 400 milioni di euro che l’azienda di via Prenestina deve al pool di istituti di credito che sinora l’hanno sostenuta. Ma non si tratta di un debito consolidato. In realtà il “metodo Bertucci” ha previsto il ricorso al fido bancario, all’extrafido, mettendo uomini e mezzi in seria difficoltà. Per far crollare come un castello di sabbia il gigante del trasporto pubblico romano, basterebbe che due banche chiedessero un rientro dal fido, cosa che è accaduta a milioni di comuni mortali nel corso dell’ultimo anno, per far saltare i conti e costringere il nuovo manager Maurizio Basile a portare i libri in tribunale. Passeggeri e dipendenti che ancora non hanno ben chiare le dimensioni del disastro, è bene che osservino con attenzione questi numeri, contenuti in una relazione riservatissima che Affaritaliani.it ha ricevuto via mail dagli uffici di via Prenestina. La principale malattia dell’Atac non è l’elevato numero di stipendiati: a fronte di un organico 2009 di 12mila 980 persone, il 2010 si chiuderà con circa 12 mila e 400 stipendi. Il vero problema è che è totalmente sbilanciata nel rapporto tra personale che produce (operai, autisti) e impiegati. A Roma ogni 100 dipendenti, 20 sono colletti bianchi mentre, tanto per fare un esempio, a Milano il rapporto è di 12 impiegati ogni 100 persone. Sei poi si va a leggere il numero dei dirigenti si scopre che ce n’è uno ogni 140 persone. Ecco il “metodo Bertucci”. In poco meno di un anno ha raccolto una tale infornata di gente, alcuni provenienti dalle ex Trambus e Metro e ha ridotto una società che dovrebbe far muovere bus, tram e metropolitane, in un’azienda di colletti bianchi. Avanti c’è posto soprattutto per impiegati e dirigenti, alcuni dei quali con curricula di tutto rispetto: che ci fa all’Atac un esperto di sistemi aerospaziali? Sempre secondo la relazione, il “metodo Bertucci” ha regalato agli assunti a chiamata diretta aumenti medi annuali pari a 2300 euro lorde. Insomma, non solo assunzioni a calci nel sedere ma anche con stipendi più alti di chi già c’era. E mettendo da parte dirigenti e funzionari che già c’erano sino a costruire uno specialissimo cimitero degli elefanti, sottopogati rispetti ai nuovi. Ovvio, seguendo un “preciso metodo£ finalizzato a collocare nei post chiave i raccomandatissimi. E sul doppio regime dei salari nei prossimi giorni salirà la protesta di chi si rifiuterà di accettare la cura lacrime e sangue. Torniamo ai conti economici. La grande abbuffata si è fatta sentire subito. L’effetto del costo del lavoro rapportato alla produzione è devastante: ogni chilometro di strada o ferrovia che un mezzo Made in Atac percorre in città, costa alla collettività qualcosa come 6 euro, mentre il ricavo che viene dai biglietti e dalla vendita di spazi pubblicitari a Roma vale 1,82 euro, a Milano 2,9 e a Bologna 3,5. Insomma Atac guida male, costa tanto e ha una capacità di generare ricavi tra le più basse d’Italia. Non solo. Il parametro che ha fatto sobbalzare i nuovi manager è quello del rapporto tra i costi generali e il numero dei chilometri di servizio: il valore che risulta è di circa 0,7. è come se ogni romano invece di pagare il biglietto 1 euro tondo tondo, desse un contributo pari a 70 centesimi e questo per via della fortissima evasione ed elusione, ben oltre la media nazionale. La cura? La via scelta da Basile è quella draconiana. Si parla di almeno 200 esuberi per i quali si aprirà una trattativa costruita su dimissioni consigliate, esodi incentivati, prepensionamenti e qualche testa tagliata. Tanto i sindacati potranno obiettare poco e nulla. A rileggere nomi e cognomi della parentopoli, anche i loro amici e familiari sono a rischio. I conti di Acea Ato 5 sono in profondo rosso; metà del vecchio management a giudizio per abuso d’ufficio e truffa eppure tutti i dipendenti sono stati invitati ad una riunione conviviale di due giorni. Tutti a Fiuggi dal 17 al 18 dicembre scorso per conoscere quale futuro attende l’azienda. E l’azienda in questione è una delle società del Gruppo Acea, l’Acea Ato5, quella che gestisce il servizio integrato delle acque nella provincia di Frosinone, per un totale di 86 Comune e una popolazione di mezzo milione di abitanti. Ora Acea Ato5 è una controllata di mamma Acea che ha vissuto anni pericolosi, protagonista di bollette pazze e poi di un aumento tariffario definiti dai sindaci ricorrenti come illegittimo e del 5 per cento superiore alla soglia di legalità. E che fanno i nuovi manager? Mandano una lettera ai dipendenti invitandoli ad un outdoor di due giorni nella rinomata Fiuggi, per l’evento “Ato5 verso il futuro”. Firmato Stefano Maggini, ad di Ato 5 spa. È troppo per i sindacati anzi, per l’Ugl Chimici che prende carta e penna e denuncia lo scenario catastrofico che incombe sui conti aziendali, le spese inutili e chiede il commissariamento alla Regione Lazio. Scrivono i sindacalisti: “AceaAto5 ha bisogno di maggiori certezze, ché i soggetti politici e amministrativi locali non hanno saputo dare. Le bagarre politiche celebrate nelle Assemblee dei Sindaci e le procedure “giudiziarie amministrative”, stanno creando troppe incertezze e nervosismi. Il peso multimilionario che si è accumulato nei Bilanci di AceaAto5 dev’essere invece rapidamente risolto, entro la primavera del prossimo anno. Perciò, è giunta l’ora che del problema se ne occupi la Regione Lazio, nominando un “commissario ad acta” con il compito di comporre i “contenziosi in atto” e garantire (anche in funzione delle nuove normative) la gestione del Servizio Idrico Integrato per il futuro”. Ma Ato 5 non è solo una storia di mala gestione del servizio idrico. È un peso che grava su Acea Spa poiché se alle perdite in bilancio si dovesse sommare il contenzioso con i Comuni ciociari per gli aumenti, piazzale Ostiense si ritroverebbe nel bilancio consolidato una voragine da 40 milioni di euro, tanto è il danno che la società ha calcolato dal mancato aumento tariffario per il quale ha fatto ricorso. Contro un solo Comune, quello dio San Donato Valcomino, il cui sindaco quando si è visto recapitare la citazione per un risarcimento pari a 40 milioni di euro, si è messo a ridere. Praticamente se fosse condannato dovrebbe vendere all’asta tutto il paese.De Affaritaliani-Fabio Carosi |
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