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Io so. Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato golpe (e che in realtà è una serie di golpes istituitasi a sistema di protezione del potere). Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969. Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974. (Stesura, in «cursus» di linguaggio «gergale» corrente, dell'antefatto: Fiumicino, il vecchio castello e una prima idea vera della morte).
Come in un film di Godard: solo in una macchina che corre per le autostrade del Neo-capitalismo latino - di ritorno dall'aeroporto - (là è rimasto Moravia, puro fra le sue valigie) solo, «pilotando la sua Alfa Romeo» in un sole irriferibile in rime non elegiache, perché celestiale - il più bel sole dell'anno - come in un film di Godard: sotto quel sole che si svenava immobile unico, il canale del porto di Fiumicino - una barca a motore che rientrava inosservata - i marinai napoletani coperti di cenci di lana - un incidente stradale, con poca folla intorno ... - come in un film di Godard - riscoperta del romanticismo in sede di neocapitalistico cinismo, e crudeltà - al volante per la strada di Fiumicino, ed ecco il castello (che dolce mistero, per lo sceneggiatore francese, nel turbato sole senza fine, secolare, questo bestione papalino, coi suoi merli, sulle siepi e i filari della brutta campagna dei contadini servi)... - sono come un gatto bruciato vivo, pestato dal copertone di un autotreno, impiccato da ragazzi a un fico, ma ancora almeno con sei delle sue sette vite, come un serpe ridotto a poltiglia di sangue un'anguilla mezza mangiata - le guance cave sotto gli occhi abbattuti, i capelli orrendamente diradati sul cranio le braccia dimagrite come quelle di un bambino - un gatto che non crepa, Belmondo che al «volante della sua Alfa Romeo» nella logica del montaggio narcisistico si stacca dal tempo, e v'inserisce Se stesso: in immagini che nulla hanno a che fare con la noia delle ore in fila ... col lento risplendere a morte del pomeriggio ... La morte non è nel non poter comunicare ma nel non poter più essere compresi. E questo bestione papalino, non privo di grazia - il ricordo delle rustiche concessioni padronali, innocenti, in fondo, com'erano innocenti le rassegnazioni dei servi - nel sole che fu, nei secoli, per migliaia di meriggi, qui, il solo ospite, questo bestione papalino, merlato accucciato tra pioppeti di maremma, campi di cocomeri, argini, questo bestione papalino blindato da contrafforti del dolce color arancio di Roma, screpolati come costruzioni di etruschi o romani, sta per non poter più essere compreso. |
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