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Mortalità da inquinamento: più 10.000 casi rispetto alla media |
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In Italia i cittadini rischiano di morire solo perché vivono vicino a fonti di emissioni pericolose: amianto, diossina, petrolchimica, discariche pericolose
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Dopo la pubblicazione dei risultati del Progetto Sentieri, Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento, condotto da esperti dell’Istituto superiore di sanità, in collaborazione con l’Oms e l’Università La Sapienza di Roma, la preoccupazione inizia a dilagare: da nord a sud i cittadini muoiono di più se vivono nelle vicinanze di industrie petrolchimiche, depositi di amianto o importanti fonti di inquinamento. Gli esperti hanno infatti valutato che, nei Sin, siti di interesse nazionale per le bonifiche, sono riscontrabili almeno 10.000 morti in più rispetto alla media regionale. Lo studio ha preso in considerazione 6 milioni di abitanti, residenti in 289 comuni e 63 diverse cause di morte potenzialmente associate alla residenza in prossimità di poli chimici, petrolchimici, raffinerie, stabilimenti siderurgici, centrali elettriche, miniere e cave, aree portuali, siti di smaltimento di rifiuti e inceneritori. Ma oltre allo scopo informativo – chi risiede vicino a questi siti ha il diritto di conoscere i rischi – il fine ultimo del progetto Sentieri, come spiega Pietro Comba, epidemiologico dell’Iss (Istituto Superiore di Sanità), è individuare le priorità per le bonifiche da implementare al più presto sul territorio italiano. E questo è quello che ci si augura: un’azione urgente delle autorità competenti in grado di mettere in sicurezza i siti a maggior rischio inquinamento, garantendo così condizioni di vita sicure agli abitanti del Belpaese. I dati purtroppo sconfortano: delle 10.000 morti in più rispetto alla media regionale, il 43% è stata causata da tumore, il 19% a malattie cardiocircolatorie, il 16% da patologie legate all’apparato digerente. Tra i tipi di cancro più diffusi quello che prevale è quello ai polmoni, che si verifica nel 45% dei casi, seguito da quello al fegato, con un 11%. I numeri precisi e dettagliati sulla mortalità non sono ancora stati diffusi e, come ricorda Marco Martuzzi, epidemiologo del centro Europeo per la Salute e l’Ambiente dell’Oms «è molto difficile fare una "classifica" dei siti più pericolosi. Certo, fra quelli esaminati ce ne sono alcuni molto grandi, come Taranto, Massa o Bari, che ovviamente preoccupano di più. Di sicuro dallo studio emerge che ci sono situazioni che presentano criticità rilevanti nel campo della sanità pubblica, in cui ci sono mix di fattori di rischio in azione». Resta l’ombra dell’amianto su Casale Monferrato, Broni e Biancavilla; quella delll’industria petrolchimica su Taranto e Porto Torres; e le discariche pericolose nel Litorale Domizio Flegreo e nell’Agro Aversano. Allarmato dalle informazioni apprese, Ermete Realacci commenta a caldo le condizioni in cui versano territorio italiano e abitanti: «i dati diffusi oggi sulla mortalità dei cittadini nei pressi dei siti inquinati sono molto gravi e danno il quadro di una situazione molto allarmante e ancora ben lungi dall’essere risolta – e aggiunge - le bonifiche delle aree fortemente contaminate che si trovano nel nostro paese sono ancora in alto mare e certo non aiuta che questo Governo abbia tagliato drasticamente le risorse, già insufficienti, destinate a risanare i siti inquinati. Il Governo anche in questo caso è del tutto latitante, mentre invece dovrebbe far saper con urgenza come intende far fronte a questa situazione che mette a rischio la salute di migliaia di italiani». |
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