|
|
Cameron-Clegg crisi di coppia sulla sanità rischio rottura |
|
|
|
|
|
|
|
|
E’ passato un anno dalla formazione dell’esecutivo di coalizione tra i conservatori di David Cameron e i liberaldemocratici di Nick Clegg. La strana coppia della politica britannica si è formata per l’esito maldestro delle elezioni politiche del 6 maggio 2010, che per la prima volta dagli anni ’70, hanno consegnato al paese un parlamento "sospeso", senza una maggioranza tale da permettere a un solo partito di governare. All’inizio tra Cameron e Clegg, entrambi affamati di affermazione istituzionale, sono state rose e fiori. Le foto dei due quarantenni con sorriso durbans per tutte le occasioni lo dimostrano. Ma per il primo anniversario di "matrimonio" politico non si è stappato lo champagne. Almeno in casa LibDem. Le elezioni amministrative del 7 maggio, stessa data in cui si è tenuto un referendum sulla legge elettorale fortemente voluto da Clegg e bocciato, sono state un disastro per gli alleati di governo dei Tory. Se a ottobre del 2010 l’allora leader laburista facente funzioni, Harriet Harman, poteva annunciare, in occasione del convegno annuale dei Tory, che dopo cinque mesi di alleanza di governo Cameron-Clegg 12mila sostenitori liberaldemocratici erano passati al Labour, il voto amministrativo di questo mese ha mostrato la fuga di massa dell’elettorato liberaldemocratico. Il partito di Clegg ha perso ovunque. Una disfatta motivata da uno scivolone politico dietro l’altro. A partire dal tradimento agli studenti, che alle politiche avevano votato in maggioranza per Clegg, volto nuovo della politica rispetto all’allora Premier laburista Brown e a Cameron, senza esperienza di governo a livello personale, ma espressione della vecchia alternanza di potere. Uno dei cavalli di battaglia di Clegg in campagna elettorale era stato il netto «no» all’aumento delle tasse universitarie, per non rendere l’istruzione superiore un privilegio per pochi. Diventato vice-Premier della coalizione di governo, Clegg ha invece sostenuto la riforma che ha aumentato le rette universitarie fino a novemila sterline. Clegg ha poi sostenuto in pieno la politica dei tagli selvaggi al settore pubblico ideata dal ministro delle Finanze Osborne, miliardario di famiglia come David Cameron. Per dare un’idea di quanto sia pesante l’aria che si respira al governo, basta guardare le vignette sui giornali. Clegg appare raffigurato come il maggiordomo di Cameron. Un immagine che sta diventando una costante. Un po’ come quando ai tempi della guerra in Iraq Tony Blair era ritratto nelle caricature come il barboncino al guinzaglio di George Bush. Accusato dalla base e da esponenti del suo partito di preferire la poltrona di vice-Premier a quella di segretario, Clegg, cerca ora di correre ai ripari, alzando il prezzo dell’alleanza con Cameron. Da qualche giorno il leader LibDem parla di una «nuova fase» nell’alleanza di governo. Tardivamente si sta opponendo a iniziative dei Tory che sconfessano non solo le promesse elettorali liberaldemocratiche, ma quelle dello stesso Cameron. E’ il caso delle riforme, leggi privatizzazioni, che si vorrebbero introdurre per l’Nhs, il Servizio sanitario nazionale. La settimana scorsa Clegg ha affrontato l’alleato sulla questione Nhs, dicendo no alle privatizzazioni presentate sottoforma di miglioramento della competitività delle prestazioni mediche. La salute non è paragonabile all’energia elettrica, ha detto Clegg ai colleghi di governo. Difendendo le idee di riforma David Cameron ha dichiarato: «Io amo l’Nhs. Voglio modificarlo per renderlo migliore». Dopo la batosta elettorale di inizio maggio, pur non attaccando a viso aperto Cameron, Clegg ha ribattuto sul tema: «La gente è confusa ascolta i politici dichiarare il loro amore per l’Nhs, per vedere poi, il giorno dopo, prospettare riforme che sono una grande opportunità per le grandi aziende del settore sanitario». L’aspetto esilarante che si accompagna alla crisi della coppia che scoppia Cameron-Clegg, è che il ruolo della suocera che borbotta non è incarnato solo da ministri ed elettori LibDem, ma anche dalla vecchia guardia Tory, forse inconsapevole delle difficoltà futura di scovare un alleato-tappetino del calibro di Clegg. Lo zoccolo duro conservatore non si rende nemmeno conto che se il referendum per cambiare il sistema elettorale, dall’uninominale secco al voto alternativo, non fosse stato affossato da un Labour spaccato, la strada per Downing Street sarebbe molto più in salita per il loro partito. Se si sommano i voti delle forze progressiste del paese, o presunte tali, la destra è minoranza. Francesca Marretta |
|