LA FRANCIA BLINDA LA RETE
 







di Anna Maria Merlo




Internet aveva dato a qualcuno l'«illusione della gratuità»? Il ministro della cultura francese, Renaud Donnedieu de Vabres, con il progetto di legge che ha presentato ieri sera all'Assemblea per farlo approvare con procedura d'urgenza (cioè una sola lettura parlamentare) vuole togliergliela definitivamente. Il testo sul «diritto d'autore e diritti vicini nella società dell'informazione» è accusato da più parti - associazioni di consumatori, bibliotecari, archivisti e da un fronte trasversale di deputati di destra e di sinistra - di aver sposato e tradotto in legge i desiderata dei giganti della produzione di software e di informatica, Microsoft, Apple, Sony. Il ministro afferma di voler «conciliare la perennità della creazione e l'accesso del maggior numero alla cultura», ma la legge prevede fino a tre anni di carcere e 300mila euro di multa per chi copia illegalmente sul computer musiche o film o altro. Lo fa proteggendo giuridicamente il sistema del digital rights management, dispositivi tecnici che impediscono o limitano le copie. Finora, in Francia, la «copia ad uso privato» era legale, mentre ci sono già stati processi e condanne contro degli internauti troppo attivi. La legge francese intende tradurre nella legislazione nazionale una direttiva europea del 2001. Un'associazione che milita contro questa direttiva (http://eucd.info) ha già raccolto 110mila firma contro e ieri mattina ha dispiegato un rotolo di 4,5 metri con le firme di fronte al ministero della cultura.
Dei giuristi sottolineano il «carattere intrusivo» della legge, che mette un poliziotto in ogni computer. «I diritti di proprietà intellettuale entrano nella sfera privata, cosa che non esisteva finora - spiega Frédérique Pfrunder del Clcv - il digital rights management stabilisce cosa il consumatore può fare di un'opera a casa propria, per il suo uso personale». E sottolineano che il libro, attorno al quale la questione
della difesa del diritto d'autore è stata ampiamente dibattuta, può essere regalato a un amico, fotocopiato in parte, preso in prestito in biblioteca. Invece, con la nuova legge l'accesso a un'opera dovrà passare per un filtro, una sorta di «pedaggio» destinato a riempire le casse delle grandi società. Altri sottolineano che questa norma finirà per «balcanizzare» la Rete, perché i diversi sistemi di digital rights sono incompatibili fra loro.
Donnedieu de Vabres sembra soltanto disposto a flessibilizzare un po' la parte repressiva verso i privati. Il governo dovrebbe presentare un emendamento che permette un «approccio graduato» nella repressione: chi scambia un'opera, film o musica, peer to peer (da utente a utente) sarà in un primo tempo «avvertito» dell'errore. Se continua, riceverà una lettera raccomandata che promette la pena. Che arriverà puntuale se non verrà messa fine alla «frode». Questa posizione trova i favori dei produttori cinematografici, che non vogliono apparire
come dei repressori drastici (ma non si sono ancora messi d'accordo sui tempi da rispettare perché un'opera acceda al catalogo di video su domanda). I difensori della condivisione propongono invece un «canone» (4-7 euro al mese, da pagarsi con l'abbonamento Internet), per conciliare il diritto d'autore e la libertà di accesso alla cultura. Altri chiedono che almeno la legge stabilisca delle «eccezioni», per le biblioteche, per la scuola e la ricerca. L'associazione dei sindaci di Francia giudica il testo di legge «inapplicabile», perché bloccherebbe le iniziative locali. In Francia la discussione sul diritto d'autore nell'era di Internet e il diritto di accesso alla cultura per tutti è molto accesa. Il dibattito risale difatti alla rivoluzione francese: nel 1791 venne votata la prima legge sul diritto d'autore, che aveva cercato di conciliare «il sacro diritto» di un autore di vivere della propria creazione e quello del pubblico di «appropriarsi delle opere».da Il Manifesto