-I biocarburanti sono contro l’etica-
 











Le strategie per la difesa dell’ambiente dell’Unione europea non sono etiche. Almeno per quel che riguarda i biocarburanti. Ad affermarlo è un rapporto del Nuffield Council on bioethics, fondazione britannica indipendente nata nel 1991 che si occupa di problemi legati all’etica. Gli obiettivi dell’Ue sullo sviluppo del settore dei biocarburanti, contenuti nella direttiva per le energie rinnovabili, dovrebbero essere sospesi temporaneamente, raccomandano gli autori dello studio. Finché non saranno chiariti i termini dell’importazione e della coltivazione dei vegetali dedicati alla produzione di carburante. Rispettare l’obiettivo della direttiva, secondo cui entro il 2020 si sarebbe dovuto arrivare al 10% di carburante biologico sul totale del consumo europeo, sarebbe molto pericoloso per l’ambiente.
Perché? La crescita della domanda di piante convertibili in carburante sta cambiando l’economia agricola di molti paesi, impoverendo la varietà delle
coltivazioni e aumentando le monoculture più redditizie. Ma soprattutto sta togliendo terreni e risorse alle coltivazioni per il consumo alimentare, con il conseguente aumento dei prezzi di alcuni alimenti di base per la dieta della popolazione. Non c’è un nesso stretto di causa ed effetto, ma le rivoluzioni scoppiate nel Nordafrica e in Medio oriente hanno molto a che fare con la crescente difficoltà dei più poveri a far fronte all’aumento dei costi per i beni alimentari di base.
Lo studio pubblicato dal Nuffield Council dopo diciotto mesi di ricerca, rappresenta solo l’ultima voce critica in materia di biocarburanti. Prima di loro molte associazioni ambientaliste avevano avanzato la richiesta di fermare completamente il settore. Ma per gli esperti del Nuffield, la speranza che lo sviluppo tecnologico permetta presto di ricavare biocarburanti dalla cellulosa senza danneggiare l’ambiente è ancora viva.
Attualmente il progresso è piuttosto lento e i carburanti di prossima
generazione sono ancora molto cari. Fuori mercato, insomma. Bisognerebbe puntare su carburanti biologici che richiedano meno terre e non abbiamo bisogno di dosi massicce di fertilizzanti e pesticidi. Per il Nuffield, riassume la Bbc, i biocarburanti dovrebbero non essere sviluppati a costo dei diritti umani, essere ecosostenibili, contribuire alla riduzione dei gas serra, rispettare i principi del commercio equo e avere costi e benefici distribuiti in maniera equa. Un decalogo di buone intenzioni che sarà complicato far rispettare alle multinazionali dell’energia prima che la politica ritrovi un’orizzonte di senso compiuto. Per rimediare alla debolezza della politica il Nuffield propone di creare uno schema europeo di certificazione, obbligatorio per i produttori di biocarburante.
«E’ chiaro che le attuali politiche europee non sono accettabili, né etiche», ha detto Joyce Tait, consigliere scientifico del Consiglio sulla ricerca sociale ed economica del Centro Innogen
dell’Università di Edimburgo. Il punto fondamentale, ha spiegato Tait, a capo del gruppo di ricerca del Nuffield, è che «lo sviluppo dei carburanti non deve essere messo in concorrenza con la produzione di alimenti. Non è una cosa che possa essere controllata direttamente, ma indirettamente, con la certificazione».
Niente affatto, hanno ribattuto alcuni gruppi ambientalisti: credere che la certificazione possa risolvere la questione è un’ingenuità. «Il governo deve semplicemente cancellare i biocarburanti dai propri obiettivi, ha commentato Kenneth Richter di Friends of the Earth. Mentre secondo Robert Palgrove di Biofuelwatch «non ci sono modi scientifici credibili per calcolare l’impatto dei biocarburanti sull’ambiente. Si dovrebbe tenere in considerazione anche quello indiretto, come la speculazione e l’aumento del costo dei terreni, e l’impatto delle infrastrutture sull’ambiente». Si tratta dunque di una scommessa comunque troppo rischiosa.