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Una guerra che nessuno vuole chiamare così, ma che ha tutti i requisiti per essere la fotocopia degli ultimi conflitti che gli Alleati hanno intrapreso. Bombe "intelligenti" che a quanto pare non uccidono, un embrargo sulle armi che però non spiega da dove arrivano tutti quei mitragliatori che i cosidetti ribelli impugnano. Stando agli ultimi bollettini la Nato nei primi sei fgiorni delle operazioni hanno condotto 851 sortite, e in 334 casi, sempre stando ai portavoce dell’Alleanza, si è trattato di attacchi mirati. Nessuno però ha spiegato, e a quanto pare nessuno ha posto la domanda, dove siano finite le bombe e i missili negli altri 517 casi che a quanto pare non erano mirati. Ieri la Nato ha respinto le critiche dei rivoltosi che l’accusavano di non bombardare abbastanza e di agire troppo lentamente. LìAlleanza ha risposto ha assicurato che farà di tutto per proteggere i civili a Misurata. La situazione a Misurata appare, come molte cose di questo conflitto confusa. Alcuni capi dei ribelli, parrà strano ma nessuno conosce i loro nomi, hanno denunciato che a Misurata la situazione non sarebbe più sostenibile. Parole che sono poi state ripetute dal più guerrafondaio degli Alleati. il ministro degli Esteri francese Alain Juppe. Il portavoce della Nato Carmen Romero ha assicurato che «le operazioni militari continuano in modo impeccabile e allo stesso ritmo» di sempre. Ma ha anche ammesso che a complicare le cose c’è il «cambiamento di tattica» adottato dalle forze leali al rais. «Nascondono i blindati, usano scudi umani contro i nostri raid», ha dichiarato il portavoce. Anche Juppe ha sottolineato che condurre i raid «è ora più difficile», dal momento che le forze governative si mescolano tra i civili. Intanto l’agenzia ufficiale libica Jana ha dato notizia di un messaggio scritto inviato dal colonnello a Barack Obama, «in seguito al ritiro americano dalla crociata colonialista contro la Libia». Non si conoscono ancora i dettagli del messaggio. Le forze del colonnello hanno costretto i rivoltosi libici a lasciare Brega e a fuggire ad almeno 40 chilometri di distanza dal terminal petrolifero. Un ribelle, Hossam Ahmed, ha spiegato che si sta combattendo a 40-60 chilometri da Agedabia e ha insistito nel dire che quello dei rivoluzionari non è un ritiro definitivo. Sul fronte internazionale la pattuglia dei volenterosi è alla ricerca di un modo per risolvere la crisi. Berlusconi telefona a Cameron e Frattini vola a Washington per incontrare Clinton. La Turchia discute con gli insorti della possibilità di un cessate il fuoco. Mosca vuole conoscere le modalità dell’intervento Nato mentre la Francia insiste sulla possibilità di rifornire via mare Misurata. Ma va anche detto che soltanto lunedì, un’imbarcazione turca aveva bloccato - per conto della Nato - un rimorchiatore in transito tra Bengasi e la "città martire", che trasportava armi e aiuti umanitari. Intanto la Giordania ha inviato un imprecisato numero di aerei militari per contribuire all’imposizione della no fly-zone decretata dalle Nazioni Unite sulla Libia. Tra le ultime notizie che arrivano dal teatro di guerra anche il ritrovamento di foto di cadaveri con segni di torture scovate da un inviato del New York Times in una stazione di polizia data alle fiamme a Zawiyah, città conquistata dagli insorti e ripresa poi dalle forze governative. Lo scrive lo stesso inviato, David D. Kirkpatrick, sul giornale. «Le facce dei morti hanno espressioni di terrore», scrive Kirkpatrick, che ha scoperto le foto durante un viaggio organizzato dal governo di Tripoli nella città, devastata dai combattimenti. Immagini dell’orrore che vengono imputate al regime di Gheddafi. Il procuratore della Corte penale internazionale, Luis Moreno-Ocampo, non ha dubbi sul fatto che l’uccisione di civili segue un "piano premeditato", che dopo le rivolte in Tunisia "ha cominciato ad organizzarsi per affrontare" eventuali disordini anche in Libia. Viene da chiedersi se così è perchè l’Alleanza dei volenterosi oltre che a bombardare non presta soccorso a coloro che provano a fuggire da quell’inferno? |
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