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SENTENZA
La CORTE DEI CONTI
nel giudizio di responsabilità, iscritto al n. 26009 del registro di Segreteria, promosso dal Procuratore Regionale nei confronti dei sigg.ri:NILO Luigi,LIBERATORE Armando,DE PASCALE Antonio |
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REPUBBLICA ITALIANA sent. 885/06
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
style="FONT-FAMILY: ’Times New Roman’,’serif’; FONT-SIZE: 12pt; mso-fareast-font-family: ’Times New Roman’; mso-fareast-language: IT">La CORTE DEI CONTI
Sezione giurisdizionale per la Regione Puglia
composta dai Magistrati :
SANTORO dott. Pelino Presidente
RAELI dott. Vittorio Consigliere
MARTINA dott. Antongiulio I° Referendario - relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di responsabilità, iscritto al n. 26009 del registro di Segreteria, promosso dal Procuratore Regionale nei confronti dei sigg.ri:
1) NILO Luigi, nato a Taranto il 13.03.1953 ed ivi residente al v.le Virgilio n°59;
2) LIBERATORE Armando, nato a Torremaggiore il 27.10.1950 e residente in S. Giovanni Rotondo (FG) alla via Santa Barbara n°1;
class=MsoNormal>3) DE PASCALE Antonio, nato a Foggia il 13.02.1952 ed ivi residente alla via Taranto n°82;
rappresentati e difesi, in virtù di procura a margine dell’atto di costituzione in giudizio, dall’avv. Enrico Follieri ed elettivamente domiciliati in Bari alla via P. Fiore n°14, presso l’avv. Fabrizio Lofoco.
Visto l’atto di citazione depositato in Segreteria il 04.10.2005;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dei convenuti depositato in segreteria il 02.03.2006;
class=MsoNormal>Esaminati gli atti ed i documenti tutti di causa.
Uditi nella pubblica udienza del giorno 23 marzo 2006 - con l’assistenza del Segretario dott. Salvatore Sabato - il relatore, I° Referendario dott. Antongiulio Martina, l’avv. Enrico Follieri, per i convenuti NILO Luigi, LIBERATORE Armando e DE PASCALE Antonio, ed il Pubblico Ministero nella persona del S.P.G., dott. Carlo Picuno.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione, depositato in segreteria in data 04.10.2005, la Procura regionale ha convenuto, innanzi a questa Sezione giurisdizionale, i sigg.ri NILO Luigi, LIBERATORE Armando e DE PASCALE Antonio, per sentirli condannare al pagamento, in favore dell’erario, della somma di €.800.000,00 oltre rivalutazione, interessi e spese di giudizio.
Con il libello introduttivo, la Procura Regionale, premesso che, con un esposto del 26.02.2002, “veniva informata di un’ipotesi di danno erariale a carico delle finanze della A.U.S.L. FG/1 riveniente dall’affidamento del servizio di stoccaggio e gestione dinamica dell’archivio amministrativo e clinico della predetta A.U.S.L. in favore della S.r.l. PRODEO di Risceglie”, ha allegato che, dalle indagini in seguito esperite, per il tramite della G.d.F. è emerso che:
- “l’A.U.S.L. FG/1 con deliberazione n°3504 del 21.12.1998 aveva indetto una gara pubblica - a procedura aperta ai sensi e per gli effetti dell’art. 23, comma 2, lett. b) del D.Lgs. 157/1995 - per l’affidamento del servizio di stoccaggio e gestione dinamica dei documenti che costituivano gli archivi amministrativi e sanitari della surriferita A.U.S.L., anche al fine di ottemperare agli adempimenti dettati, in merito, dalla Sopraintendenza Archivistica per la Puglia”;
style="FONT-FAMILY: ’Times New Roman’,’serif’; FONT-SIZE: 12pt; mso-fareast-font-family: ’Times New Roman’; mso-fareast-language: IT">- che, “successivamente, con note del 30.12.1998, l’A.U.S.L. FG/1 trasmetteva all’Assessorato Regionale alla Sanità - Unità Operativa Controllo Atti la detta deliberazione n°3504/1998 per le valutazioni di competenza, ai sensi dell’art. 20, comma 8, della L.R. 16 del 05.06.1997 mentre con delibera n°466 /DG dell’11.02.1999 si procedeva alla nomina della commissione esaminatrice delle offerte prevenute”;
- che “l’Unità Operativa Controllo Atti della Regione Puglia, con nota 24/157/U.O.C. del 22.02.1999, comunicava la mancata approvazione della delibera n°3504/1998 per le seguenti motivazioni:
- mancanza di seri e concreti motivi giustificativi e di economicità;
- chiusura, da parte dell’A.U.S.L. FG/1 dell’esercizio 1997 con un disavanzo di circa 47 miliardi e presentazione del bilancio economico preventivo del 1999 con una presunta perdita di esercizio di oltre 35 miliardi;
- mancata indicazione della copertura della spesa con conseguente violazione dell’obbligo di copertura;
- mancato invio della relazione del Collegio dei revisori”;.
- che, “nonostante tale censura da parte della Regione Puglia, con successiva deliberazione n°985/DG del 22.03.1999, l’A.U.S.L. FG/1 riproponeva la decisione già assunta nella precedente delibera n°3504/98, indicendo nuovamente la gara in argomento alle medesime condizioni deliberate con tale ultimo provvedimento, altrettanto respinto dall’U.O. Controllo Atti della Regione Puglia con altro atto deliberativo n°675 del 01.06.1999, in cui nel ribadirne la non approvazione, si evidenziavano insieme alla sostanziale riproposizione di atto già annullato dalla Giunta Regionale, anche le ulteriori perplessità manifestate dal Collegio dei Revisori sul connesso procedimento amministrativo posto in essere per l’affidamento di tale servizio”;
- che, “il Direttore generale della A.U.S.L. FG/1, preso atto del nuovo annullamento disposto dalla Giunta Regionale, con nota n°7748 del 09.11.1999, indirizzata al dirigente Area Gestione del Patrimonio, invitava il medesimo a notificare il provvedimento di annullamento alle ditte partecipanti alla gara, unitamente alla documentazione prodotta per la partecipazione alla stessa”;
- che, peraltro, “alcuni giorni prima di tali adempimenti, la S.r.l. PRODEO, con nota n°593/99 del 29.10.1999, avente per oggetto <>, aveva nel frattempo inviato al Direttore Generale della medesima A.U.S.L. un dettagliato progetto per la sistemazione degli archivi amministrativi e sanitari evidenziando, fra l’altro, un vasta e consolidata esperienza nello specifico settore a livello regionale”;
- che, “sulla scorta di tale offerta, con delibera m°215 /DG del 25.01.2000, avente ad oggetto <>, il Direttore generale dell’A.U.S.L. FG/1, con un procedimento di affidamento diretto” - che il Requirente contabile ritiene “del tutto illegittimo” - decideva
- di “affidare alla ditta PRODEO S.r.l. di Bisceglie <<….il riordino, la gestione e la conservazione degli archivi amministrativi e sanitari dell’Azienda U.S.L. FG/1, come da progetto inviato dalla stessa ditta, agli atti del competente Ufficio AA.GG. dell’Azienda, in via sperimentale”;
- di “fissare il periodo temporale dell’affidamento del servizio alla Ditta PRODEO come indicato nel suddetto progetto, dalla data di effettivo inizio delle attività per 12 mesi dalla stessa data;
- di determinare, come da offerta della stessa ditta, in £.79.355.898, IVA compresa al 20% , il costo mensile di tale affidamento;
- di disporre che, nelle more, vengano predisposti gli atti di gara in ossequio alle indicazioni regionali, da parte dell’area gestione tecnica”;
- che, “successivamente, con delibera n°1685/DG del 09.07.2001, l’A.U.S.L. FG/1 disponeva la proroga del contratto in essere con la PRODEO per un periodo di sei mesi impegnando, come da offerta, la spesa mensile di £.99.344.826 al netto di IVA, per un totale, nel periodo considerato, di £.715.282.747, IVA compresa” e che tale delibera, contrariamente a quanto avvenuto per la precedente m°215/2000, veniva trasmessa, con nota n°10561 dell’11.07.2001, al fine di essere sottoposta all’ autorizzazione preventiva prevista dalla L.R. n°28/2000, all’Assessorato Regionale alla Sanità, il quale, con nota n°24/18344/6 del 14.09.2001 “evidenziava preliminarmente l’ assorbente rilievo della tardività della richiesta di autorizzazione, con conseguente inutilità di alcuna attività istruttoria in tal senso, atteso che la scadenza del primo periodo contrattuale era avvenuta il 30.06.2001 e che la proroga era stata deliberata in data 09.07.2001” e, per altro verso, rimarcava la necessità che il servizio in parola fosse “gestito direttamente dall’Azienda attivando ogni utile iniziativa per assicurare l’archiviazione dei documenti secondo le norme vigenti”;
- che, “nonostante tali motivi ostativi, l’A.U.S.L. FG/1 dava corso alla proroga del servizio in parola, che veniva definitivamente concluso in data 31.12.2001” ;
- che, a seguito di interrogazione urgente avanzata da alcuni consiglieri regionali nei confronti degli Assessori Regionali al Bilancio ed alla Sanità, “l’Assessore Regionale al bilancio disponeva un’indagine amministrativa, per accertare eventuali illegittimità nella vicenda”, a mezzo dell’ARES che rassegnava le relative conclusioni con nota prot. n°1651 del 07.04.2003.
Secondo l’attore pubblico dall’affidamento alla Ditta PRODEO del servizio di stoccaggio e gestione dinamica dell’archivio amministrativo e sanitario, la A.U.S.L. FG/1 avrebbe subito un danno erariale del quale devono essere chiamati a rispondere i sigg.ri NILO Luigi, LIBERATORE Armando e DE PASCALE Antonio, nella rispettiva qualità di Direttore generale (il NILO), di Direttore Amministrativo (il LIBERATORE) e di Direttore Sanitario (il DE PASCALE) della A.U.S.L. FG/1 che concorsero ad adottare le succitate delibere nn°215/2000 e 1685/2001.
Ai predetti, la Procura regionale ha provveduto a far notificare, in data 15 - 23.03.20065, l’invito a dedurre di cui all’art. 5, primo comma, D.L. 4543/1993 conv. in L. 19/1994.
style="TEXT-ALIGN: justify; LINE-HEIGHT: 28pt; MARGIN: 0cm 0cm 0pt; tab-stops: 85.1pt 524.5pt; mso-pagination: none; mso-layout-grid-align: none" class=MsoNormal>Le deduzioni presentate, a seguito della suddetta informativa ante causam, da parte dei (soli) sigg.ri NILO e LIBERATORE, sia per iscritto che nel corso delle rispettive audizioni personali, avute luogo in data 20.07.2005, non sarebbero state tuttavia idonee, secondo l’organo requirente, a superare i motivi degli addebiti.
Tanto premesso in punto di fatto, la Procura Regionale, richiamato il disposto di cui all’art. 20, commi 9 e 10, della L.R. 22.12.2000 n°28 e di cui all’art. 20, ottavo comma, della precedente L.R. 16/1997, ed evidenziato che “le norme in questione che si innestavano in un più generale quadro di contenimento della spesa (ed in particolare di quella sanitaria) della Regione Puglia avevano ed hanno lo scopo chiarissimo di sottoporre al preventivo vaglio dell’Assessorato alla Sanità qualsiasi ipotesi di acquisizione di beni durevoli, servizi, e prestazioni da parte delle varie AA.UU.SS.LL. presenti nel territorio regionale”, per cui si tratterebbe di “norme, quindi, di assoluto carattere imperativo non derogabile”, ha allegato che “l’A.U.S.L. FG/1, in ossequio al disposto normativo ora richiamato, aveva correttamente inviato, per la prevista autorizzazione, sia la delibera n°3504 del 21.12.1998 sia la successiva n°985 del 22.03.1999 alla Giunta Regionale che, con delibere nn°84 del 16.12.1999 e 675 del 04.06.1999, aveva provveduto alla loro non approvazione, con conseguente interruzione della procedura volta all’affidamento del servizio di stoccaggio ed archiviazione della documentazione amministrativa e tecnica della medesima A.U.S.L., osservando, inoltre, come “pregnanti, per i fini che qui interessano, sono le motivazioni alla base dei provvedimenti regionali di non approvazione “essendosi rilevato, da parte della Giunta Regionale, con delibera n°84/1999, che la carenza di personale evidenziata dalla A.U.S.L. FG/1 (generica e non dimostrata) non poteva ritenersi motivo necessario e sufficiente a giustificare l’esternalizzazione del servizio in particolare rilevandosi in proposito che <<…..ai sensi dell’art. 30 L.R. 36/1994 il Direttore Generale deve individuare le strutture operative e definire le piante organiche dell’Azienda previa verifica dei carichi di lavoro e che, pertanto, l’affidamento del servizio ad organizzazione esterna non si giustifica con la carenza di personale delle UU.SS.LL., ormai sciolte…..>> e che, inoltre, il provvedimento della A.U.S.L. FG/1 non dava alcuna dimostrazione dell’economicità del ricorso all’affidamento esterno alla luce, soprattutto della grave situazione finanziaria dell’Azienda, la quale <<…..ha chiuso l’esercizio 1997 con un disavanzo di circa 47 miliardi ed ha presentato un bilancio economico preventivo 1999 con una presunta perdita di esercizio di oltre 35 miliardi>>, e che, da ultimo, la Giunta Regionale rilevava la mancata copertura delle spesa in questione, con palese violazione dell’art. 81 Cost., e che le stesse motivazioni venivano ribadite in sede di non approvazione della successiva delibera n°985/1999 dell’A.U.S.L. FG/1 disposta con il surriferito provvedimento n°675/1999 della Giunta regionale che portava alla definitiva interruzione del procedimento concorsuale di affidamento del servizio in parola.
Lamenta l’organo requirente che “ciò nondimeno gli odierni convenendi, in dispregio della disposizione normativa di cui alla L.R. 16/1997, adottavano la delibera n°215/2000, senza che tale provvedimento fosse inviato per la preventiva autorizzazione della Giunta regionale”, nonostante non fosse “sconosciuta la vicenda relativa alla mancata approvazione delle precedenti delibere dell’A.U.S.L. FG/1 relative all’ affidamento del servizio di stoccaggio e gestione dinamica dei documenti cartacei e delle cartelle cliniche, atteso che nelle premesse della delibera n°215/20900 veniva dato ampiamente atto di tale circostanza” e che “peraltro, in occasione del rinnovo contrattuale alla PRODEO, deliberato con il provvedimento n°1685/2001, i convenuti ottemperavano ai precetti della L.R. 28/2000 (all’epoca vigente), ma inviavano detto atto deliberativo dopo che il periodo di proroga era stato già avviato da diversi (sette) mesi”, evidenziando che “un simile e complessivo comportamento (in uno a vari profili di illegittimità che connotano l’iter procedimentale volto all’ affidamento in parola) porta a ritenere fondatamente che le condotte serbate dai convenuti”, nella vicenda in esame “siano caratterizzate dalla sciente volontà di procedere comunque all’esternalizzazione del servizio in argomento” in quanto pur “avendo ben presente le ragioni del reciso diniego espresso dalla Giunta Regionale, difficilmente superabili con argomentazioni generiche e non suffragate da elementi di novità rispetto alle precedenti delibere”, i citati dirigenti dell’A.U.S.L. FG1 avrebbero - sempre secondo l’attore pubblico - “volutamente omesso la trasmissione della delibera n°215/2000 con la quale si procedeva ad un illegittimo affidamento diretto alla PRODEO del servizio di archiviazione” e tale argomentazione si dimostrerebbe vieppiù fondata “ se sol si consideri che conseguentemente alla trasmissione (tardiva) del successivo provvedimento di proroga (delibera n°1685/2001) l’Assessorato Regionale alla Sanità, con nota n°24/18344/6 del 14.09.2001, evidenziava che <<….ha esaminato la richiesta ed ha rilevato che l’affidamento del servizio, in via sperimentale, con la Ditta PRODEO ha scadenza 30.06.2001 e che la proroga è stata deliberata in data 09.07.2001 in vigenza della L.R. 22.12.2000 n°28 mentre l’autorizzazione andava richiesta per tempo prima della scadenza, ovvero in tempo utile per acquisire l’eventuale prescritta autorizzazione.Per quanto rilevato, il gruppo di lavoro ritiene di non dover esprimere, in riguardo, adempimenti ai sensi della L.R. 28/2000, ma che il servizio in parola debba essere gestito direttamente dall’Azienda, attivando ogni utile iniziativa per assicurare l’archiviazione dei documenti secondo le norme vigenti>>” ribadendo, pertanto, “la propria posizione di chiusura in ordine all’affidamento del servizio in parola” , per cui sarebbe “di tutta evidenza che i convenuti avevano ben presenti le difficoltà, se non l’impossibilità, di ottenere l’autorizzazione regionale ad espletare la gara per espletare il servizio di archiviazione” e coscienti di ciò, ed avendo comunque in animo di procedere a tale affidamento, tali Dirigenti avrebbero “dolosamente violato la norma di cui all’art. 20, comma 8, della L.R. 16/1997 (per quanto concerne la delibera n°215/2000) nonché l’art. 20, commi 9 e 10, della L.R. 28/2000 (relativamente all’adozione della delibera n°1685/2001) non ottemperando ai cogenti precetti dalle stesse portati”, rilevando, inoltre, che il Ministero per i beni e le attività culturali - Soprintendenza Archivistica per la Puglia, con nota del 02.08.2004 indirizzata alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Foggia, premesso di essere venuta a conoscenza, per il tramite della G. d. F., della procedura messa in atto per l’affidamento ad altra persona giuridica degli archivi amministrativi e sanitari dell’Azienda stessa, e che all’epoca dei fatti contestati nella suddetta relazione era vigente il D.Lgs. 490/1999 (testo unico per i beni culturali) che, al co. 4 dell’art. 21, prescriveva l’obbligo per gli enti pubblici di chiedere l’autorizzazione al trasferimento a soggetti diversi dal proprietario, possessore o detentore di complessi organici di documentazione ed archivi, ha rappresentato che tale autorizzazione non era stata mai richiesta dalla Azienda U.S.L. FG/1.
Secondo l’organo requirente, anche alla luce di tale ulteriore elemento, non potrebbe revocarsi in dubbio che “la condotta degli odierni convenuti si è connotata di sicuri profili di illiceità, tutti conducenti nel senso di arrecare un danno rilevante all’A.U.S.L. FG/1” .
In proposito, premesso che “di fronte al giudice contabile gli atti e i provvedimenti amministrativi assumono rilevanza in quanto fatti produttivi di danno erariale”, che “il giudice contabile è giudice dell’illiceità dei comportamento e non giudice degli atti” e che “nondimeno nel caso presente, similmente come avviene in ogni altro caso in cui l’attività amministrativa si sia principalmente, se non esclusivamente, estrinsecata mediante atti e provvedimenti, il giudizio di illegittimità dell’atto si riflette immediatamente su quello di illiceità della condotta”, il Requirente contabile ha dedotto che “l’evidente volontà degli Amministratori di voler comunque perseverare nell’affidamento alla PRODEO del servizio che ne occupa, in difetto della necessaria ed indefettibile autorizzazione regionale” connoterebbe “il comportamento degli stessi dei tratti tipici del dolo” , inteso “come cosciente violazione dei doveri connessi al munus publicum esercitato”, quali il rispetto di norme imperative e dei connessi e sottesi principi destinati a garantire la trasparenza ed imparzialità dell’azione amministrativa, così come dei doveri di gestione economica ed efficiente dell’ente senza spreco di risorse”, per cui - a detta dell’organo requirente - i convenuti, a mente dell’art. 1, comma 1 - quinquies, L. 20/1994, dovrebbero “essere condannati a rispondere in solido fra loro del danno prodotto mediante l’adozione delle delibere che hanno concorso ad adottare, salvo che il Collegio, ritenendo di poter accedere direttamente alla determinazione della responsabilità sul lato <> del rapporto obbligatorio solidale” voglia “comunque individuare, a mente dell’art. 1218 c.c.” - rectius: dell’art. 1298 cod.civ. - “la parte di ciascuno, contenendo la condanna sino alla concorrenza delle rispettive quote, e valutando, per ciascuno, l’interesse e la parte presa, anche in applicazione del principio dettato dall’art. 97 c.p.c.”, ovvero, in via di espresso subordine, “qualora per tutti o per alcuno degli odierni convenuti non fosse riconosciuto dal Collegio la sussistenza del dolo” , il P.M. contabile ha chiesto che in capo ai medesimi venga riconosciuta “la sussistenza della colpa grave e segnatamente per non aver minimamente curato ed accertato l’effettiva sussistenza delle condizioni legittimanti il conferimento alla PRODEO del servizio in argomento”.
In ordine alla riferibilità eziologica del danno questa - secondo la prospettazione accusatoria - deve “essere ricondotta all’uguale comportamento serbato dai convenuti nella vicenda in esame, ossia nella misura in cui essi, nella rispettiva qualità di Direttore Generale (NILO), Direttore Sanitario (DE PASCALE) e Direttore Amministrativo (LIBERATORE) dell’A.U.S.L. FG/1, ritennero di adottare, nonostante siffatti espliciti divieti e consequenziali preclusioni, le delibere n°215/2000 e n°1685/2001 con le quali venne affidato e poi prorogato alla PRODEO il servizio di archiviazione e gestione della documentazione amministrativa e sanitaria”.
In ordine alla sussistenza del danno erariale, il Requirente contabile, premesso che “la Giunta Regionale, già in occasione della mancata approvazione delle delibere n°3504/1998 e 985/1999, aveva sottolineato l’assenza di elementi idonei a giustificare l’affidamento all’esterno del servizio che ne occupa, evidenziando, per contro, una grave situazione di deficit finanziario della A.U.S.L. FG/1 che sconsigliava ulteriori ed ingiustificati procedimenti di spesa, nei confronti dei quali, peraltro, non si era provveduto ad indicare la relativa copertura”, e che questo indirizzo “è stato sostanzialmente riconfermato in occasione della sottoposizione a controllo della delibera n°1685/2001 con cui si prorogava l’affidamento alla PRODEO del servizio in argomento e che, stante l’innovato quadro normativo di riferimento, sicuramente sarebbe stato espresso anche con riferimento alla precedente delibera n°215/2000, se l’A.U.S.L. FG/1 l’avesse però sottoposta al medesimo controllo”, ha dedotto che dall’atteggiamento tenuto dagli organi regionali si desumerebbe “l’assoluta chiusura verso l’esternalizzazione del servizio di stoccaggio e gestione degli archivi della A.U.S.L. FG/1, basato sulla necessità di un contenimento della spesa sanitaria, in vista dell’auspicato risanamento del bilancio regionale” e che “la ratio delle norme contenute nell’art. 20, ottavo comma, L.R. 16/1997 nonché nell’art. 20 L.R. 28/2000 (così come di altre norme dello stesso tenore) era quello di porre un freno, attraverso lo strumento dell’ autorizzazione preventiva, ad analoghi fenomeni gestori delle varie AA.UU.SS.- LL. regionali che in passato si erano giustappunto caratterizzate per riscontrati sprechi delle risorse pubbliche enormi ed ingiustificati” per cui “la mancata approvazione rendeva, tout court, privi di qualsiasi legittimazione e giustificazione, e perciò illeciti, gli eventuali procedimenti di spesa comunque disposti per effetto delle delibere non approvate”, e che ”pertanto, nel caso di specie, essendo state le delibere n°215/2000 e n°1685/2001 adottate, rispettivamente, in difetto e in contrasto, con la preventiva autorizzazione dell’Assessorato Regionale alla Sanità, la relativa spesa assume i caratteri del danno erariale sub specie di costi ingiustificati”.
L’organo requirente, premesso che “nella iniziale prospettazione accusatoria siccome contestata nell’invito a dedurre”, aveva determinato il danno erariale nella misura corrispondente alle somme complessivamente riconosciute alla PRODEO per tutto il periodo contrattuale stabilito dalle delibere surriferite, sulla base della considerazione che “l’attività contra legem posta in essere dagli odierni convenuti, la duplicazione delle competenze e dei costi mediante il conferimento all’esterno di un servizio che si sarebbe ben potuto espletare all’interno” avrebbe impedito che “si potesse valutare derivata una qualche utilità per l’A.U.S.L. FG/1 dal ricorso alle prestazioni della PRODEO con conseguente contestazione ai convenuti dell’intera somma corrisposta a tale ditta”, ha ritenuto ”alla luce delle deduzioni presentate a seguito dell’invito ante causam nonché di un supplemento istruttorio” di dover rideterminare il danno in un diverso e minore importo.
In proposito, premesso che nei rispettivi scritti difensivi l’avv. NILO ed il dott. LIBERATORE hanno sostenuto che il ricorso all’esternalizzazione del servizio di stoccaggio e gestione dinamica dell’archivio amministrativo e clinico si sarebbe reso necessario all’esito di una visita ispettiva della Soprintendenza archivistica per la Puglia, la quale aveva evidenziato l’assoluta inadeguatezza dei vari locali per l’archiviazione della documentazione sanitaria, e che, alla luce delle suddette argomentazioni difensive era stato disposta l’audizione di un funzionario dell’A.U.S.L. FG/1, individuato nella persona del dott. Giuseppe RUSSI , Direttore sanitario del P.O. di San Severo nel periodo dal 07.07.2002 al 15.01.2005, il quale ha riferito che, nel periodo antecedente all’affidamento alla PRODEO il servizio di archiviazione era svolto da personale dipendente ed in particolare, presso l’Ospedale di San Severo da un’infermiera coadiuvata da un dipendente della Ditta Fiorita (impresa, quest’ultima, che svolge servizi di ausiliariato presso la A.U.S.L. FG/1) e da un ex vigilatrice d’infanzia non più addetta alle ordinarie mansioni per ragioni di salute e che, “in linea di massima, situazioni analoghe erano riscontrabili anche per gli altri presidi ospedalieri della ridetta A.U.S.L. FG/1” ed evidenziato, inoltre, che “elemento di particolare rilevanza è rappresentato dalla circostanza che, dopo la cessazione del servizio da parte della PRODEO, l’ archivio della intera A.U.S.L. FG/1 è stato sistemato presso un capannone annesso al Presidio Ospedaliero di Torremaggiore, dove sono impiegati circa cinque dipendenti della Fiorita e che “dal 2003, per effetto della Delibera n°855 del 23.05.2003, si è affidato alla Ditta Progetto Cultura S.r.l., per anni uno, il servizio di gestione e sistemazione delle cartelle cliniche e preparazione del personale alla gestione degli archivi generali dell’Azienda per un corrispettivo onnicomprensivo mensile di €.3.875,00 oltre IVA”, ha dedotto che “un’idonea soluzione della vicenda sarebbe stata quella di procedere al reperimento di un locale idoneo alla sistemazione in sicurezza dell’archivio dell’A.U.S.L. FG /1.Cosa che poi è stata fatta, atteso che alla cessazione della PRODEO si è proceduto all’utilizzazione del capannone nei pressi del presidio di Torremaggiore ed all’impiego di personale interno”, con una soluzione che si sarebbe “rilevata assolutamente soddisfacente, atteso che, all’attualità, il servizio di archiviazione viene svolto secondo le modalità appena evidenziate e senza problemi di sorta nel suo regolare svolgimento”, per cui, “ai fini dell’esatta quantificazione del danno erariale, dalla somma di €.1.252.529,00 inizialmente contestata, dovrà essere sottratto l’importo necessario al pagamento del canone d’affitto del capannone nel periodo considerato, nonché il costo del personale utilizzato”.
L’organo requirente, premesso che “al riguardo, appare utile adoperare proprio quella relazione sul <> redatta ai fini della adozione della delibera n°215/2000” che “indicava in £.254.000.000 annue il costo per il fitto del locale idoneo alla sistemazione dell’archivio” mentre “per quanto attiene il costo del personale”, rilevato “che il numero degli operatori attualmente utilizzati ammonta a cinque unità e che la relazione prevedeva un costo annuo, riferito a n°5 commessi, di £.210.000.000” e ritenuto, inoltre, si possa “ritenere sufficientemente congruo tale importo”, per cui, “tenuto conto che il servizio ha avuto la durata di un anno e mezzo, si può ritenere che il costo per il fitto del capannone ammonti a complessive £.381.000.000, mentre il costo del personale, sempre per lo stesso periodo, ammonti a £.315.000.000, per un totale complessivo di €.359.454,00 (pari a £.696.000.000)” e ritenuto, inoltre, che “volendo ritenere comunque derivato un qualche vantaggio alla A.U.S.L. FG/1 per l’attività svolta dalla PRODEO“, lo stesso possa essere determinato, in via equitativa, ai sensi dell’art. 1226 c.c. (e salvo diverso avviso della Sezione) in €.93.000,00, ha dedotto che “la rimanente somma di €.800.000,00 debitamente rivalutata ed aumentata degli interessi e delle spese di giudizio dovrà essere addebitata, in via solidale, ai convenuti nella ridetta qualità, all’epoca dei fatti, di Direttore generale (NILO), Direttore Sanitario (DE PASCALE) e Direttore amministrativo (LIBERATORE) della A.U.S.L. FG /1 che adottarono le delibere n°215/2000 e 1865/2001”, fra i quali, per l’ipotesi che non si ritenesse di aderire alla tesi della sussistenza, nella fattispecie dannosa all’esame, dell’elemento psicologico del dolo, il danno erariale contestato dovrebbe ripartirsi in parti uguali, valutandosi paritario l’apporto causale delle rispettive condotte dei convenuti, aggiungendo rivalutazione, interessi e spese di giudizio.
Con memoria del 24.02.2006, depositata in Segreteria il 02.03.2006, si sono costituiti i sigg.ri NILO Luigi, LIBERATORE Armando e DE PASCALE Antonio, a mezzo dell’avv. Enrico Follieri.
Con la suddetta memoria, i convenuti hanno preliminarmente eccepito la prescrizione parziale del diritto al risarcimento del danno.
In proposito, premesso che la giurisprudenza della Corte dei Conti, rispetto ad un orientamento iniziale secondo cui la prescrizione decorreva, comunque, dall’effettivo pagamento, si va aprendo verso una concezione che tiene conto, come dispone la norma, della data in cui si è verificato il “fatto dannoso” che, secondo l’assunto difensivo, coinciderebbe con “la fattispecie causativa del danno e non con l’erogazione effettiva della spesa”, atteso che “i tempi dei pagamenti prescindono dall’illiceità della condotta e dalla illegittimità degli atti amministrativi, rappresentando solo una mera esecuzione della fattispecie di danno erariale e scontando i tempi più diversi che dipendono da vari fattori organizzativi, di efficacia e di buon andamento etc.”, ed invocata, all’uopo, la sentenza n°402/05 (rectius: n°482/05) del 10.02 - 14.07.2005 di questa Sezione giurisdizionale regionale (prodotta, per estratto, in uno alla suddetta memoria), la difesa dei convenuti ha allegato, con riferimento al caso di specie, che la pretesa di danno conseguente alla delibera n°215 del 25.01.2001 si sarebbe “prescritta, siccome la Procura regionale, informata dei fatti, con esposto del 26.02.2002 ha adottato l’invito a dedurre il 10.03.2005 ed è stato notificato successivamente”, per cui si sarebbe “prescritta la pretesa riguardante le somme in danaro versate per l’affidamento del servizio per 12 mesi, oggetto della delibera n°215 del 25.01.2000”.
Nel merito, premesso che “punto centrale delle contestazioni ai convenuti” sarebbe l’omessa o ritardata sottoposizione al controllo regionale, rispettivamente, della delibera n°215/2000 e della delibera n°1685/2001, la difesa dei convenuti ha dedotto che “la delibera n°215/2000 è stata adottata il 25.01.2000 prima della L.R.P. n°28 del 22.12.2000” per cui non si potrebbe “pensare di far discendere da una legge successiva la responsabilità addirittura di carattere doloso dei convenuti”, mentre, d’altro canto, la delibera di proroga n°1685/2001 in base alla L.R.P. 28/2000, non avrebbe dovuto essere inviata alla Regione per l’autorizzazione”. In proposito, il procuratore dei convenuti, premesso che “alla data del 25.01.2000, quando è stata adottata la delibera n°215, vigeva la L.R. 16/1997 che, con l’art. 20, indicava gli atti soggetti al controllo della Giunta Regionale” ed evidenziato che, con nota del 09.12.1998 prot. n°24/190 UOC, l’Assessorato alla Sanità precisava la tipologia degli atti soggetti a controllo, ha dedotto che “in base alla L.R. ed alle indicazioni dell’Assessorato alla Sanità, innanzi riportate, la delibera n°215/2000 non doveva essere sottoposta al controllo, trattandosi di affidamento temporaneo per mesi 12 e non pluriennale” e che “nemmeno andava sottoposta all’ autorizzazione stabilita dai commi 9 e 10 dell’art. 20 L.R. 28 del 22.12.2000 la proroga del servizio intervenuta con la delibera n°1685 del 09.07.2001” in quanto “il 9° comma riguarda solo i beni o servizi durevoli (e qui, invece, si è trattato di una proroga sino al 31.12.2001, siccome non erano ancora disponibili i locali del nuovo ospedale) ed i nuovi acquisti ed affidamenti, non quelli in essere, tant’è vero che il 10° comma, a proposito degli impegni già assunti verso l’esterno, fa riferimento alle consulenze tecniche, sanitarie ed amministrative e non all’appalto di servizi”, per cui non si potrebbe “affermare, allora, che vi sia stata una dolosa sottrazione degli atti contestati alla Regione cui non vanno sottoposti”.
Ha evidenziato, inoltre, la difesa dei convenuti che “allorché il gruppo di lavoro rilevava l’opportunità che cessasse l’esternalizzazione del servizio, il Direttore Generale, con nota del 02.10.2001, disponeva perché si avviasse il procedimento per dare esecuzione alla nota dell’Assessorato alla Sanità del 14.09.2001 prot. n°24/18344/6 e quindi: a) il Direttore amministrativo, con nota del 09.10.2001, prot. n°14961 invitava il responsabile del procedimento “ad attivare con urgenza tutte le iniziative necessarie affinchè l’Azienda possa direttamente gestirne il servizio, individuando nell’ambito del patrimonio immobiliare dell’Azienda, idonei locali per assicurare l’archiviazione dei documenti amministrativi e sanitari nel rispetto delle normative vigenti; b) con nota del 16.10.2001, prot. n°343, veniva richiesto al progettista del nuovo ospedale la indicazione di idoneo locale per assicurare, nel rispetto delle vigenti normative, la gestione del servizio delle attività di conservazione, ordinamento ed inventariazione degli archivi storici e correnti in ossequio a quanto previsto dagli artt. 30 - 35 del D.P.R. 1409/1963; c) con nota del 24.10.2001 la direzione dei lavori indicava i locali; d) quindi, data la complessità del trasferimento della documentazione cartacea amministrativa e sanitaria, con nota del 16.10.2001 prot. n°342, si notificava alla ditta aggiudicataria di cessare dal servizio con decorrenza 31.12.2001 e di prendere contatto con l’area gestione tecnica per concordare i termini e le modalità di trasferimento” e tanto a dimostrazione che vi sarebbe “stata un’attività attenta alle esigenze dell’interesse pubblico, nel rispetto delle indicazioni regionali”.
style="TEXT-ALIGN: justify; LINE-HEIGHT: 28pt; MARGIN: 0cm 0cm 0pt; tab-stops: 42.55pt 85.1pt 524.5pt; mso-pagination: none; mso-layout-grid-align: none" class=MsoNormal>Il procuratore dei convenuti ha dedotto che il gruppo di lavoro, con la nota prot. n°24/18344/6, si sarebbe limitato a suggerire che “il servizio in parola debba essere gestito direttamente dall’Azienda” ed, a conforto dell’assunto per cui non sarebbe intervenuta la bocciatura della delibera di proroga n°1685/2001, ha invocato la successiva nota prot. n°24/90 del 20.02.2002, con la quale “il Dirigente del Settore Sanità dott. DI CILLO (lo stesso che aveva firmato la nota precedente) comunica che < regionale, appositamente costituita adempimenti istruttori connessi, consentito l’esame richiesta centro 31.12.2001.Pertanto qualora codesta Azienda ritenga l’acquisizione servizio trattasi caratterizzato elementi indispensabilità, essenzialità ed indifferibilità dovrà provvedere riproposizione conformità alle disposizioni alla L.R. 05.12.2001 n°32 art. 6”.
La difesa dei convenuti ha allegato inoltre la “sussistenza dei presupposti per l’esternalizzazione del servizio”.
class=MsoNormal>In proposito, premesso che “l’atto di citazione, pur riconoscendo l’essenzialità del servizio e richiamando la necessità di ottemperare agli adempimenti dettati in merito dalla Soprintendenza Archivistica per la Puglia che lamentava lo stato disastroso in cui versava l’archivio storico e quello corrente, ritiene che il servizio di archiviazione era già svolto da personale dipendente, giusta dichiarazione del dott. Giuseppe RUSSI, attualmente Direttore dell’U.O. Medicina legale dell’A. USL e che, dopo la cessazione del servizio, da parte della PRODEO, l’archivio era sistemato presso un capannone, annesso al Presidio Ospedaliero di Torremaggiore ed il servizio espletato da cinque dipendenti della Fiorita; dal 2003 poi si è affidato alla Ditta Progetto Cultura S.r.l. per anni uno, il servizio di gestione e sistemazione delle cartelle cliniche e preparazione del personale alla gestione degli archivi generali dell’Azienda, per un corrispettivo onnicomprensivo mensile di €.3.875,00 oltre I.V.A.”, ha contestato la conclusione di cui all’atto introduttivo per cui “sarebbe bastato procedere al reperimento di un locale idoneo ed all’utilizzo di personale interno” e che una tale soluzione si sarebbe “rivelata assolutamente soddisfacente, atteso che all’attualità il servizio di archiviazione viene svolto secondo le modalità appena evidenziate e senza problemi di sorta nel suo regolare svolgimento”, allegando che così non è perché la A.U.S.L. FG/1 non avrebbe “il personale qualificato per il servizio, tant’è che con delibera n°855 del 25.03.2003 ha dovuto affidare ad apposita ditta proprio la formazione del personale”, il che dimostrerebbe che “nell’A. USL non vi era, nel 2000 e 2001, personale in grado di ordinare e gestire l’archivio”, mentre, d’altro canto, l’audizione del funzionario dott. Giuseppe RUSSI non potrebbe “essere interpretata nel modo indicato con l’atto di citazione”, in quanto, “con nota del 18.02.2006, il dott. RUSSI ha spiegato che il personale <>”, né tale personale si sarebbe “mai occupato dell’archiviazione dei documenti amministrativi della A.S.L. FG/1 che giacevano senza alcun ordine” e pertanto “il precitato personale era dedicato a un ristretto numero di atti corrispondenti alle sole cartelle cliniche correnti”.
Secondo la difesa dei convenuti l’A.U.S.L. ha dovuto constatare “la impossibilità di riordinare e gestire l’archivio, svolgendolo in house, e con delibera n°275 dell’11.03.2005 (con altri Direttore generale, Direttore amministrativo e Direttore sanitario) è stata costretta ad esternalizzare ancora il servizio”, per cui si avrebbe “la dimostrazione in atti dell’ineludibile necessità di svolgere un servizio che poteva essere gestito solo all’esterno, specie considerando lo stato in cui versava la documentazione quando l’A.U.S.L. FG/1, con la delibera n°215/00, ha deciso di affidare in appalto il servizio”, in quanto “l’A.U.S.L. FG/1 si era costituita mediante aggregazione di 4 diverse U.S.L. (FG/1 di Torremaggiore, FG/2 di San Severo, FG/3 di San Giovanni Rotondo e FG/4 di Vieste)” e “come evidenziato nella deliberazione n°3504 del 21.12.1998 si era posto un problema di custodia e gestione della documentazione archivistica delle cessate amministrazioni e quella della loro integrazione particolarmente per la documentazione inerente al patrimonio immobiliare e mobiliare dell’ Azienda, quella medico legale delle attività sanitarie e quella di amministrazione del personale” atteso che “lo stato degli archivi di tutte le USL in liquidazione era assolutamente precario e confuso, sia per le rare operazioni di trasferimento dell’archivio corrente a quello di deposito compiute sia per la mancanza di puntuale classificazione della documentazione aggravata da condizioni logistiche del tutto insufficienti ed anche per il completo stato di abbandono” ed ha, all’uopo, invocato le delibere nn°3504 del 21.12.1998 e 985 del 22.03.1999 evidenziando che le suddette delibere, che indicevano la gara per l’aggiudicazione del servizio, erano state adottate da altro Direttore Generale ed allegando che “intervenuto il Direttore generale, oggi convenuto, la situazione era di una tale gravità che lo hanno indotto, per l’urgenza del provvedere, ad affidare il servizio alla PRODEO, trattandosi di affidamento temporaneo ed ad un prezzo decisamente conveniente perché ci si è avvalsi della procedura concorsuale espletata da altra Azienda (A.U.S.L. BA/2) migliorandone le condizioni di prezzo, tant’è che il Collegio dei revisori, a conoscenza delle reali condizioni dell’archivio, nulla rilevava sulla delibera n°215/2000 ed anzi, a seguito di richiesta dell’ARES, espressamente confermava i motivi di urgenza e straordinarietà per le condizioni dei locali esistenti prima della fine dei lavori del nuovo ospedale mentre d’altro canto la grave situazione dell’archivio era stata evidenziata anche dall’ispezione eseguita dai funzionari della Soprintendenza Archivistica per la Puglia nel mese di settembre 1998, per cui, in presenza dei rilievi della Soprintendenza circa lo stato gravissimo in cui versava l’archivio, non vi sarebbe stata altra soluzione che dare l’appalto all’esterno, come avviene a tutt’oggi e non come riferito nell’atto di citazione, secondo cui il servizio sarebbe svolto in home e con soddisfazione.
La difesa dei convenuti invocate le risultanze della “determinazione del punto di convenienza” verificata dall’unità controllo di gestione allegata alla delibera n°986 del 22.03.1999, ha dedotto che la convenienza e l’opportunità dell’affidamento sarebbero fuori discussione, per cui l’Azienda non avrebbe ricevuto alcun danno erariale ed anzi avrebbe “ottenuto un servizio ad un prezzo inferiore a quello che sarebbe occorso se avesse assunto o utilizzato personale dipendente, come risulta dalla relazione del Dirigente dell’A.U.S.L. Dott. DE VITA”, e che i calcoli in proposito esposti nell’atto di citazione sarebbero “fuorviati dalla impostazione di base secondo cui l’A.U.S.L. svolgerebbe non più il servizio all’esterno ma attraverso propri mezzi e personale”, ed a conforto dell’assunto ha dedotto che l’affidamento sarebbe “avvenuto sulla base di procedura pubblica svolta dalla ASL BA/2 ed a condizioni economiche migliori della stessa al prezzo, al metro lineare mensile di £.17.522 contro le £.19.359 pagate dalla BA/2 e £.34.000 dalla USL TA/1” e che il servizio della PRODEO sarebbe “stato svolto senza dar luogo a disservizi o lamentele di sorta” e la documentazione sarebbe stata restituita all’A.U.S.L. FG/1 “tutta catalogata su scaffali metallici” e “contenuta in colli di cartone”, per cui non sussisterebbe alcun danno erariale.
La difesa dei convenuti ha, comunque,eccepito l’assenza dell’elemento soggettivo.
In proposito, invocata la sentenza n°371/1998 della Corte Costituzionale, il procuratore dei convenuti ha dedotto che essi “hanno agito nell’interesse esclusivo dell’Azienda ed allo scopo di veder risolto il grave problema dell’ archiviazione, previo esame di altri affidamenti per attività identiche e ponendo in essere ogni utile iniziativa per riportare il servizio presso l’Azienda A.S.L. non appena si fossero verificate le condizioni”, per cui non sarebbe “presente l’elemento soggettivo sia sotto il profilo della colpa grave né, tanto meno del dolo”.
In subordine ha lamentato la quantificazione eccessiva del danno in quanto, considerato che “l’Azienda continua ad esternalizzare il servizio a dimostrazione della sua necessità e, comunque, a significare che il capannone presso il P.O. di Torremaggiore ed i 5 dipendenti della Coop. La Fiorita non riescono a svolgere il servizio”, andrebbe ”considerato come indubbio vantaggio per l’Azienda, l’affidamento del servizio all’esterno con conseguente consistente riduzione dell’importo richiesto essendo eccessivo quello determinato in €.800.000,00”, e, in estremo subordine, ha invocato l’esercizio del potere riduttivo nella misura massima.
Con la suddetta memoria, il procuratore dei convenuti ha, pertanto, concluso chiedendo la “declaratoria di parziale prescrizione del diritto al risarcimento del danno focalizzato nella delibera del D.G. n°215 del 25.01.2000”, nel merito la declaratoria di infondatezza dell’azione di responsabilità, in via gradata, “ridurre l’importo dell’addebito in totale” e, in via ulteriormente gradata, l’esercizio del potere riduttivo nella misura massima.
All’udienza del 23.03.2006, l’avv. Enrico Follieri, per i convenuti, ha eccepito preliminarmente la prescrizione dell’azione nonché la mancanza dell’elemento soggettivo e del danno erariale, ed il Pubblico Ministero ha chiesto il rigetto delle eccezioni preliminari confermando la richiesta di condanna.
La causa è stata quindi riservata per la decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente, il Collegio deve farsi carico dell’eccezione di prescrizione parziale del diritto al risarcimento del danno, proposta dai convenuti con la memoria di costituzione.
Con la suddetta memoria, la difesa dei convenuti, premesso che la giurisprudenza più recente “abbandonando un criterio che si può definire ragionieristico (riferimento alla data di emissione del mandato di pagamento o addirittura della riscossione)”, andrebbe “indirizzandosi verso una tesi giuridica che fa riferimento al verificarsi del fatto dannoso”, che - sempre a detta dei convenuti - coinciderebbe “con la fattispecie causativa del danno e non con l’erogazione effettiva della spesa”, atteso che “i tempi dei pagamenti prescindono dall’ illiceità della condotta e dalla illegittimità degli atti amministrativi, rappresentando solo una mera esecuzione della fattispecie di danno erariale e scontando i tempi più diversi che dipendono da vari fattori organizzativi, di efficacia e di buon andamento etc.” e che “il fatto dannoso viene apprezzato al momento dell’adozione dell’atto illegittimo o del comportamento illecito”, ed invocata, a conforto dell’assunto, la sentenza n°402/2005 (rectius: 482/2005) del 10.02 - 14.07.2005 di questa Sezione giurisdizionale regionale, ha dedotto, con riferimento al caso di specie, che la pretesa di danno conseguente alla delibera n°215 del 25.01.2000 si sarebbe “prescritta, siccome la Procura regionale, informata dei fatti, con esposto del 26.02.2002, ha adottato l’invito a dedurre il 10.03.2005” e, pertanto, oltre il termine di prescrizione quinquennale decorrente - secondo la prospettazione difensiva - dalla data di adozione della stessa delibera.
Reputa la Sezione che l’eccezione di prescrizione proposta debba essere disattesa.
E’ appena il caso di premettere che, poiché l’azione del Procuratore regionale non ha una funzione sanzionatoria di una condotta contra legem (che potrebbe anche non essere produttiva di alcun danno) ma risarcitoria di un danno suscettibile di valutazione economica, l’esercizio dell’azione di responsabilità amministrativa postula che un danno si sia già verificato, per cui, in conformità al principio “contra non valentem agere non currit prescriptio”, oggetto di consacrazione normativa all’art.2935 cod.civ. (“la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatti valere”), deve ritenersi che “il fatto dannoso”, al cui verificarsi l’art. 1, secondo comma, L. 20/1994 ricollega il decorso del termine prescrizionale del diritto al risarcimento del danno, sia costituito dal binomio condotta - danno e si perfezioni solo con il verificarsi di quest’ultimo, che deve essere, pertanto, assunto quale dies a quo del termine prescrizionale (cfr. SS.RR. 24 maggio 2000 n°7/2000/Q.M.).
Deve, di converso, escludersi che possa aversi riguardo, quale dies a quo del termine di prescrizione dell’azione di responsabilità amministrativa, alla data delle condotte - ossia del fatto causativo del danno - non valendo le stesse a determinare l’esordio della prescrizione, non essendovi alcuna certezza, alla suddetta data, dell’eventuale nocumento che possa essere sopportato dall’Amministrazione in dipendenza dei comportamenti stessi e non potendosi evidentemente ammettere il decorso del termine prescrizionale prima e prescindendo dal verificarsi del danno.
class=MsoNormal>Fermo restando che il decorso del termine prescrizionale postula il verificarsi di un danno, ossia di una deminutio patrimonii, con caratteri di concretezza ed attualità, i profili problematici si incentrano, piuttosto, sulla questione in ordine al momento nel quale il depauperamento stesso, come innanzi connotato, possa considerarsi verificato.
Secondo l’orientamento giurisprudenziale assolutamente maggioritario il depauperamento del bilancio dell’Ente. si verifica, con carattere di concretezza ed attualità, solo con l’effettivo esborso (cfr. SS.RR. 24 maggio 2000 n°7/2000/Q.M.), ovvero, quando si verta in ipotesi di “danno indiretto” - e, comunque, il danno rivenga dall’obbligo di soddisfare pretese di terzi oggetto di contestazione - “alla data in cui il debito della P.A. nei confronti del terzo è divenuto certo, liquido ed esigibile, in conseguenza del passaggio in giudicato della sentenza di condanna dell’Amministrazione o della esecutività della transazione” (cfr. SS.RR. 15.01.2003 n°3/2003/Q.M.).
Con specifico riferimento all’ipotesi di danno derivante da inquadramenti illegittimi del personale, le SS.RR. (sentenza n°3/2003/Q.M. cit.) si sono, peraltro, espresse nel senso che il termine iniziale della prescrizione dell’azione di responsabilità amministrativa decorra “dalla data del primo pagamento conseguente al provvedimento illegittimo” mentre, con riferimento all’appalto di opere pubbliche, le SS.RR. (sentenza n°2/2003/Q.M. del 30.10.2002 - 15.01.2003) hanno ritenuto che la prescrizione inizi a decorrere “dal momento in cui sia conoscibile o effettivamente conosciuto da parte dell’ amministrazione appaltante il comportamento illecito del soggetto legato da rapporto di servizio e il danno abbia assunto il carattere della certezza ed attualità” e che, in ogni caso, siffatte condizioni esistano “al momento della conclusione del procedimento di collaudo e salvo che non si siano verificate anteriormente con conseguenti effetti in ordine all’esordio della prescrizione”.
D’altro canto, se è vero che, nella sentenza n°482/05 del 10.02 - 14.07.2005 di questa Sezione giurisdizionale regionale, invocata dai convenuti, si è ritenuto di far riferimento, ai fini della decorrenza del termine prescrizionale, “al diverso parametro del giuridico perfezionamento dell’obbligazione contrattuale con l’appaltatore”, sulla base dell’argomentazione che “è in tale momento - in ipotesi….in cui si deduce un danno pari all’intero ammontare del corrispettivo dell’appalto, sul presupposto dell’inutilità della prestazione dell’appaltatore - che il debito nei confronti di quest’ultimo, pari al corrispettivo convenuto, si traduce nell’obbligo di adempimento mano a mano che la prestazione di servizio sarà eseguita”, non è men vero che la suddetta soluzione è stata enunciata con riferimento all’ipotesi in cui “l’obbligazione assunta sia <> priva di utilità per l’Amministrazione pur determinando un depauperamento delle risorse finanziarie disponibili” e, pertanto, con riferimento a fattispecie affatto diversa da quella che ne occupa.
Con la domanda introduttiva del presente giudizio, la Procura Regionale non ha, infatti, dedotto “un danno pari all’intero ammontare del corrispettivo dell’appalto”, come nella fattispecie esaminata e decisa dalla Sezione con la pronuncia invocata dai convenuti, ma un danno determinato in misura notevolmente inferiore all’ammontare dei corrispettivi erogati in esecuzione dell’ appalto che ne occupa, in coerenza, del resto, con la complessiva impostazione emergente dall’atto introduttivo che, se ha censurato l’affidamento esterno del servizio de quo, non ha comunque messo in discussione la necessità di provvedere, comunque, al suo espletamento, con acquisizione, all’uopo, delle necessarie risorse umane e strumentali e, pertanto, non ha negato che la prestazione oggetto dell’appalto sia stata di qualche utilità per l’ Amministrazione committente.
E’, d’altro canto, evidente che “il giuridico perfezionamento dell’obbligazione contrattuale con l’appaltatore” - dal quale, secondo la summenzionata pronuncia, decorrerebbe la prescrizione - non potrebbe, comunque, identificarsi, con riferimento alla fattispecie che ne occupa, con l’adozione della deliberazione di concludere il contratto (delibera D.G. n°215 del 25.01.2000) che, giusto il consolidato orientamento della giurisprudenza civile, costituisce atto preparatorio ed interno, inidoneo a dar luogo all’incontro di volontà contrattuale (cfr. ex multis., Cass.Civ. Sez. II, 27.02.2002 n°2885, Cass. Civ. Sez. III, 15.03.2004 n°5234), ma solo con la successiva stipula del contratto.
class=MsoNormal>In proposito è appena il caso di osservare che se, con il suddetto provvedimento (penultima alinea del dispositivo), il Direttore Generale della A.U.S.L. FG/1 ha deliberato di “approvare l’allegato contratto”, nondimeno non può revocarsi in dubbio che l’approvazione avesse ad oggetto non il contratto ma lo schema di contratto, come vieppiù palesato dal rilievo che sub art. 10 del contratto leggesi che ne costituisce parte integrante la deliberazione n°215/ 2000 del Direttore generale per l’affidamento del servizio, ciò che dimostra l’anteriorità della delibera rispetto al contratto, peraltro, privo di data.
class=MsoNormal>Sennonché, la data di perfezionamento del vincolo contrattuale non può essere assunta quale data di decorrenza della prescrizione del diritto al risarcimento del danno erariale derivatone.
Se è vero, infatti, che l’adempimento dell’obbligazione costituisce comportamento dovuto da parte dell’Amministrazione contraente, che non può, quindi, sottrarvisi se non commettendo un illecito, non è men vero che ciò può predicarsi solo in quanto l’obbligazione non solo si sia perfezionata ma sia, altresì, esigibile.
Non v’è chi non veda, invero, che quando l’Amministrazione debba adempiere l’obbligazione assunta contemporaneamente all’ adempimento dell’ obbligazione corrispettiva e, a fortiori, quando debba adempiervi successivamente (come tipicamente, per il principio della post - numerazione, nell’ipotesi di contratto di appalto), il sorgere dell’obbligazione per effetto della perfezionamento del vincolo contrattuale, non ne comporta, altresì, l’esigibilità, subordinata, rispettivamente, alla contestuale offerta (in mancanza della quale l’Amministrazione ben potrebbe, ed a ragione, sottrarsi all’adempimento della propria obbligazione proponendo eccezione di inadempimento ex art. 1460 cod.civ. e/o azione di risoluzione contrattuale ex art.1453 cod.civ.) ovvero al preventivo adempimento dell’obbligazione corrispettiva, sicché, evidentemente, solo in quanto vi sia stato adempimento della controparte contrattuale può ritenersi che l’adempimento della propria obbligazione da parte dell’ Amministrazione costituisca “atto dovuto”.
D’altro canto, se è vero che è sin dal momento del giuridico perfezionamento del vincolo contrattuale che “la spesa derivante dall’ obbligazione giuridicamente perfetta incide come posta passiva posto che le caratteristiche proprie del bilancio di competenza impongono di tener conto della fase giuridica (impegno) indipendentemente dal momento di cassa” (in tal senso la cit. sentenza n°482/2005), non è men vero che l’impegno della spesa, se vale a costituire un vincolo sulla relativa previsione di bilancio, precludendo qualsiasi diversa destinazione delle somme impegnate - ciò che, detto per inciso, può eventualmente costituire autonoma ragione di nocumento in relazione all’ impossibilità di destinare altrimenti le somme così accantonate - non consente, peraltro, di ritenere verificata, con connotati di attualità, una corrispondente deminutio patrimonii, che costituendo una nozione prettamente economica evidentemente postula che si abbia riguardo non al bilancio preventivo ma al bilancio consuntivo in termini aziendalistici (stato patrimoniale e conto economico) nel quale, com’è notorio, le spese di acquisizione di beni o servizi assumono rilievo solo in quanto si concretizzano in debiti (stato patrimoniale) ovvero in costi (conto economico), ciò che avviene solo a seguito dell’adempimento della corrispettiva prestazione, in conformità, del resto, a quanto previsto, ai fini della relativa imputazione, dalla normativa fiscale (cfr. art. 109 D.P.R. 917/1986) che, con specifico riferimento alle spese di acquisizione dei servizi dispone, appunto, che le stesse “si considerano sostenute alla data in cui le prestazioni sono ultimate ovvero, per quelli dipendenti da contratti di locazione, mutuo, assicurazione ed altri contratti da cui derivano corrispettivi periodici, alla data di maturazione dei corrispettivi”, solitamente evidenziata dall’emissione della fattura o altrimenti.
D’altro canto, se è vero che le spese impegnate e non pagate entro il termine dell’esercizio si risolvono in residui passivi destinati a confluire nel rendiconto consuntivo (conto del bilancio e conto del patrimonio) non è men vero che ne è, all’uopo, previsto il riaccertamento (cfr. art. 228 D.Lgs. 267/2000), ossia l’accertamento della sussistenza del titolo giuridico perché i residui possano essere mantenuti nelle scritture contabili, che, ove si concluda in senso negativo, comporta, con la loro eliminazione, che le somme già impegnate vengano a costituire economie di bilancio, al pari delle somme stanziate e non impegnate.
Reputa, pertanto, il Collegio che, nell’ipotesi di danno erariale ex contractu, quand’anche si ritenesse di anticipare, rispetto all’ordinazione e/o al pagamento della relativa spesa, il momento di verificazione del nocumento patrimoniale e la conseguente decorrenza del termine prescrizionale, il danno stesso non potrebbe, di regola, ritenersi verificato, con il conseguente esordio della prescrizione, se non dall’adempimento dell’obbligazione corrispettiva, ossia, quando si verta in ipotesi di acquisizione di servizi, dal compimento della relativa prestazione ovvero, in ipotesi di rapporti di durata, dalla maturazione dei corrispettivi.
Ciò a maggior ragione deve predicarsi con riferimento al contratto di appalto, nel quale, anche a prescindere dalle ipotesi di inadempimento e/o inesatto adempimento dell’appaltatore, che costituiscono espressione di patologia funzionale del contratto, l’Amministrazione committente può unilateralmente esercitare facoltà incidenti, quanto meno, sulla misura del corrispettivo dovuto; la stazione appaltante può, invero, esercitare lo ius variandi, ex art. 1661 cod.civ., eventualmente riducendo l’entità della prestazione, entro i limiti del sesto del prezzo complessivo convenuto (fino alla concorrenza del quinto, ex art. 344 L. 2248/1865 all. F, nell’appalto di oo.pp.) ed ha facoltà di liberarsi dal vincolo, recedendo dal contratto, ai sensi dell’art. 1671 cod.civ., “anche se è stata iniziata l’esecuzione dell’opera o la prestazione del servizio, purché tenga indenne l’appaltatore delle spese sostenute, dei lavori eseguiti e del mancato guadagno” (per l’appalto di oo.pp., cfr. l’art. 345 L..2248/1865 all. F, che prevede che “è facoltativo per l’amministrazione di risolvere in qualunque tempo il contratto, mediante il pagamento dei lavori eseguiti e del valore dei materiali utili esistenti in cantiere, oltre al decimo dell’importare delle opere non eseguite”).
Sicché, evidentemente, solo con l’esecuzione della controprestazione ovvero, nei rapporti ad esecuzione continuata o periodica, con la maturazione del corrispettivo (che, del pari, presuppone l’esecuzione della controprestazione per il periodo considerato), il pagamento del corrispettivo convenuto diventa propriamente atto dovuto per il committente, che non può sottrarvisi se non esponendosi a responsabilità nei confronti dell’appaltatore.
D’altro canto è significativo che il codice di procedura civile, nel disciplinare, all’art. 633, le condizioni di ammissibilità del procedimento di ingiunzione, se prevede che l’ingiunzione possa “essere pronunciata anche se il diritto dipende da una controprestazione” , ne subordina, tuttavia, l’emissione alla condizione che “il ricorrente offra elementi atti a far presumere l’adempimento della controprestazione “.
Avuto riguardo alle fasi del procedimento di spesa, deve, pertanto, ritenersi che il danno ex contractu assuma connotati di attualità, non dall’impegno, ma, semmai, dalla liquidazione della spesa, con la quale “sulla base della documentazione necessaria a comprovare il diritto del creditore, a seguito del riscontro operato sulla regolarità della fornitura o della prestazione e sulla rispondenza della stessa ai requisiti quantitativi e qualitativi, ai termini ed alle condizioni pattuite”, si determina “la somma certa e liquida da pagare nei limiti dell’ammontare dell’impegno definitivo assunto” (cfr. art. 184 D.Lgs. 267/2000).
Alla luce delle suesposte considerazioni, si palesa evidente l’infondatezza dell’eccezione di (parziale) prescrizione dell’azione risarcitoria proposta dai convenuti con riferimento al danno conseguente alla delibera n°215/2000.
Si è rilevato, infatti, che a tutto concedere, ove anche potesse anticiparsi, rispetto alla data di effettivo pagamento dei corrispettivi alla PRODEO, la data di verificazione del danno e di decorrenza della prescrizione, la stessa non potrebbe, comunque, collocarsi in epoca antecedente alla data di esecuzione, da parte della PRODEO, della prestazione oggetto dell’ obbligazione contrattualmente assunta.
Nella specie, vertendosi in ipotesi di contratto ad esecuzione continuata, con riferimento al quale è, pertanto, predicabile una “corrispettività a coppie”, ai fini della decorrenza della prescrizione, occorrerebbe aver riguardo alla data di maturazione dei singoli corrispettivi periodici a seguito dell’espletamento del servizio nel periodo (mese) considerato.
Sennonché, appare assorbente il rilievo che deve escludersi che la prescrizione si sia verificata con riferimento a tutti i corrispettivi erogati in adempimento del contratto stipulato in esecuzione della delibera n°215/2000.
Dagli atti risulta, infatti, che la prima fattura emessa dalla PRODEO (fattura n°48 del 01.06.2000) reca la style="mso-spacerun: yes"> descrizione “canone mese di maggio 2000”, sicché evidentemente, è solo dal primo giugno 2000, con la maturazione del corrispettivo relativo al più risalente periodo (mese di maggio 2000) di espletamento del servizio (cfr. nota del Collegio sindacale dell’A.U.S.L. FG/1 prot. n°224 del 14.11.2002), che può farsi decorrere la prescrizione.
Sennonché, considerato che, in data 15 - 23.03.2005 sono stati notificati ai convenuti i prescritti inviti a dedurre - espressamente formulati anche a fini di costituzione in mora ed ai quali deve, pertanto, annettersi efficacia interruttiva della prescrizione (cfr. sentenze SS.RR. 20.12.2000 n°14/2000/Q.M. e 20.03.2003 n°6/2003/Q.M.) - cui ha fatto seguito la notifica dell’atto di citazione, non può revocarsi in dubbio come, nella specie, il corso della prescrizione sia stato tempestivamente interrotto, anche con riferimento al danno conseguente alla delibera D.G. n°215 del 25.01.2000, ben prima del compimento del termine prescrizionale quinquennale, e, per l’effetto, l’infondatezza dell’eccezione, proposta dai convenuti, di prescrizione (parziale) dell’azione di risarcimento dei danni
2. Con l’atto introduttivo (pag. 9) la Procura Regionale ha censurato il comportamento dei convenuti, con riferimento alla delibera D.G. n°215 del 25.01.2000 in quanto, in violazione della disposizione normativa di cui all’art. 20, ottavo comma, L.R. 16/1997, adottavano la suddetta delibera “senza che tale provvedimento fosse inviato per la preventiva autorizzazione della Giunta Regionale” e, con riferimento alla delibera n°1685/2001, in quanto, in violazione dell’art.20, comma 9 e 10 della L.R. 28/2000, “inviavano detto atto deliberativo dopo che il periodo di proroga era stato già avviato da diversi (sette) mesi”.
In proposito, si osserva che l’art.4, ottavo comma, della L. 30.12.1991 n°412 ha abolito il controllo dei comitati regionali di controllo sugli atti delle UU.SS.LL , degli II.R.C.C.S. , degli enti di cui all’art. 41, secondo comma, L. 833/1978 e degli enti ospedalieri di cui all’art.1, comma 13, D.L. 35/1991 conv. con mod. dalla L. 111/1991, prevedendo che, limitatamente agli atti delle UU.SS.LL e dei sopraccitati enti ospedalieri riguardanti il bilancio di previsione, le variazioni di bilancio ed il conto consuntivo, la determinazione della consistenza qualitativa e quantitativa complessiva del personale, la deliberazione di programmi di spese pluriennali e i provvedimenti che disciplinano l’attuazione dei contratti e delle convenzioni, il controllo preventivo fosse assicurato direttamente dalla regione, tenuta a pronunciarsi, anche in forma di silenzio assenso, entro quaranta giorni dal ricevimento dell’atto.
style="TEXT-ALIGN: justify; LINE-HEIGHT: 28pt; MARGIN: 0cm 0cm 0pt; tab-stops: 42.55pt 85.1pt 524.5pt; mso-pagination: none; mso-layout-grid-align: none" class=MsoNormal>L’art. 39 della L.R. 22.06.1994 n°22 ha disciplinato il controllo sugli atti delle UU.SS.LL. e di altri enti, prevedendo, al primo comma, la sottoposizione all’approvazione del Consiglio regionale delle deliberazioni concernenti gli statuti, i regolamenti, la emissioni di prestiti obbligazionari, e la sottoposizione all’approvazione della Giunta regionale delle deliberazioni concernenti le piante organiche e le relative variazioni, le variazioni di bilancio conseguenti ad assegnazioni regionali finalizzate per lo svolgimento di specifici interventi, gli interventi di assistenza tecnica ed economica e le assunzioni o le alienazioni di partecipazioni azionarie e, al sesto comma, la sottoposizione al controllo di legittimità della Sezione di Bari del CO.RE.CO. dei seguenti atti : “i bilanci di previsione e le relative variazioni, i conti consuntivi, i programmi ed i piani delle attività annuali e/o pluriennali, i piani finanziari ed i programmi di opere pubbliche, la disciplina dello stato giuridico e delle assunzioni del personale, la istituzione, i compiti e le norme sul finanziamento degli organismi statutari, la disciplina dei servizi e relative tariffe, la contrazione di mutui, le spese che impegnano i bilanci per gli esercizi successivi, escluse quelle relative alla locazione di immobili ed alla somministrazione e fornitura di beni e servizi a carattere continuativo, gli acquisti e le alienazioni immobiliari, le relative permute, gli appalti le concessioni, le convenzioni”.
class=MsoNormal>L’art. 30, secondo comma, L. 28.12.1994 n°36, dopo aver previsto che i direttori generali delle U.S.L., in via preliminare, individuino le strutture operative e definiscano le piante organiche delle stesse, previa verifica dei carichi di lavoro, ha disposto che i provvedimenti di definizione delle piante organiche siano sottoposti al controllo della Giunta Regionale secondo le modalità dell’art. 4, comma 8, della L. 412/1991.
A termini del comb. disp. di cui agli artt. 39 e 40 della L.R. 30.12.1994 n°38, poi, sono soggetti al controllo della Giunta Regionale, che lo esercita mediante apposizione del visto di congruità, il piano generale ed suoi aggiornamenti, il bilancio pluriennale di previsione, il bilancio economico preventivo ed il budget generale (art. 40, primo comma, lett. a), la proposte per la copertura della perdita e per il riequilibrio della situazione economica (lett. b)..
L’art. 20, ottavo comma, L.R. 05.06.1997 n°16, dopo aver disposto l’ istituzione di apposita unità operativa presso l’Assessorato Regionale alla Sanità al fine dell’esercizio dell’attività di controllo sugli atti delle A.U.S.L., delle Aziende Ospedaliere e dell’I.R.C.C.S. di diritto pubblico, di competenza della Giunta Regionale e del Consiglio Regionale, previsti dall’art. 4, comma 8, L. 412/1991 e dalle LL.RR. 36/1994 e 38/1994, e che, fino alla costituzione del predetto organismo, l’attività istruttoria finalizzata al controllo da parte dei competenti organi fosse effettuata dagli Uffici del CO.RE.CO. - Sezione di Bari, d’intesa con l’Assessorato Regionale alla Sanità e che a tal fine gli atti sottoposti al controllo debbano essere accompagnati da relazione del Collegio dei revisori delle citate Aziende, ha previsto che l’art. 39 L.R. 22/1994 non si applichi per gli atti delle A.U.S.L., delle Aziende Ospedaliere e degli I.R.C.C.S. di diritto pubblico.
Sicché, evidentemente, dalla data di entrata in vigore della cit. L.R. 16/1997, il controllo sugli atti delle A.U.S.L. deve intendersi limitato ai summenzionati atti contemplati dall’art.4, comma 8, L.412/1991 e dalle citt. LL.RR. 36/1994 e 38/1994, che non contemplano la sottoposizione al controllo dei contratti, quando, come nella specie, siano di durata pari (o inferiore) all’ anno.
E’,del pari, evidente che “i provvedimenti che disciplinano l’attuazione dei contratti e delle convenzioni”, sottoposti a controllo a termini dell’art.4 L.412/ 1991, sono quelli attinenti non a singoli contratti ma ai capitolati generali.
Deve, pertanto, ritenersi che, al contrario delle delibere del Direttore generale p.t. dell’A.U.S.L. FG/1 n°3504 del 21.12.1998, di indizione della gara per l’affidamento del servizio per la durata di anni 6 (cfr. art. 4 capitolato speciale di appalto allegato alla suddetta delibera ed approvato con la stessa), e n°985 del 22.03.1999, di riproposizione della suddetta deliberazione che, in quanto comportanti spese pluriennali, erano soggette al controllo dell’ amministrazione regionale, non vi fosse, di converso, soggetta - e, pertanto, legittimamente non vi è stata sottoposta - la delibera del Direttore Generale della A.U.S.L. FG/1 n°215/2000 del 25.01.2000, con la quale il servizio è stato affidato alla PRODEO per la limitata durata di mesi 12, non rientrando il suddetto provvedimento in alcuna delle categorie di atti assoggettati al controllo regionale, a termini delle succitate previsioni normative.
D’altro canto, come evidenziato dalla difesa dei convenuti, solo con l’art. 20, nono comma, della L.R. 22.12.2000 n°28 - e, pertanto, successivamente all’adozione della suddetta delibera n°215/2000 - si è previsto che “dalla data di entrata in vigore della stessa legge e fino al 31.12.2001 (termine successivamente prorogato al 31.12.2002, ai sensi dell’art.6, primo comma., L.R. 32/2001 ed al 31.12.2003, dall’art. 5 comma 1, L.R. 20/2002) alle Aziende sanitarie fosse “fatto divieto di procedere all’acquisizione di beni durevoli, servizi e prestazioni in assenza dell’autorizzazione regionale alla spesa, che può essere concessa unicamente nei limiti delle assegnazioni finanziarie regionali”, disponendo, nel contempo, al successivo decimo comma, che entro e non oltre sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della stessa legge, le Aziende sanitarie dovessero “riesaminare i contratti di consulenza tecnica, sanitaria ed amministrativa e richiedere alla Regione la conferma di quelli ritenuti indispensabili per il funzionamento dei servizi”; conferma, che a termini della stessa disposizione “deve essere effettuata osservando il criterio di utilizzare prioritariamente dipendenti o servizi del servizio sanitario regionale e conseguentemente di contrattare con le Aziende sanitarie pubbliche di appartenenza le relative e necessarie consulenze”.
Se, come innanzi evidenziato, l’affidamento del servizio di cui alla delibera n°215/2000 non era soggetto, ratione temporis, all’autorizzazione regionale di cui all’art. 20, nono comma, L. R. 28/2000, non può, di converso, revocarsi in dubbio che vi fosse soggetta la c.d. “proroga” di sei mesi del servizio disposta con delibera D.G. n°1685 del 09.07.2001.
In proposito, evidentemente destituito di fondamento è l’assunto difensivo per cui il comma 9° dell’art. 20 L.R. 28/2000 riguarderebbe “solo i beni o servizi durevoli (e qui, invece, si è trattato di una proroga sino al 31.12.2001 siccome non erano ancora disponibili i locali del nuovo ospedale) ed i nuovi acquisiti ed affidamenti”, non quelli in essere.
In proposito, appare assorbente il rilievo che l’appalto di servizio de quo non poteva considerarsi “in essere” alla data del 09.07.2001 della summenzionata delibera, considerato che l’efficacia del contratto di affidamento del servizio, stipulato, in conformità a quanto disposto con la delibera del D.G. n°215/2000, per la durata di dodici mesi a decorrere dalla data di effettivo inizio dell’attività (ossia di presa in carico della documentazione archivistica), doveva considerarsi definitivamente cessato alla data del 30 aprile 2001, a nulla rilevando la sua prosecuzione de facto, oltre la prevista scadenza contrattuale.
Considerato che, anche alla luce del principio di irretroattività degli atti amministrativi (arg. ex art. 11 disp. prel. cod.civ.), la proroga di un contratto stipulato dalla Pubblica Amministrazione postula che il contratto sia in corso de iure e non in via di mero fatto e, cioè, deve intervenire anteriormente alla scadenza del contratto, deve ritenersi che, per contro, quando, come nella specie, dette condizioni non ricorrano, non si verta in ipotesi di proroga, pur impropriamente definita tale, bensì di rinnovazione, come vieppiù palesato dal rilievo che, nella fattispecie, la c.d. “proroga” non ha investito soltanto la durata del rapporto, atteso che quest’ultimo è stato regolato da condizioni economiche parzialmente differenti (riduzione del corrispettivo nella misura del 4%) rispetto a quelle relative al periodo precedente.
E’ evidente, pertanto, che vertendosi in ipotesi di rinnovazione dell’ affidamento, la relativa delibera D.G. n°1685 del 09.07.2001 fosse soggetta ad autorizzazione regionale, a termini dell’art. 20, nono comma, L.R. 28/2000.
L’assunto dei convenuti per cui “nemmeno andava sottoposta all’ autorizzazione stabilita dai commi 9 e 10 della L.R. 28 del 22.12.2000 la proroga del servizio intervenuta con delibera n°1685 del 09.07.2001” è, d’altro canto, contraddetto dal rilievo che gli stessi convenuti, con nota prot. n°10561 dello 11.07.2001, hanno provveduto sollecitamente a trasmettere la suddetta delibera all’amministrazione regionale, la quale, con nota prot. n°24/18344/6 del 14.09.2001 dell’Assessorato alla Sanità - Settore Sanità, rilevato che “l’affidamento del servizio in via sperimentale con la Ditta PRODEO ha scadenza 30.06.2001 e che la proroga è stata deliberata in data 09.08.2001, in vigenza della L.R. 22.12.2000 n°28 mentre l’autorizzazione andava chiesta per tempo prima della scadenza, ovvero in tempo utile per acquisire l’eventuale prescritta autorizzazione”, ha comunicato “di non dover esperire in riguardo adempimenti ai sensi della L.R. 28/2000 ma che il servizio in parola debba essere gestito direttamente dall’Azienda, attivando ogni utile iniziativa per assicurare l’archiviazione dei documenti secondo le norme vigenti”.
In altri termini, con la suddetta nota, l’Amministrazione regionale, partendo dal presupposto che si vertesse in ipotesi di proroga di contratto scaduto il 30.06.2001 mentre, in realtà, trattavasi di rinnovazione di un contratto già scaduto sin dal 30.04.2001, ha comunicato un singolare “non luogo a provvedere” e, nondimeno, ha espresso l’avviso che il servizio dovesse essere gestito direttamente dall’Azienda.
La stessa Amministrazione regionale, con successiva del 20.02.2002, parimenti indirizzata alla A.U.S.L. FG/1, sempre con riferimento alla richiesta dell’11.07.2001 di autorizzazione relativa alla “proroga del servizio di archiviazione e gestione della documentazione cartacea amministrativa e sanitaria” premesso che “la necessità di individuare, in relazione ad alcune procedure, le competenze della Commissione regionale, appositamente costituita per gli adempimenti istruttori connessi” non avrebbe consentito “l’esame della richiesta entro il 31.12.2001”, ha, peraltro, rappresentato che ove la A.U.S.L. avesse ritenuto “l’acquisizione del servizio di che trattasi, caratterizzata da elementi di indispensabilità, essenzialità ed indifferibilità” avrebbe dovuto “provvedere alla riproposizione in conformità alle disposizioni di cui alla L.R. 05.12.2001 n°32 art. 6”.
Comunque si qualifichi il non luogo a provvedere, comunicato dall’ Amministrazione Regionale con la summenzionata nota del 14.09.2001, con riferimento all’istanza di autorizzazione della “proroga” (rectius: rinnovazione) dell’affidamento disposta con delibera D.G. n°1685 del 09.07.2001, certo è che alla suddetta delibera è stata data esecuzione, con l’acquisizione del servizio nel semestre luglio - dicembre 2001, nonostante l’assenza di autorizzazione regionale.
Sennonché, la mancanza dell’atto di assenso regionale non consente di ritenere, per ciò solo, “privi di qualsiasi legittimazione e giustificazione, epperciò illeciti, gli eventuali procedimenti di spesa comunque disposti” in esecuzione della suddetta delibera, considerato che, solo con l’art. 10, quinto comma, della successiva L.R. 05.12.2001 n°32, quando l’affidamento de quo era ormai sul punto di cessare, il legislatore regionale ha sanzionato con la nullità “gli atti riguardanti l’acquisizione di beni e servizi nuovi rispetto a quelli già in essere o autorizzati ai sensi dell’art. 20 della L.R. 28/2000 o, comunque, non indispensabili e non indifferibili, se non rientranti nei limiti delle assegnazioni o del tetto di remunerazione” e che non vi sono elementi per riconoscere alla suddetta disposizione normativa, in deroga al principio di cui all’art. 11 disp. prel. cod.civ., efficacia retroattiva.
D’altro canto, non condivisibile, nella sua assolutezza, si palesa l’assunto attoreo per cui ”il giudizio d’illegittimità dell’atto si rifletterebbe immediatamente su quello di illiceità della condotta”.
In disparte il rilievo, che l’allegata illegittimità della “proroga” (rectius: rinnovazione) del servizio disposta con la summenzionata delibera D.G. n°1685/2001, in assenza della prescritta autorizzazione regionale, lungi dal radicare, in termini di automaticità, l’affermazione di illiceità del comportamento dei convenuti, può, tutt’al più, costituire elemento sintomatico e presuntivo in tal senso, si osserva che, alla luce della tendenza dell’ordinamento alla dequotazione, anche nel giudizio amministrativo di impugnazione, dei vizi formali, chiaramente desumibile dalla disposizione di cui all’art. 21 octies della L. 241/1990 aggiunto dalla L. 15/2005 (che esclude che si possa dichiarare l’annullamento del provvedimento adottato in violazione delle norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso), deve ritenersi che, a fortiori, nel giudizio di responsabilità amministrativo - contabile, che ha ad oggetto non la legittimità degli atti ma la liceità dei comportamenti dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei Conti, la rilevata violazione dell’art.20, nono comma, L.R. 28/2000, non escluda che il giudice debba farsi carico di esaminare ex officio l’ eventuale conformità del contenuto dispositivo del provvedimento al diritto, ciò che, ovviamente, evidenziando la sostanziale assenza del requisito della antigiuridicità, comporterebbe il superamento della summenzionata presunzione di illiceità della condotta.
Con riferimento, poi, alla delibera D.G. n°215 del 25.01.2000, la circostanza che, come innanzi evidenziato, la stessa, contrariamente agli assunti attorei, non fosse soggetta ad approvazione regionale e, pertanto, legittimamente non vi fosse stata sottoposta, non esaurisce l’accertamento demandato a questo giudice, considerate sia le censure, di cui all’atto introduttivo, in ordine all’insussistenza dei presupposti per procedere alla esternalizzazione del servizio, sia l’ulteriore rilievo (di cui a pag. 3 dell’atto di citazione), per cui, con la suddetta delibera n°215/2000, il Direttore Generale della A.U.S.L. FG/1, avrebbe deciso di affidare il servizio alla Ditta PRODEO S.r.l. di Bisceglie, “con un procedimento di affidamento diretto del tutto illegittimo”, che evidentemente impongono di valutare la liceità dell’affidamento disposto con la summenzionata delibera n°215/2000, in relazione ai summenzionati profili e che si passano, distintamente, ad esaminare.
class=MsoNormal>3. Con l’atto introduttivo, la Procura Regionale ha, in primo luogo, contestato che ricorressero nella specie i presupposti per l’esternalizzazione del servizio di stoccaggio e gestione dinamica dell’archivio dell’A.U.S.L.
Ai fini di una piana esposizione dei termini della controversia è appena il caso di premettere che la disciplina dei beni archivistici è contenuta nel D.P.R. 30 settembre 1963, n. 1409 ((recante “norme relative all’ordinamento ed al personale degli Archivi di Stato), parzialmente abrogata e confluita, dapprima nel D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490 (recante il “testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali”) e, più di recente, nel D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (recante il “codice dei beni culturali e del paesaggio”).
Considerato che non vi è alcuna disciplina specifica per gli archivi di pertinenza degli organismi di diritto pubblico esplicanti le proprie funzioni nell’ambito sanitario, salvo il riferimento all’archivio clinico di cui all’art. 2, secondo comma, (“La direzione sanitaria dispone dei seguenti servizi articolabili organicamente a seconda della dimensione dell’ospedale:….c)archivio clinico e biblioteca medica”) e 5, secondo comma (“Il Direttore sanitario…..vigila sull’archivio delle cartelle cliniche…”) del D.P.R. 27.03.1969 n°128 (recante “ordinamento interno dei servizi ospedalieri”), deve ritenersi che si applichi anche alle Aziende U.S.L. la disciplina dettata, in subiecta materia, per la generalità degli enti pubblici, dalle summenzionate fonti di cui al D.P.R. 30 settembre 1963, n. 1409 ed al D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, che prevedono che gli enti pubblici abbiano l’obbligo di provvedere alla conservazione e all’ordinamento dei propri archivi e di istituire separate sezioni di archivio per i documenti relativi ad affari esauriti da oltre 40 anni, redigendone l’inventario (cfr. art. 30 D.P.R. 1409/1963 e 40 D.Lgs. 490/1999).
class=MsoNormal>Non può revocarsi in dubbio che la A.U.S.L. FG/1 fosse tenuta all’adempimento dei suddetti obblighi.
Deve, d’altro canto, ritenersi, alla luce della documentazione versata agli atti del giudizio (cfr., in particolare, nota della Soprindentenza Archivistica per la Puglia del 14.10.1998 e relazione in ordine alla determinazione del “punto di convenienza” dell’Unità controllo di gestione dell’A.U.S.L. FG/1, in atti) che, anteriormente alla vicende che ne occupano, i suddetti obblighi non fossero adempiuti o, comunque, non fossero adempiuti in modo soddisfacente ed in locali adeguati, donde la necessità di assicurare l’espletamento del relativo servizio, con le risorse disponibili all’interno dell’Azienda sanitaria ovvero, se del caso, mediante l’esternalizzazione del servizio..
In proposito si osserva che l’esternalizzazione (c.d. outsourcing) da parte delle pubbliche amministrazioni di servizi accessori allo svolgimento delle proprie competenze istituzionali mediante il loro affidamento a soggetti specializzati non ex sé censurabile, sempre che corrisponda alle finalità proprie di siffatto modello gestionale.
Come è noto il ricorso all’outsourcing, sviluppatosi, dapprima, nelle aziende private, rispondendo alla logica economica del “make or buy” ovvero alla valutazione di convenienza se provvedere ad un determinato servizio accessorio rispetto all’attività dell’impresa all’interno dell’organizzazione aziendale con le proprie risorse ovvero affidandone l’esecuzione all’esterno, in tempi più recenti, con l’affermarsi di logiche aziendalistiche nel settore pubblico, è andato progressivamente diffondendosi nelle pubbliche amministrazioni secondo una linea di tendenza che, lungi dall’essere stata avversata dal legislatore, ne ha incontrato il favore.
Con la L. 28.12.2001 n°448 (legge finanziaria 2002), il legislatore, all’art. 24, ottavo comma, ha, infatti previsto che gli enti locali e le aziende, i cui amministratori sono designati dagli stessi, debbano “promuovere opportune azioni dirette ad attuare l’esternalizzazione dei servizi al fine di realizzare economie di spesa e migliorare l’efficienza gestionale”, e cioè l’affidamento all’esterno di servizi strumentali che possano in tal modo essere gestiti più economicamente, dettando, pertanto, “una generica direttiva, qualificata dal fine di realizzare economie di spesa e migliorare l’efficienza gestionale" (in tal senso la sentenza 20-26 gennaio 2004, n. 36 con la quale la Corte costituzionale ha fra l’altro, dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale della succitata disposizione normativa, sollevata in riferimento agli articoli 3, 5, 114, 117 e 119 della Costituzione), all’art. 29, primo comma, nel dettare una serie di misure tendenti a rafforzare l’efficienza e la economicità di gestione delle pubbliche amministrazioni, ha previsto che le pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonché gli enti finanziati direttamente o indirettamente a carico del bilancio dello Stato, siano autorizzati, anche in deroga alle vigenti disposizioni, ad acquistare sul mercato i servizi originariamente prodotti al proprio interno, a condizione di ottenere conseguenti economie di gestione (cfr. sentenza n°17 del 10 - 116 gennaio 2004, con la quale la Corte Costituzionale ha dichiarato, fra l’altro, non fondata la questione di legittimità costituzionale della succitata disposizione normativa, sollevata in riferimento all’art. 117, commi quarto e sesto, della Costituzione) e, all’art. 32, primo comma, ha disposto che “gli enti pubblici diversi da quelli di cui al comma 6 dell’art. 24, non considerati nella tabella C” debbano, fra l’altro, “promuovere azioni per esternalizzare i propri servizi al fine di realizzare economie di spese e migliorare l’efficienza gestionale” (penultimo periodo).
Più di recente, con il comma 1/bis dell’art. 36 D.Lgs. 30.03.2001 n°165 (rubricato “forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale”) aggiunto dall’art. 4 D.L. 10 gennaio 2006, n. 4, il legislatore ha previsto che le amministrazioni possano attivare i contratti di cui al comma 1 - e cioè le forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa (contratti a tempo determinato, contratti di formazione e lavoro, altri rapporti formativi e di fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo) - “solo per esigenze temporanee ed eccezionali e previo esperimento di procedure inerenti assegnazione di personale anche temporanea, nonché previa valutazione circa l’opportunità di attivazione di contratti con le agenzie di cui all’articolo 4, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, per la somministrazione a tempo determinato di personale, ovvero di esternalizzazione e appalto dei servizi”.
class=MsoNormal>Con specifico riferimento alle Aziende sanitarie - per le quali l’art. 8 quater (rubricato “accreditamento istituzionale) del D.Lgs. 30.12.1992 n°502, aggiunto dall’art.8, comma 4, D.Lgs. 19.06.1999 n°229 già contemplava l’esternalizzazione dei servizi prevedendo, al quarto comma, che l’atto di indirizzo previsto dal precedente terzo comma, “fosse emanato nel rispetto dei seguenti criteri e principi direttivi: ……l) disciplinare l’esternalizzazione dei servizi sanitari direttamente connessi all’assistenza al paziente, prevedendola esclusivamente verso soggetti accreditati…” - il primo comma dell’art.49 (rubricato “esternalizzazione di servizi da parte dell’aziende sanitarie locali e delle aziende ospedaliere”) del D.L. 30.09.2003 n°269, conv. in legge con mod. dalla L.24.11.2003 n°326, come modificato dall’art. 3, comma 107, della L. 350/2003, al fine di agevolare l’esternalizzazione dei servizi ausiliari da parte delle aziende ospedaliere e delle aziende sanitarie locali, degli I.R.C.C.S. pubblici e privati e degli ospedali classificati, ha previsto che le maggiori entrate corrispondenti all’IVA gravante sui servizi, originariamente prodotti all’interno delle aziende e da esse affidati a soggetti esterni all’amministrazione affluiscano ad un apposito fondo destinato ad essere ripartito con procedura e modalità stabilite con decreto di natura non regolamentare adottato dal Ministro dell’Economia e delle Finanze, d’intesa con la conferenza permanente Stato - Regioni.
Sicché, deve ritenersi che l’esternalizzazione da parte delle Aziende sanitarie di servizi accessori mediante il loro affidamento in appalto, costituisca un modello gestionale che, lungi dall’essere vietato, risulta piuttosto favorito dalla più recente legislazione (cfr. art. 49 D.,L. 30.09.2003 n°269 conv. in legge, con mod. dall’art. 1 L. 24.11.2003 n°326), al fine di realizzare economie di spesa e migliorare l’efficienza gestionale (cfr. art. 32 L. 28.12.2001 n°448), siccome congeniale alla costituzione delle UU.SS.LL. in “aziende con personalità giuridica pubblica ed autonomia imprenditoriale”, che “informano la propria attività a criteri di efficacia, efficienza ed economità” ed allo “equilibrio dei costi e dei ricavi” (cfr. art. 3, commi 1 - bis e 1 - ter, D.Lgs. 502/1992, aggiunto dall’art.3, comma 1, D.Lgs. 229/1999).
Nondimeno, l’esternalizzazione deve ritenersi consentita solo se e in quanto sia rispondente alla finalità sue proprie, e cioè in grado, da un lato, di assicurare una maggiore efficienza nello svolgimento delle attività istituzionali, e, dall’altro, garantire la prestazione dei servizi stessi con maggiore economicità ed efficacia.
In altri termini, il ricorso al suddetto modello gestionale, avuto riguardo alle singole fattispecie, può ritenersi ammesso subordinatamente alla condizione che l’esternalizzazione del servizio consenta di risparmiare risorse, di incrementare la produttività e di conseguire una maggiore efficienza, anche tecnologica, nell’attuazione del servizio.
E’ appena il caso di osservare che, vertendosi in fattispecie tutt’affatto diversa dagli “incarichi individuali” di cui è menzione all’art. 7, sesto comma, D.Lgs. 165/2001 - che, riproducendo l’art. 7, sesto comma, del cit. D.Lgs. 29/1993 (applicabile alle Aziende sanitarie in virtù dell’espresso rinvio allo stesso operato dall’art. 18, quinto comma, del D.Lgs. 502/1992), style="mso-spacerun: yes"> prevede che “per esigenze cui non possono far fronte con il personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possano conferire incarichi individuali ad esperti di provata competenza, determinando preventivamente durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione” - deve escludersi che l’ammissibilità del ricorso all’outsourcing possa considerarsi subordinata alle medesime condizioni previste dalla surriportata disposizione normativa.
Al contrario degli incarichi di consulenza, cui ha riguardo la richiamata norma, e che si connotano per il loro carattere individuale e fiduciario e per l’elevato contenuto professionale, sostanziandosi generalmente, per il prestatore del servizio, in un’obbligazione di mezzi, i servizi oggetto di esternalizzazione, che si connotano per la loro strumentalità e marginalità rispetto alle funzioni della committente (es: pulizia degli uffici, manutenzioni immobili sino alle più recenti formule di prestazioni integrate e complesse di gestione del patrimonio immobiliare, c.d. global service), sono oggetto non di “incarico individuale” ma di affidamento continuativo in appalto, perché siano eseguiti dall’impresa appaltatrice, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio (e, pertanto, generalmente, con obbligazione di risultato).
Ne consegue che, evidentemente inapplicabile, si palesa, con riferimento al suddetto modulo gestionale, l’art. 7, sesto comma, D.Lgs. 165/2001.
E’ bensì vero che l’esternalizzazione del servizio non deve, di norma, risolversi in una sottutilizzazione del personale e delle altre risorse organizzative di cui l’Amministrazione dispone (cfr., in tal senso, Sez. giur. Puglia, 14.07.2005 n°482).
Sennonché non trattasi di autonomo requisito di ammissibilità quanto piuttosto di mero corollario logico della finalità dell’esternalizzazione di consentire il risparmio di risorse, l’incremento della produttività ed il conseguimento di una maggiore efficienza, anche tecnologica, nell’attuazione del servizio; finalità che sarebbero evidentemente frustrate ove l’esternalizzazione del servizio si risolvesse nel mancato utilizzo o nel sottutilizzo delle risorse umane e strumentali che vi fossero, per l’innanzi, adibite e salva la dimostrazione che a fronte delle suddette diseconomie, l’Amministrazione non consegua, comunque, per effetto dell’esternalizzazione, maggiori vantaggi economici.
Sicché, evidentemente, mentre l’ordinamento (art. 7, sesto comma, D.Lgs. 165/2001), in un ottica di disfavore, subordina il legittimo ricorso agli incarichi individuali esterni alla condizione che le esigenze che si intendono soddisfare, mercè il conferimento dell’incarico, non possano essere soddisfatte con il personale in servizio (avuto riguardo alla globalità del personale stesso), per quanto attiene, invece, all’esternalizzazione dei servizi, come innanzi evidenziato, vista in un ottica di accentuato favore dalla più recente legislazione, deve ritenersi che, per il legittimo ricorso al suddetto modello gestionale, non sia necessario che venga dimostrata l’insufficienza, sotto il profilo qualitativo o quantitativo, del personale in servizio, per provvedere all’espletamento del servizio, essendo, invece, all’uopo, non solo necessario ma anche sufficiente che il ricorso all’outsourcing consenta di realizzare economie di spese e migliorare l’efficienza gestionale.
E’ evidente, pertanto, che la circostanza che, secondo l’organo requirente, la carenza di personale, addotta dall’Azienda sanitaria, fosse “generica e non dimostrata”, non vale ex sé ad escludere il legittimo ricorso all’ esternalizzazione del servizio.
style="FONT-FAMILY: ’Times New Roman’,’serif’; FONT-SIZE: 12pt; mso-fareast-font-family: ’Times New Roman’; mso-fareast-language: IT">D’altra parte, che, nella specie, l’adozione del suddetto modello gestionale non abbia comportato il mancato utilizzo e/o la sottutilizzazione delle risorse umane disponibili all’interno dell’Azienda sanitaria, è stato implicitamente riconosciuto dalla stessa Procura Regionale nel momento in cui, nel quantificare il danno che sarebbe stato subito dall’Azienda sanitaria, in dipendenza dell’ affidamento esterno del servizio, ha dedotto, dall’ ammontare degli esborsi sopportati, il costo del personale rapportato al “numero degli operatori attualmente utilizzato”.
Del pari, la circostanza, evidenziata dalla Giunta Regionale, che l’Azienda sanitaria avesse chiuso l’ esercizio 1997 in rilevante disavanzo e avesse presentato un bilancio economico preventivo 1999 con una notevole perdita di esercizio non può considerarsi ex sé preclusiva del ricorso all’ esternalizzazione, ben potendo il ricorso al suddetto modello gestionale, finalizzato a conseguire una maggiore efficienza, efficacia ed economicità, concorrere al recupero dell’equilibrio economico e finanziario.
Si è innanzi evidenziato come l’esternalizzazione di un servizio debba rispondere alla esigenza di garantire maggiore incisività ed economicità nel perseguimento degli interessi pubblici; peraltro, non potendosi apoditticamente affermare che il suddetto modello gestionale si risolva necessariamente in un miglior modo di amministrare che consenta sempre la realizzazione di economie di spese ed il miglioramento dell’efficienza gestionale, è evidente come la scelta della suddetta soluzione gestionale, non possa prescindere dalla effettuazione di preventive valutazioni in ordine alla sua reale convenienza, nei singoli casi, mercè la comparazione dei costi dei sistemi tradizionali e di quello esternalizzato, tenendo presente che le valutazioni in termini di economicità, efficacia ed efficienza non possono essere di tipo assiomatico (cfr. Corte dei Conti, Sezione centrale controllo gestione, 1° luglio 2003 n°26/Rel.).
Con riferimento al caso di specie, risulta versata agli atti del giudizio relazione (priva di data) dell’Unità controllo di gestione della A.U.S.L. FG/1 avente ad oggetto la “determinazione del <> relativamente alla creazione e successiva gestione dell’archivio”, a firma del dott. Leonardo De Vita, che conclude nel senso che la somma totale dei costi presunti per l’espletamento del servizio da parte dell’Azienda, con le proprie risorse umane e strumentali, rapportato “a 6.030 metri lineari di materiale cartaceo e lastre radiografiche (3.800 attuali più un aumento previsto dell’8% all’anno per sei anni)”, sarebbe, in un periodo di sei anni, pari a £.6.118.000.000 per cui “attendendo un risparmio del 16%, quantizzato in £.978.880.000 e arrotondando per difetto si giunge al costo presunto dell’appalto da sottoporre ad ulteriore ribasso quantificabile in £.5.100.000.000 (£.850.000.000 all’anno per sei anni)”, e, pertanto, ad un costo mensile di £.11.747 al metro lineare di materiale archivistico (= 850.000.000 : 12 : ml. 6.030).
Occorre, peraltro, osservare come tale relazione susciti perplessità con particolare riferimento alla valutazione dei costi del servizio ed alla conseguente determinazione della somma al di sotto della quale risulterebbe più conveniente per l’Azienda esternalizzare il servizio, avuto riguardo, in particolare:
- alla voce di costo per le scaffalature, atteso che non risulta preso in considerazione il costo di godimento (canone di locazione), da rapportarsi al periodo di durata di gestione del servizio considerato (sei anni), ma il costo, sic et simpliciter, ossia, presumibilmente, il costo d’acquisto dei suddetti beni (determinato in £.373.000.000) nonostante che deve ragionevolmente presumersi che le stesse avrebbero conservato, al termine del suddetto periodo, gran parte del proprio valore, sicché deve ritenersi che, nel relativo conteggio, il costo di utilizzo delle scaffalature vada congruamente rideterminato in misura pari al 30% (5% annuo, corrispondente ad una presumibile durata del bene di 20 anni, per 6 anni) del costo indicato e, pertanto, in £.111.900.000;
- alla determinazione delle risorse umane necessarie all’espletamento del servizio, atteso che la stessa è stata operata, senza alcuna preventiva determinazione dei presumibili carichi di lavoro, in misura palesemente esuberante rispetto alle effettive esigenze, sia sotto il profilo quantitativo (16 unità per i primi due anni, 9 unità a regime) che sotto il profilo qualitativo, con la previsione, addirittura di un unità di personale di qualifica dirigenziale, che si palesa del tutto incongrua alla luce del disposto di cui all’art. 31 della L. 1409/1963.
La cit. disposizione normativa, nel prevedere che la direzione delle sezioni separate d’archivio di cui alla lettera c) del primo comma dell’art. 30, ossia degli archivi storici degli enti territoriali e loro consorzi e degli archivi, che il Ministro per l’interno “giudichi di particolare importanza”, debba essere affidata ad impiegati “che siano in possesso del diploma conseguito nelle scuole di archivista, paleografia e diplomatica istituite presso gli archivi di Stato o nelle scuole speciali per archivisti e bibliotecari istituite presso le Università degli studi” (e, pertanto, non a personale con qualifica dirigenziale), evidentemente non impone alcuna particolare qualificazione per la preposizione del personale agli archivi, non giudicati di particolare importanza, degli altri enti pubblici.
Secondo la prospettazione attorea (cfr. pag.18 dell’atto di citazione), per l’espletamento del servizio, si renderebbero necessarie le prestazioni di n°5 commessi.
Reputa la Sezione che la suddetta quantificazione sia aderente alle risultanze istruttorie, considerato, da un lato, che, nell’audizione personale resa in data 07.07.2005, il dott. Giuseppe Russi, già Direttore sanitario del P.O. di S. Severo dal 07.07.2002 al 15.01.2005 ed attualmente Direttore dell’U.O. Medicina Legale dell’A.U.S.L. FG/1, premesso che l’archivio corrente “riguarda i documenti e le cartelle cliniche degli ultimi cinque anni” i quali non sarebbero mai stati spostati dalle rispettive Direzioni sanitarie, ha dichiarato che per l’archivio “semicorrente” (rectius: di deposito), che “riguarda la documentazione delle cartelle sino agli ultimi quarant’anni” e per l’archivio storico “sussiste una struttura di stoccaggio consistente in un capannone annesso al Presidio Ospedaliero di Torremaggiore, dove sono impiegati circa cinque dipendenti della FIORITA” (che, come precisato dal dott. Russi, nel contesto della stessa audizione, è un impresa che svolge servizi di ausiliariato, per l’A.S.L. FG/1) e che la suddetta dichiarazione non è stata investita dalle precisazioni, di cui alla successiva nota del 18.02.2006, dello stesso dott. RUSSI, prodotta dai convenuti (e propriamente relativa al periodo precedente all’affidamento all’esterno del servizio che ne occupa, e non al periodo successivo alla cessazione del rapporto con la PRODEO, cui evidentemente si riferisce la summenzionata dichiarazione) e, dall’altro, che, secondo quanto leggesi nella relazione della S.c.r.l. Progetto Cultura del 07.05.2004 - cui, con delibera D.G. n°855 del 23.05.2003, è stata affidata la fornitura del servizio di gestione e sistemazione delle cartelle cliniche e preparazione del personale alla gestione degli archivi generali dell’Azienda per il corrispettivo di €.3.875,00 mensili - la stessa si avvale per l’espletamento del servizio della collaborazione di “tre operativi LSU messi a disposizione della A.S.L. FG/1 ed opportunamente addestrati” e, pertanto, di un numero di unità di personale inferiore a quello preso in considerazione dalla Procura.
Reputa, peraltro, la Sezione che ai 5 commessi debba aggiungersi, nella ipotesi di svolgimento del servizio all’interno dell’Azienda, un funzionario con compiti di direzione, organizzazione, coordinamento e formazione delle suddette unità di personale, e cioè, in pratica, per l’espletamento delle funzioni più di recente affidate, per il corrispettivo di €.3.875,00 mensili, alla S.c.r.l. Progetto Cultura, giusta delibera D.G. n°855 del 23.05.2003..
Reputa, pertanto, la Sezione che, tenuto conto delle unità di personale necessarie per l’espletamento del servizio (n°1 funzionario e n°5 commessi), il relativo costo possa essere equamente determinato in £.280.000.000, (pari alla somma dell’importo di £.210.000.000, quale costo annuo, indicato nella relazione per la determinazione del “punto di convenienza”, per n°5 commessi, e dell’importo di £.70.000.000, pari al presunto costo annuo per n°1 funzionario) per ciascuno dei sei anni e, pertanto, in complessive £.1.680.000.000 per i sei anni, in luogo dell’importo di £.3.539.000.000, indicato nella suddetta relazione.
Sicché deve ritenersi che il “punto di convenienza” andasse determinato, in £.3.997.900.000, pari, al netto del risparmio atteso (in ragione del 16%), a £.3.358.236.000 per 6 anni e, pertanto, a £.559.706.000 annue e, quindi, in misura notevolmente inferiore all’importo indicato nella suddetta relazione - pari, sempre al netto del risparmio atteso, a £.5.100.000.000 per sei anni e cioè a £.850.000.000 annue - quindi assunto come base d’asta nella procedura di gara pubblica indetta con delibera n°3504 del 21.12.1998 e non portata a termine a seguito del diniego di approvazione regionale.
Sennonché, ove anche, prescindendo da tali rilievi, si avesse riguardo al punto di convenienza come determinato nella suddetta relazione in £.850.000.000, annue, pari a £.11.747 mensili a metro lineare, non può revocarsi in dubbio che l’affidamento diretto del servizio disposto in favore della PRODEO S.r.l. per il corrispettivo di £.17.522 mensili al metro lineare di documentazione presa in carico, che, rapportato ai metri lineari effettivi, in ragione di ml. 5.906,00 [peraltro inferiore allo sviluppo di 6.063 metri lineari di materiale cartaceo e lastre radiografiche, tenuto presente nella suddetta relazione dell’unità di controllo della gestione] ha dato luogo al pagamento di un corrispettivo mensile, comprensivo di I.V.A., di £.124.181.918, pari ad annue £.1.490.183.020, nettamente superiore al summenzionato “punto di convenienza”, non sia rispondente alle condizioni cui, alla luce delle suesposte considerazioni, deve intendersi subordinata l’ammissibilità del ricorso alla esternalizzazione del servizio.
Ed alle medesime conclusioni deve pervenirsi con riferimento alla “proroga” disposta con delibera D:G. n°1685 del 09.07.2001, considerato che la riduzione del 4% sul canone mensile applicato non vale evidentemente a colmare l’enorme divario fra il “punto di convenienza” risultante dalla suddetta relazione e l’esborso sopportato per l’affidamento esterno del servizio.
4. Sennonché le censurate delibere si palesano, anche sotto altro profilo illegittime.
Con l’atto introduttivo, la Procura Regionale ha lamentato che il servizio sia stato commesso alla PRODEO S.r.l. “con un procedimento di affidamento diretto del tutto illegittimo”.
In proposito, si osserva che una volta determinatasi nel senso di esternalizzare un servizio, per l’innanzi svolto (o che, comunque, avrebbe dovuto essere svolto) con la propria organizzazione, l’Amministrazione, in ossequio al principio di legalità, avrebbe dovuto ovviamente addivenire all’affidamento del servizio stesso, nel rispetto non solo della specifica normativa che ne disciplina l’attività negoziale, ma anche dei principi, di derivazione comunitaria, di trasparenza, concorrenza, proporzionalità, non discriminazione e parità di trattamento, che informano l’ordinamento in subiecta materia e che costituiscono garanzia del perseguimento degli obiettivi di economicità, efficacia ed efficienza cui, come innanzi esposto, deve essere ispirata la scelta del suddetto modello gestionale.
I rilevati obiettivi dell’esternalizzazione ne condizionano, infatti, non solo l’ammissibilità - nel senso che l’opzione per l’outsourcing si giustifica solo se e in quanto si palesi, nelle singole fattispecie, più idoneo al loro raggiungimento rispetto all’espletamento del servizio con le risorse umane e strumentali disponibili all’interno dell’amministrazione - ma anche la concreta attuazione, nel senso, appunto, che il “procedimento” di esternalizzazione del servizio, nelle sue varie fasi in cui lo stesso è destinato ad articolarsi, a cominciare dalla fase dell’affidamento, deve essere informato alle modalità più idonee al perseguimento dei suddetti obiettivi.
Sicché, avuto riguardo alle aziende sanitarie - per le quali, l’art.3, comma 1 ter D.Lgs. 502/1992, come novellato dal D.Lgs. n°299/1999 (c.d. riforma “Bindi”), ha previsto che i contratti di fornitura di beni e servizi di valore inferiore alla soglia di rilevanza comunitaria siano appaltati o contrattati direttamente secondo le norme di diritto privato indicate nell’atto aziendale di cui al precedente comma 1-bis, e cioè nell’atto aziendale di organizzazione e funzionamento - deve ritenersi che, anche quando siano chiamate ad operare iure privatorum, e cioè per l’acquisizione di beni e servizi sotto-soglia, le stesse, pur non essendo astrette all’osservanza delle procedure di evidenza pubblica, ove intendano procedere all’esternalizzazione di un servizio, non possano prescindere dall’espletamento degli incombenti (indagini di mercato, gare informali ecc.) più idonei (da rapportare, comunque, secondo il principio di proporzionalità, al valore economico dell’appalto) ad assicurare il conseguimento dei suddetti obiettivi di risparmio di spesa, in ossequio, del resto, alla previsione di cui all’art. 6, quinto comma, L. 24.12.1993 n°537 (come sostituito dall’art. 44 L. 23.12.1994 n°724) per cui le amministrazioni pubbliche “effettuano le acquisizioni di beni e servizi al miglior prezzo di mercato ove rilevabile” (e considerato, altresì, che, come risulta dalla delibera D.G. n°271 dell’11.03.2005, prodotta dai convenuti, con riferimento alla suddetta tipologia di servizio, non risultano attivate convenzioni CONSIP con conseguente impossibilità di ricorrervi ovvero di utilizzare i relativi “parametri di prezzo-qualità”; ai sensi dell’art. 26, terzo comma, l. 488/1999, come sostituito, dapprima dall’art. 3, comma 166, L. 350/2003 e, quindi, dall’art. 1, D.L. 168/2004 conv. in L. 194/2004),
Quando, invece, come nella fattispecie che ne occupa, il valore del servizio da esternalizzare - da determinarsi ai sensi dell’art. 5, primo comma, lett. a) del D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 157 (recante “attuazione della direttiva 92/50/CEE in materia di appalti pubblici di servizi”), sulla base del valore complessivo dell’appalto per l’intera durata - sia superiore alla soglia comunitaria - controvalore in euro di 200.000 diritti speciali di prelievo - sicché venga ad operare come “organismo di diritto pubblico”, deve ritenersi che l’Azienda sanitaria sia tenuta alla puntuale osservanza delle procedure di affidamento previste dalla normativa comunitaria e nazionale.
Con riferimento al caso di specie non rileva accertare se il servizio oggetto di affidamento - e cioè il riordino, la gestione e la conservazione degli archivi amministrativi e sanitari dell’Azienda U.S.L. FG/1 - sia sussumibile nel novero dei servizi contemplati nell’allegato 1 al D.Lgs. 157/1995 e, pertanto, integralmente assoggettato alla relativa disciplina - che, come si verrà esponendo, contempla in termini di assoluta eccezionalità il ricorso alla “procedura negoziata” sia nell’ipotesi in cui la stessa sia preceduta dalla pubblicazione di un bando di gara sia, a fortiori, non lo sia - ovvero sia riconducibile alla categoria residuale “altri servizi” di cui all’allegato 2 allo stesso D.Lgs. e, pertanto, assoggettato, a termini dell’art. 3 cpv. D.Lgs. cit., alla relativa disciplina limitatamente ai soli articoli 8, comma 3, 20 e 21 (attinenti, rispettivamente, all’avviso di avvenuta aggiudicazione, alla disciplina delle prescrizioni tecniche ed alle relative deroghe) considerato che, in ogni caso, nel senso di imporre l’adozione di procedure di gara per la scelta del contraente, sovviene la normativa di contabilità dello Stato - applicabile, in assenza di specifica disciplina normativa, ai contratti di appalto di servizi stipulati dalla generalità delle pubbliche amministrazioni (cfr. T.A.R. Lazio Sez.II, 22.04.1994 n°738), che appare ispirata, in ordine all’ammissibilità della trattativa privata, ad analoghi restrittivi criteri.
Il D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 157 (recante “attuazione della direttiva 92/50/CEE in materia di appalti pubblici di servizi”) - dopo aver definito, all’art.6, la trattativa privata come la “procedura negoziata in cui l’amministrazione aggiudicatrice consulta le imprese di propria scelta e negozia con una o più di esse i termini del contratto”, e disciplinato, al primo comma dell’art. 7, i casi i cui gli appalti possono essere aggiudicati a trattativa privata, previa pubblicazione di un bando, ha previsto, al successivo secondo comma, che gli appalti possono essere aggiudicati a trattativa privata, senza preliminare pubblicazione di un bando di gara, quando all’esito di un pubblico incanto, di una licitazione privata o di un appalto concorso non vi sia stata alcuna offerta o alcuna offerta appropriata (lett. a), qualora, per motivi di natura tecnica, artistica o per ragioni attinenti alla tutela di diritti esclusivi, l’esecuzione dei servizi possa venire affidata unicamente a un particolare prestatore di servizi (lett. b); quando l’appalto faccia seguito ad un concorso di progettazione e deve, in base alle norme applicabili, essere aggiudicato al vincitore o a uno dei vincitori del concorso (lett. c); nella misura strettamente necessaria, qualora, per impellente urgenza determinata da avvenimenti imprevedibili per l’amministrazione aggiudicatrice, non possano essere osservati i termini per il pubblico incanto, la licitazione privata, l’appalto concorso o la trattativa privata con pubblicazione di un bando (lett. d); per i servizi complementari non compresi nel progetto né nel contratto inizialmente concluso, ma che, a causa di circostanze impreviste, siano diventati necessari per la prestazione del servizio oggetto del progetto o del contratto, purché siano aggiudicati al prestatore che fornisce questo servizio, il relativo valore complessivo stimato non sia superiore al 50 per cento dell’importo relativo all’appalto principale e non siano separabili, sotto il profilo tecnico o economico, dall’esecuzione di questo ultimo ovvero siano, comunque, strettamente necessari per il suo perfezionamento (lett. e) per nuovi servizi consistenti nella ripetizione di servizi analoghi, nei tre anni successivi alla conclusione di un precedente appalto aggiudicato, conformemente alle procedure di pubblico incanto, licitazione privata o appalto concorso, dalla stessa amministrazione, allo stesso prestatore di servizi, purché tali servizi siano conformi a un progetto di base, il ricorso alla trattativa privata sia stato indicato in occasione del primo appalto e il costo complessivo stimato dei servizi successivi sia stato preso in considerazione dall’amministrazione aggiudicatrice per la determinazione del valore globale dell’appalto (lett. f).
Considerato che il terzo comma del cit. art. 7 D.Lgs. 157/1995 prevede che, in ogni altro caso, si applicano le procedure di cui al precedente art. 6, comma 1, lettere a), b) e c) e cioè le procedure di pubblico incanto, licitazione privata ed appalto concorso, non può revocarsi in dubbio la tassatività delle ipotesi in cui ammesso il ricorso alla trattativa privata.
Analogamente, la legge di contabilità dello Stato (R.D. style="mso-spacerun: yes"> 18.11.1923 n°2440) dopo aver previsto, all’art. 3, secondo comma (come modificato dal D.P.R. 627/1972), che i contratti passivi debbono essere preceduti da gare mediante pubblico incanto o licitazione privata, ha disposto, al successivo art. 6, primo comma, che il contratto possa essere concluso a trattativa privata “qualora per speciali ed eccezionali circostanze, che dovranno risultare nel decreto di approvazione del contratto, non possano essere utilmente seguite le forme indicate negli artt. 3 e 4” (e cioè il pubblico incanto, la licitazione privata o l’appalto concorso) e che, giusta l’elencazione di cui all’art. 41 del regolamento (R.D. 827/1924), ricorrono quando gli incanti e le licitazioni siano andati deserti o si abbiano fondate prove per ritenere che ove si sperimentassero andrebbero deserti (n°1), per l’acquisto di cose la cui produzione è garantita da privativa industriale o per la cui natura non è possibile promuovere il concorso di pubbliche offerte (n°2), quando trattasi di acquisto di macchine, strumenti o oggetti di precisione che una sola ditta può fornire con i requisiti tecnici o il grado di perfezione richiesti (n°3), quando si debbano prendere in affitto locali destinati a servizi governativi (n°4), quando l’urgenza dei lavori, acquisti, trasporti e forniture sia tale da non consentire l’indugio degli incanti o della licitazione (n°5) e in genere in ogni altro caso in cui ricorrano speciali ed eccezionali circostanze per le quali non possano essere utilmente seguite le forme previste per i pubblici incanti, la licitazione privata o l’appalto concorso (n°6).
Non può revocarsi in dubbio che nella specie non ricorrano i presupposti cui, a termini della disciplina di recepimento della direttiva comunitaria sugli appalti pubblici di servizi e/o a termini della disciplina di contabilità, è subordinato il ricorso alla trattativa privata (senza previa pubblicazione di un bando di gara).
In proposito è opportuno osservare che, nella specie, l’affidamento diretto disposto con la delibera n°215/2000, ha fatto seguito ad una procedura di pubblico incanto, che lungi dall’essere andata deserta, ha visto la partecipazione di ben cinque ditte, delle quali solo una è stata esclusa per carenza di documentazione, e che non è stata portata a termine a seguito della mancata approvazione, da parte della Regione, della relativa delibera di indizione, mentre deve, d’altro canto, escludersi che ricorressero i presupposti per il ricorso alla trattativa privata sotto il profilo dell’urgenza di cui alle fattispecie previste dall’art. 7, primo comma, lett. d), D.Lgs. 157/1995 e dall’art. 41 n°5 R.D. 827/1924, considerato che, nel senso dell’esclusione della ricorrenza di alcuna pretesa urgenza e, tam poco, di un’urgenza qualificata idonea a giustificare il ricorso alla procedura negoziata - che postula una situazione tale da far fondatamente ritenere che il rinvio dell’acquisizione del bene o del servizio per il tempo necessario alla gara comprometterebbe la tempestività dell’intervento (cfr. T.A.R. Puglia - Bari, Sez. I, 21.06.1994 n°1060, C.d.C. Sez. Controllo, 24.02.1994 n°15, C.d.C. Sez. Controllo 09.01.1996 n°1) e che deve derivare da eventi imprevedibili - depone il rilievo che, da un lato, la delibera D.G. di affidamento del servizio alla PRODEO (n°215 del 25.01.2000) è successiva di oltre un anno alla nota della Soprintendenza Archivista del 14.10.1998, cui - secondo quanto leggesi nello stesso provvedimento - il suddetto provvedimento avrebbe prestato ossequio, e di oltre un semestre alla delibera G.R. n°675 del 01.06.1999, di diniego di approvazione della delibera D.G. n°985 del 22.03.1999 (di riproposizione della precedente delibera D.G. n°3504 del 21.12.1998 di indizione della gara) e, dall’altro, il contratto stipulato in esecuzione della suddetta delibera D.G. 215 del 25.01.2000 (che ne ha approvato lo schema) non ha previsto alcun termine, né tam poco, alcun termine perentorio e/o essenziale, per l’inizio dell’esecuzione del contratto stesso, cui l’appaltatrice ha dato corso, con la presa in carico della documentazione, solo nel maggio 2000; sicché - ed a prescindere dal rilievo che, ove anche si potesse ipotizzare l’urgenza di ottemperare alle prescrizioni della Soprintendenza, essa sarebbe imputabile alla precedente inerzia serbata dalla stessa Amministrazione, che non ha gestito l’archivio come avrebbe dovuto in ossequio alla legge, ciò che varrebbe, comunque, ad escludere il legittimo ricorso alla trattativa privata (cfr., ex multis, C.d.C. - Sez. controllo, 17.03.1993 n°33, C.d.S. Sez. V , 26.06.1996 n°802, T.A.R. Lazio, Sez. II, 22.04.1994 n°511, T.A.R. Molise, 05.04.1995 n°77) - la pretesa asserita urgenza non sarebbe, comunque, tale da non consentire gli indugi della procedura di evidenza pubblica (considerata, altresì, la possibilità di abbreviare i termini) e, pertanto, non varrebbe, nella specie, a giustificare il ricorso all’affidamento diretto del servizio.
style="FONT-FAMILY: ’Times New Roman’,’serif’; FONT-SIZE: 12pt; mso-fareast-font-family: ’Times New Roman’; mso-fareast-language: IT">D’altro canto, ove anche si potesse ipotizzare, in contrasto con le considerazioni innanzi esposte, il legittimo ricorso alla trattativa privata, non ci si potrebbe sottrarre alla conclusione che, in considerazione della qualificata posizione delle ditte che avevano partecipato, con documentazione regolare, alla precedente gara, l’Azienda sanitaria avrebbe dovuto, prima di trattare con una di esse, interpellarle tutte, secondo il paradigma di cui all’art. 42 R.D. 827/1924.
Sicché, evidentemente, il corrispettivo convenuto per l’affidamento del servizio, non essendo stato determinato all’esito di un confronto concorrenziale, non offre alcuna garanzia di convenienza per l’Amministrazione; né in proposito può attribuirsi alcun rilievo alla circostanza che analogo appalto fosse stato affidato, per un corrispettivo superiore, alla PRODEO, da altra Azienda Sanitaria, e cioè dalla A.U.S.L. BA/2, considerato che non risulta se l’appalto fosse stato affidato dalla A.U.S.L. BA/2 con affidamento diretto ovvero all’esito di una procedura di gara né, in questa seconda ipotesi, quante e quali ditte avessero partecipato all’ipotetica gara, ed in particolare se vi fosse stata la partecipazione di un numero di imprese tale da poter considerare il prezzo sortitone effettivamente frutto di un adeguato confronto concorrenziale, né, infine, se le condizioni fossero le medesime o differenti, e comunque tale modus procedendi, nel senso di mutuare e fare proprie la procedura di scelta del contraente svolta da altra amministrazione, è palesemente illegittimo, essendo privo del benchè minimo fondamento normativo.
Sennonché, nella specie, che il corrispettivo convenuto a fronte dell’ affidamento del servizio alla PRODEO fosse assolutamente esorbitante ed incongruo è palesato all’evidenza dal rilievo che, più di recente la stessa A.U.S.L. FG/1, con delibera n°855 del 23.05.2003, ha proceduto, all’esito di procedura di licitazione privata, all’aggiudicazione, per un anno, alla Ditta Progetto Cultura S.c.r.l. dell’appalto del servizio di gestione e sistemazione degli archivi delle cartelle cliniche e preparazione del personale alla gestione degli archivi generali dell’Azienda, al prezzo mensile onnicomprensivo di €. 3.875,00 oltre I.V.A., pari ad €. 46.500,00 annui (€.55.800,00 al lordo della relativa I.V.A.) e, pertanto, ad un importo macroscopicamente inferiore al corrispettivo convenuto con la PRODEO..
In proposito è opportuno evidenziare che, come è dato evincere dalla relazione del 07.05.2004, allegata alla nota della S.c.r.l. Progetto Cultura acquisita al protocollo della A.S.L. FG/1 in data 18.05.2004 al n°9310, il suddetto appalto è stato sostanzialmente finalizzato allo “obiettivo di riordinare, inventariare e gestire tutto il patrimonio archivistico dell’A.S.L. FG/1” e, quindi anche la documentazione amministrativa, ed è stato programmato ed effettuato “nel pieno rispetto dei canoni archivistici”,
E’ bensì vero che il suddetto appalto non comprende lo stoccaggio del materiale archivistico e che, come risulta dalla suddetta relazione, “alla realizzazione degli interventi hanno collaborato numero tre operativi L.S.U. messi a disposizione dall’A.S.L. FG/1 ed opportunamente addestrati”; sennonché, com’è dato evincere dal conteggio effettuato dall’organo requirente, la distinta considerazione del costo del godimento dei locali per lo stoccaggio del materiale archivistico e del costo relativo al suddetto personale, non varrebbe comunque a spiegare un tale enorme divario.
Alla luce delle suesposte considerazioni evidentemente illegittima si palesa la delibera D.G. n°215 del 25.01.2000.
Parimenti illegittima è la deliberazione del Direttore generale n° 1685 del 09.07.2001, con la quale l’affidamento alla PRODEO del servizio di archiviazione e gestione della documentazione cartacea amministrativa e sanitaria è stato prorogato (rectius: rinnovato) “per un periodo di mesi sei e comunque fino all’approvazione da parte della Giunta Regionale del progetto di stablizzazione L.S.U” per il medesimo canone mensile scontato in ragione del 4%.
Si è innanzi evidenziato che trattasi di rinnovo di contratto già scaduto e non di proroga .
Non può d’altro canto, revocarsi in dubbio che la rinnovazione del contratto sia, nella specie, palesemente illegittima.
In proposito si osserva che, se è vero che l’art. 6, secondo comma, della L. 537/1993 come modificato dall’art. 44 L. 724/1994, dopo aver stabilito il divieto di rinnovo tacito dei contratti delle pubbliche amministrazioni e averne sanzionato la violazione con la nullità dei contratti, prevedeva (nell’ultimo periodo soppresso dall’art. 23 della L. 62/2005, ma ancora vigente all’epoca dei fatti che ne occupano) che entro tre mesi dalla scadenza dei contratti le amministrazioni accertassero la sussistenza di ragioni di convenienza e di pubblico interesse per la rinnovazione dei contratti medesimi e, ove verificatane la sussistenza, comunicassero “al contraente la volontà di procedere alla rinnovazione”, non è men vero che il successivo comma 11, prevedeva (e prevede) che “ove non ricorrano alle procedure concorsuali per la scelta del contraente ed in assenza di dati orientativi di cui al comma 6, le amministrazioni pubbliche siano tenute ad effettuare, almeno annualmente, la ricognizione dei prezzi di mercato ai fini dell’applicazione del comma 2”.
Nella specie, non risulta che l’A.S.L. FG/1 prima di deliberare, con il suddetto provvedimento, il rinnovo dell’affidamento del servizio in favore della PRODEO avesse svolto alcuna ricognizione dei prezzi di mercato, non potendosi, ovviamente, considerare tale la mera acquisizione di informazione, in ordine alle condizioni economiche applicate, presso altra Azienda Sanitaria (Azienda Ospedaliera SS. Annunziata - Taranto) che, all’esito di una procedura di gara, cui avevano partecipato solo due ditte, aveva affidato analogo appalto ad un A.T.I. costituita, oltre che dalla Global by - Flight, dalla stessa PRODEO.
Né d’altra parte, con riferimento al caso di specie, le surriportate previsioni normative di cui all’art. 6, commi 2 e 11 L. 537/1993 possono ritenersi superate dalla norma speciale sopravvenuta di cui all’art. 27, sesto comma. L. 23.12.1999 n°488 (abrogato dall’art. 3 comma 166, L. 350/2003 ma vigente all’epoca dei fatti per cui è causa), che ha previsto che “i contratti per acquisti e forniture di beni e servizi delle Amministrazioni statali, stipulati a seguito di esperimento di gara, in scadenza nel triennio 2000 - 2002, possono essere rinnovati per una sola volta e per un periodo non superiore a due anni, a condizione che il forniture assicuri una riduzione del corrispettivo di almeno il 3 per cento, fermo restando il rimanente contenuto del contratto”.
Se è vero, infatti, che, nella specie, il fornitore (ossia la PRODEO) ha assicurato una riduzione del corrispettivo del 4% e, pertanto, superiore alla soglia minima del 3%, non è men vero che la fattispecie esula dalla surrichiamata previsione normativa, considerato che l’appalto non è stato stipulato a seguito di esperimento di gara ma con affidamento diretto.
Alla luce delle suesposte considerazioni, evidentemente illegittime si palesano sia la delibera di affidamento del servizio alla PRODEO sia la delibera di proroga dell’affidamento stesso.
5. Con l’atto introduttivo, l’organo requirente premesso che “un’idonea soluzione della vicenda sarebbe stata quella di procedere al reperimento di un locale idoneo alla sistemazione in sicurezza dell’archivio dell’A.U.S.L. FG/1” e che, “pertanto, ai fini dell’esatta quantificazione del danno erariale”, dalla somma di €.1.252.529,00, pari all’importo complessivamente erogato in favore della PRODEO, giusti mandati in atti, deve essere sottratto l’importo necessario al pagamento del canone d’affitto del capannone nel periodo considerato nonché il costo del personale (commisurato al “numero degli operatori attualmente utilizzati” e che “ammonta a cinque unità”), rilevato che nella relazione sul <>, il suddetti costi sono stati quantificati - con valutazione reputata dalla Procura sufficientemente congrua - rispettivamente, in £.254.000.000 annue (per il fitto del locale idoneo alla sistemazione dell’archivio) ed in £.210.000.000 annue (per il personale riferito a n°5 commessi) e ritenuto, pertanto, sulla base del presupposto per cui il servizio avrebbe avuto la durata di un anno e mezzo, che “il costo per il fitto del capannone ammonti a complessive £.381.000.000, mentre il costo del personale sempre per lo stesso periodo ammonti a £.315.000.000, per un totale complessivo di €. 359.454,00 (pari a £.696.000.000)” e, ritenuto, inoltre che “ volendo ritenere comunque derivato un qualche vantaggio alla A.U.S.L. FG/1 per l’attività svolta dalla PRODEO” lo stesso dovrebbe essere determinato, ai sensi dell’art. 1226 c.c., in via equitativa in €.93.000,00 , ha quantificato in €.800.000,00 il danno subito dall’Amministrazione in dipendenza delle censurate delibere.
Occorre, peraltro, rilevare come l’importo dei pagamenti effettuati in favore della PRODEO non appare integralmente riconducibile alle censurate delibere di affidamento dell’appalto e di c.d. “proroga” dell’appalto stesso.
In proposito, si osserva che, secondo la delibera di affidamento (deliberazione del Direttore Generale n°215 del 25.01.2000), il servizio avrebbe dovuto essere svolto “dalla data di effettivo inizio dell’attività e per mesi 12 dalla stessa data” (e, del pari, nel senso che il contratto avesse la “durata di mesi 12 a partire dalla presa in carico totale dei circa 3.774 metri lineari”, si è esprime l’art. 7 del contratto stipulato in esecuzione della suddetta delibera) e che, secondo la delibera di “proroga” (delibera del Direttore Generale n°1685 del 09.07.2001) la stessa è stata prevista “per un periodo di mesi sei e comunque fino all’approvazione da parte della Giunta Regionale del progetto di stabilizzazione L.S.U.”.
Sennonché, alla stregua delle fatture versate agli atti di giudizio dall’organo requirente (in uno ai relativi susseguenti ordinativi di pagamento per l’importo complessivo di €.1.252.529,00), la PRODEO avrebbe espletato il servizio de quo, percependo il relativo corrispettivo, senza soluzione di continuità dal mese di maggio 2000 - cui ha riguardo il più risalente dei suddetti documenti (fattura n°48 del 01.06.2000) - al mese di dicembre 2001 cui si riferisce la più recente delle fatture (n°186 del 31.12.2001) e, pertanto, per complessivi 20 mesi, ivi compresi i mesi di maggio e giugno 2001 intercorsi fra la cessazione del primitivo affidamento (maggio 2000 - aprile 2001) e l’operatività della sua “proroga” (luglio 2001).
In proposito è appena il caso di osservare che la “proroga” (rectius: rinnovazione) disposta con la summenzionata delibera del Direttore Generale n°1685 del 09.07.2001 non ha operato retroattivamente sì da ricongiungersi, senza soluzione di continuità, al primitivo affidamento e da sanare ex post lo svolgimento del servizio con riferimento ai mesi di maggio e giugno 2001, come palesato, da un lato, dal rilievo che nella suddetta delibera non vi è alcuna menzione di una sua ipotetica efficacia retroattiva, sicché, anche alla luce del principio di irretroattività di cui all’art. 11 disp. prel. cod. civ., deve ritenersi che la stessa fosse destinata ad operare ed abbia operato solo per l’avvenire e, dall’altro, dal rilievo che non solo le fatture della PRODEO relative ai suddetti mesi (cfr. fatture nn° 74 del 01.06.2001 e 86 del 02.07.2001) recano l’importo pieno originariamente pattuito e non l’importo ridotto in ragione del 4% a fronte della “proroga” - nè risulta che la PRODEO abbia provveduto alla successiva emissione di nota di credito in relazione alla differenza - ma le stesse fatture sono state pagate dall’A.U.S.L. FG/1 per il loro importo integrale (e, pertanto, senza la summenzionata riduzione del 4%), rispettivamente, in data 01.08.2001 ed in data 07.09.2001, e, quindi, successivamente alla suddetta delibera.
Sicché, evidentemente il comportamento delle parti successivo alla suddetta delibera, che costituisce, a termini dell’art.1361 cpv. cod.civ., fondamentale canone interpretativo, depone univocamente nel senso che la “proroga” stessa non ha investito la prestazione del servizio nei mesi di maggio e giugno 2001.
Ne consegue che, da un lato, la prestazione del servizio ed il pagamento del relativo corrispettivo per i mesi di maggio e giugno 2001 devono considerarsi sine causa, essendo privi di titolo legittimante, dall’altro, e conseguentemente, deve escludersi che la conseguente erogazione pecuniaria sia riconducibile, sotto il profilo causale, alle censurate delibere, dedotte quale causa del lamentato danno, con l’atto introduttivo.
Sicché, l’importo dei corrispettivi erogati in esecuzione delle summenzionate delibere del D.G. dell’A.U.S.L. FG/1 n°215 del 25.01.2000 e n°1685 del 09.07.2001 deve essere determinato senza tener conto dell’importo di €.128.269,22 (controvalore in euro di £.248.363.836) pari al canone corrisposto alla PRODEO con riferimento ai mesi di maggio e giugno 2001, e, pertanto, quantificato in €.1.124.259,00 (controvalore in euro di £.2.176.870.488).
Emendato in tali termini il minuendo, reputa la Sezione che debba essere parimenti emendato il sottraendo.
In proposito, si osserva che, ove anche non avesse esternalizzato il servizio, ma avesse provveduto al suo espletamento all’interno dell’Azienda conducendo in locazione idonei locali per lo stoccaggio della documentazione, l’ Azienda sanitaria avrebbe dovuto, comunque:
- provvedere al trasporto della documentazione al deposito nonché al suo ritrasferimento dal deposito alla destinazione finale (capannone presso il P.O. di Torremaggiore) al termine rapporto locativo;
- provvedere all’acquisto o alla locazione di idonee scaffalature;
- provvedere all’acquisto o alla locazione di software ed hardware, alla loro manutenzione, all’assicurazione dei locali ed alla formazione del personale;
e, pertanto, in pratica, sopportare i costi indicati nella relazione sulla determinazione del “punto di convenienza” dell’Unità controllo di gestione - per gli importi come innanzi corretti, con particolare riferimento al costo (del godimento) delle scaffalature ed al costo del personale - e che ben possono essere assunti quali parametri di riferimento ai fini della determinazione dei vantaggi tratti dall’Amministrazione in dipendenza dell’espletamento del servizio da parte della PRODEO e che, in conformità al calcolo effettuato al precedente punto 3), devono essere quantificati - al lordo del “risparmio atteso” del 16% ovviamente non deducibile in ipotesi di espletamento del servizio all’interno dell’Azienda - in £.666.316.667 annue (= £.3.997.900.000 : 6); importo che, rapportato alla durata del rapporto con la PRODEO (diciotto mesi) è pari ad €.516.186,00 (controvalore in euro di £.999.475.000).
Sicché, in definitiva, deve ritenersi che il danno subito dall’Amministrazione in dipendenza delle censurate delibere debba essere quantificato in misura pari alla differenza (€. 608.073,00) fra l’esborso sopportato in esecuzione dei suddetti provvedimenti (pari ad €.1.124.259,00) ed il costo totale che l’Azienda sanitaria avrebbe dovuto sopportare per provvedere, con la propria organizzazione, all’ espletamento del servizio (e cioè €.516.186,00); d’altro canto è evidente che, stante l’analitica considerazione dei costi che l’Azienda sanitaria avrebbe dovuto sopportare - e, pertanto, dei vantaggi comunque conseguiti in dipendenza della prestazione del servizio da parte della PRODEO - dall’importo del danno, come innanzi quantificato, non deve essere, ovviamente, detratta alcuna ulteriore somma (ed in particolare l’importo di €. 93.000,00 indicato nell’atto di citazione) per non meglio specificati vantaggi.
Si è innanzi evidenziato come le censurate delibere D.G. nn°215/2000 e 1685/ 2001 nel disporre, rispettivamente, l’affidamento diretto del servizio de quo alla PRODEO e la sua proroga per un corrispettivo superiore al c.d. “punto di convenienza” determinato nella relazione dell’Unità controllo di gestione, debbano ritenersi illegittime non solo per la mancanza dei presupposti cui deve intendersi subordinata l’esternalizzazione del servizio, per evidente impossibilità di conseguire un risparmio di spesa rispetto ai costi derivanti dalla gestione diretta del servizio, ma anche per la violazione delle regole di evidenza pubblica.
In proposito è appena il caso di osservare che deve ragionevolmente presumersi che il costo di affidamento all’esterno del servizio, ove fosse seguito per un corrispettivo determinato all’esito di un confronto concorrenziale (quale sarebbe stato assicurato dall’espletamento di una procedura di gara) sarebbe stato inferiore non solo all’importo corrisposto, a seguito dell’affidamento diretto del servizio, alla PRODEO, ma anche al costo di gestione diretta del servizio, e, in tal senso, depone il rilievo che, nella relazione sulla determinazione del punto di convenienza dell’Unità controllo di gestione dell’A.U.S.L., il “costo presunto dello appalto da sottoporre ad ulteriore ribasso”, è stato quantificato deducendo, dal costo di gestione diretta del servizio, il "risparmio atteso” in ragione del 16% e che la gara indetta, con deliberazione n°3504 del 21.12.1998, ponendo a base d’asta il costo presunto dell’appalto - come innanzi determinato, nella suddetta relazione, in £.850.000.000 annue - ha visto la partecipazione di ben cinque ditte, solo una delle quali esclusa per carenza di documentazione.
Nondimeno, considerato che, come innanzi evidenziato, il costo di gestione diretta del servizio deve essere correttamente rideterminato in £.666.316.667 ed il c.d. “punto di convenienza”, quantificato nella suddetta relazione in £.850.000.000 annue, deve essere conseguentemente rideterminato in £.559.706.000 annue (= £. 666.316.667 - 16,%), reputa la Sezione che, venendo conseguentemente meno il riscontro effettuale costituito dalla partecipazione ad una procedura di gara e, pertanto, non essendovi certezza in ordine ad un eventuale interesse degli operatori economici ad assumere l’appalto per un prezzo inferiore all’effettivo costo di gestione diretta del servizio, la quantificazione del danno subito dall’Azienda U.S.L. FG/1, in dipendenza dell’ affidamento diretto del servizio alla PRODEO, debba essere effettuata - così come è stata effettuata - ponendo a confronto gli esborsi sopportati in esecuzione delle censurate delibere di affidamento e di proroga del servizio con il costo di gestione diretta del servizio.
6. Il danno derivante dalle suddette delibere, come innanzi determinato, deve essere ascritto alla responsabilità dei convenuti.
Per quanto attiene al NILO che, nella qualità di Direttore Generale dell’Azienda A.S.L. FG/1, ha adottato le summenzionate delibere n°215/2000 e 1685/2001, non può revocarsi in dubbio che lo stesso debba rispondere del danno erariale derivatone, come vieppiù palesato dal rilievo che l’art. 16, primo comma, L.R. 28.12.1994 n°36 (recante “norme e principi per il riordino del servizio sanitario regionale”) gli attribuisce la precipua responsabilità della “corretta ed economica gestione delle risorse a disposizione dell’Azienda”
Quanto al LIBERATORE e al DE PASCALE , si osserva che gli stessi, nella rispettiva qualità di Direttore Amministrativo e Direttore Sanitario, hanno espresso parere favorevole con riferimento ad entrambi i suddetti provvedimenti di affidamento del servizio e di proroga (rectius: rinnovazione) dell’affidamento stesso.
In ordine alla posizione del Direttore Amministrativo e del Direttore Sanitario, si osserva che l’art. 3 del D.Lgs. 30 dicembre 1992 n°502 (recante “riordino della disciplina in materia sanitaria a norma dell’art. 1 della L. 23.10.1992 n°421”), nel testo risultante a seguito delle modifiche apportatevi dal D.Lgs. 229/1999, prevede che “il direttore generale è coadiuvato, nell’esercizio delle proprie funzioni, dal direttore amministrativo e dal direttore sanitario” (comma 1 - quater), che essi partecipano, unitamente al direttore generale, che ne ha la responsabilità, alla direzione dell’azienda, assumono diretta responsabilità delle funzioni attribuite alla loro competenza e concorrono, con la formulazione di proposte e di pareri, alla formazione delle decisioni del direttore generale (comma 1 - quinquies), il quale, a termini del successivo sesto comma, “è tenuto a motivare i provvedimenti assunti in difformità del parere reso dal direttore sanitario, dal direttore amministrativo e dal consiglio dei sanitari” (sesto comma), che “il direttore sanitario dirige i servizi sanitari ai fini organizzativi ed igienico sanitari e fornisce parere obbligatorio al direttore generale sugli atti relativi alle materie di competenza” e che “il direttore amministrativo dirige i servizi amministrativi dell’unità sanitaria locale”.
Analogamente la cit. L.R. 28.12.1994 n°36 prevede, agli artt. 17 e 18, che il Direttore sanitario ed il Direttore amministrativo coadiuvano il direttore generale nel governo dell’U.S.L., fornendo pareri obbligatori sugli atti relativi alle materie di competenza, svolgendo attività di indirizzo, coordinamento e supporto nei confronti dei responsabili delle strutture dell’U.S.L., con riferimento, rispettivamente, “agli aspetti organizzativi ed igienico - sanitari ed ai programmi di intervento di area specifica a tutela della salute” ed “agli aspetti gestionali amministrativi”.
E’ evidente, alla luce delle surrichiamate disposizioni, che il Direttore sanitario ed il Direttore amministrativo concorrano alla formazione delle deliberazioni del Direttore generale, con la formulazione dei rispettivi pareri, dei quali gli stessi sono tenuti a rispondere, secondo la previsione di cui agli artt. 49, terzo comma, D.Lgs. 267/2000 e 53, terzo comma, L. 142/1990, che deve considerarsi espressione di un principio generale.
Con riferimento al caso di specie, non può, pertanto, revocarsi in dubbio che il depauperamento patrimoniale conseguito alle suddette deliberazioni di affidamento e di proroga (rinnovazione) dell’appalto di servizi de quo debba essere ascritto, oltre che al NILO, che, nella qualità di Direttore generale ha adottato i suddetti provvedimenti, anche al LIBERATORE ed al DE PASCALE che, nella rispettiva qualità, di Direttore Amministrativo e di Direttore Sanitario, hanno concorso, con i rispettivi pareri favorevoli, alla loro formazione.
7. Passando all’esame dell’elemento psicologico, reputa la Sezione che debba essere disattesa la prospettazione principale attorea per cui “l’evidente volontà degli Amministratori di voler comunque perseverare nell’affidamento alla PRODEO del servizio che ne occupa, in difetto della necessaria ed indefettibile autorizzazione regionale” connoterebbe il relativo comportamento “dei tratti tipici del dolo”, inteso “come cosciente violazione dei doveri connessi al munus publicum esercitato, quali il rispetto di norme imperative (escludenti, cioè, ogni margine di discrezionalità) e dei connessi e sottesi principi destinati a garantire la trasparenza ed imparzialità dell’azione amministrativa, così come dei doveri di gestione economica ed efficiente dell’ente senza spreco di risorse”.
Sennonché, in disparte il rilievo che, come innanzi evidenziato, la delibera n°215/2000 non era soggetta a controllo regionale mentre, d’altro canto, la sola rinnovazione, e non anche l’affidamento del servizio alla PRODEO, era soggetta, ratione temporis, alla preventiva autorizzazione regionale, si osserva come gli assunti attorei sul punto, partono evidentemente dal non condivisibile (implicito) presupposto che, con riferimento alla responsabilità amministrativa, possa essere mutuata la nozione di dolo elaborata ai fini della responsabilità contrattuale anziché la nozione del suddetto elemento psicologico elaborata, sulla scorta della definizione di cui al codice penale (art.43 c.p.), ai fini della responsabilità aquiliana.
Come è noto, la giurisprudenza civile orientatasi, dapprima, nel senso che, perché si abbia dolo del debitore nell’inadempimento o nell’inesatto adempimento dell’obbligazione, non sia sufficiente dimostrare che il debitore sia consapevole di dovere una ben determinata prestazione e tuttavia volontariamente non ne esegua il pagamento o lo esegua in modo inesatto, occorrendo invece che il debitore abbia scientemente trasgredito l’obbligazione con volontà preordinata alla violazione del suo obbligo e, cioè, con malafede, con la consapevolezza di arrecare danno al creditore, per cui ove tale malafede manchi, senza che tuttavia nel debitore faccia difetto l’elemento della volontà, si ha inadempimento colposo (cfr. Cass. 16.01.1954 n°85, Cass. 07.08.1962 n°2441, Cass. 07.12.1987 n°5811) si è, più di recente, espressa nel senso che per la configurabilità del dolo del debitore nell’inadempimento o nell’inesatto adempimento della prestazione dovuta sia sufficiente la consapevolezza di dovere una determinata prestazione ed omettere di darvi esecuzione intenzionalmente, senza che occorra, altresì, il requisito della consapevolezza del danno (cfr. Cass. 30.10.1984 n°5566, Cass. 25.03.1987 n°2899) ed è appunto a questa nozione di dolo che l’organo requirente ha evidentemente inteso riferirsi nel prospettare, a carico dei convenuti, la sussistenza del suddetto elemento psicologico nei termini innanzi riportati.
Reputa, peraltro, la Sezione che la nozione di dolo elaborata nel contesto della responsabilità contrattuale e che assume rilievo per gli effetti di cui all’art. 1225 cod.civ. (che dispone, che “se l’ inadempimento o il ritardo non dipende da dolo del debitore, il risarcimento è limitato al danno che poteva prevedersi al tempo in cui è sorta l’obbligazione” contenendo, pertanto, salva l’ipotesi del dolo, l’obbligazione risarcitoria entro il limite della normale utilità che, secondo l’ordinario comportamento dei soggetti economici, il creditore avrebbe dovuto ragionevolmente attendersi dalla prestazione), non sia mutuabile ai fini della responsabilità amministrativa, considerato che, al contrario della responsabilità contrattuale che deriva dall’inadempimento di una specifica obbligazione e dalla conseguente lesione dell’interesse del creditore che la prestazione dedotta in obligatione era destinata a soddisfare (cfr. art. 1174 cod.civ.), e che si connota per il particolare rigore probatorio a carico del debitore che non esegua esattamente la prestazione dovuta (il quale, a termini dell’art. 1218 cod.civ., è tenuto al risarcimento del danno se non prova che l’inadempimento o il ritardo siano stati determinati da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile), la responsabilità amministrativa non deriva dall’ inadempimento di una specifica obbligazione, ma consegue a qualsiasi comportamento antigiuridico (non iure) posto in essere, con dolo o colpa grave, da un amministratore e dipendente pubblico, nell’esercizio delle proprie funzioni o del proprio servizio, che cagioni direttamente o indirettamente danno all’amministrazione di appartenenza o amministrazioni terze, connotandosi, pertanto, in termini di atipicità.
Deve, pertanto, ritenersi che, ai fini della responsabilità amministrativa, occorra aver riguardo alla nozione di dolo di cui all’art. 43 c.p. ; ne consegue che, ai fini dell’integrazione del suddetto elemento soggettivo, è necessario che il danno arrecato all’erario sia non solo preveduto ma altresì voluto dall’ agente quale conseguenza della propria azione od omissione, o quanto meno che l’agente, prevedendone la verificazione, ne abbia accettato il rischio, comportandosi anche a costo di determinarlo (c.d. dolo eventuale).
Con riferimento al caso di specie, non avendo l’organo requirente allegato, nè tanto meno provato, che i convenuti, concorrendo alla formazione delle censurate delibere, abbiano inteso cagionare danno all’amministrazione di appartenenza né che abbiano accettato il rischio della sua verificazione, deve escludersi che, nella specie, ricorrano i presupposti per la configurabilità del suddetto elemento soggettivo.
Meritevole di accoglimento si palesa, di converso, la prospettazione formulata, sul punto, in via subordinata, dall’organo requirente, nel senso della ricorrenza dell’elemento soggettivo della colpa grave.
I convenuti, infatti, che, per la posizione rivestita nell’ambito dell’Azienda sanitaria, non ignoravano e, comunque, ben avrebbero dovuto conoscere le condizioni stabilite dalla legge per il legittimo ricorso all’esternalizzazione del servizio, per il suo affidamento diretto e per il rinnovo del contratto, hanno, concorso alla formazione delle summenzionate delibere nn°215/2000 e 1685/2001, nonostante che:
- alla stessa stregua della documentazione in atti (relazione sul punto di convenienza) le condizioni di affidamento si palesassero evidentemente e macroscopicamente diseconomiche ;
- non ricorressero, con ogni evidenza, i presupposti per il legittimo ricorso alla trattativa privata, oltrettutto espletata senza neppure una gara informale e senza neppure interpellare le ditte partecipanti alla precedente procedura di gara, non portata a termine;
- non ricorressero palesemente i presupposti per procedere al rinnovo dell’ affidamento, in difetto di una preventiva ed adeguata indagine di mercato.
La circostanza che le suddette delibere non solo sono connotate da gravi e manifeste violazioni della disciplina vigente in subiecta materia ma hanno altresì disatteso pacifici principi di sana ed economica gestione, evidenzia come il comportamento serbato dai convenuti in occasione della formazione delle suddette delibere sia connotato da nimia negligentia e manifesto disinteresse per gli interessi finanziari dell’amministrazione.
style="FONT-FAMILY: ’Times New Roman’,’serif’; FONT-SIZE: 12pt; mso-fareast-font-family: ’Times New Roman’; mso-fareast-language: IT">Non può, pertanto, revocarsi in dubbio la ricorrenza dell’elemento soggettivo della colpa grave e, pertanto, la sussistenza dei presupposti necessari ai fini dell’integrazione della responsabilità amministrativa.
8. Alla luce delle suesposte considerazioni, il danno conseguente alle censurate deliberazioni, come innanzi quantificato in €. 608.073,00, deve ascriversi alla responsabilità dei convenuti.
Non ricorrendo, come innanzi esposto, l’elemento psicologico del dolo, deve conseguentemente escludersi che i convenuti debbano risponderne in via solidale, ai sensi dell’art. 1, comma 1 - quinquies L. 20/1994.
La natura parziaria dell’obbligazione risarcitoria ne impone, pertanto, la ripartizione fra i convenuti, in relazione alla parte avuta da ciascuno nella causazione del danno (cfr. artt. 1, comma 1-quater, L.20/1994 e 82 cpv. R.D. 2440/1923).
In proposito, reputa il Collegio che, in considerazione del paritario apporto causale, i convenuti debbano risponderne in parti uguali.
Non ricorrendo i presupposti per l’esercizio del potere riduttivo, i convenuti debbono essere, pertanto, condannati al pagamento, in favore della Azienda Unità Sanitaria Locale FG/1, dell’importo complessivo di €.608.073,00 (euroseicentottomilasettantatre/00), in ragione di 1/3 (un terzo) ciascuno, pari ad €. 202.691,00 (euroduecentoduemilaseicentonovantuno/00), oltre rivalutazione, secondo indici ISTAT, maturata dal 15.04.2002 (data dell’ultimo pagamento in favore della PRODEO) alla data di deposito della presente sentenza, ed interessi, nella misura legale, sull’importo rivalutato, dalla data di deposito della presente sentenza sino al dì dell’effettivo soddisfo.
Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza e vengono poste a carico dei convenuti in ragione di 1/3 ciascuno.
style="TEXT-ALIGN: center; LINE-HEIGHT: 28pt; MARGIN: 0cm 0cm 0pt; mso-pagination: none; mso-layout-grid-align: none" class=MsoNormal align=center>P.Q.M.
La Corte dei Conti - Sezione giurisdizionale per la regione Puglia, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta, con atto di citazione del 03 - 04.10.2005, dalla Procura regionale nei confronti dei sigg.ri NILO Luigi, LIBERATORE Armando e DE PASCALE Antonio, così provvede:
1) accoglie, per quanto di ragione, la domanda proposta, e, per l’effetto, condanna i convenuti al pagamento, in favore della Azienda Unità Sanitaria Locale FG/1, dell’importo complessivo di €.608.073,00 (euroseicentottomilasettantatre/00), in ragione di 1/3 (un terzo) - pari ad €.202.691,00 (duecentoduemilaseicentonovantuno/00) - ciascuno, oltre rivalutazione, secondo indici ISTAT, maturata dal 15.04.2002 sino alla data di deposito della presente sentenza, ed interessi, nella misura legale, maturandi sull’importo rivalutato, dalla data della presente sentenza sino al dì dell’effettivo soddisfo;
2) condanna, inoltre, i convenuti, in ragione di 1/3 (un terzo) ciascuno, al pagamento delle spese del presente giudizio che, sino al deposito della presente sentenza, si liquidano in complessivi €.118,19(euromillecentodiciotto/19).
Così deciso in Bari nella Camera di consiglio del 23 marzo 2006.
L’estensore Il Presidente
f.to(Antongiulio Martina) style="mso-spacerun: yes"> f.to (Pelino Santoro)
Depositata in segreteria il 11 ottobre 2006
p. il Dirigente
f.to ( Giuseppe de Pinto)
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