Critici musicali e pubblico
 







di Rosario Ruggiero




Nell’infinito ambito delle espressioni di operosità umana l’esperienza porta ad osservare che più un’attività è considerata nobile, più si presta a contraffazioni. Un idraulico è riconosciuto tale se riesce a riparare rubinetti, un meccanico se riesce a riparare macchine, un tappezziere se riesce a rivestire divani ed un giardiniere se riesce ad accudire a giardini, non diversamente; ma nel campo della cura delle anime si vedono pacificamente coesistere i fra Cristoforo ed i don Abbondio, nel mondo forense sguazzare gli Azzeccagarbugli, dietro le cattedre degli atenei sedere tanto autentici luminari quanto neghittosi personaggi tronfi e pieni della loro prosopopea e nel mondo dell’arte l’ultimo dei guitti ed il più nobile dei poeti condividono l’appellativo di artista, Michelangelo Buonarroti come il più meschino autore di canzonette, Ludwig van Beethoven come il peggior ballerino di avanspettacolo.
Perché questo possa succedere in certi luoghi, se non nel mondo intero, è poi un problema sociologico che non è questa la sede in cui sviscerare, certamente gli effetti di tale realtà possono essere anche altamente disastrosi.
Se comunque tali osservazioni sono vere, allora certo nobilissima attività è quella del critico musicale giacché servilismo, incompetenza, esercizio di potere, malafede, boria ed altre miserie umane, se mancano, hanno sicuramente ampie possibilità di esistere. Ma, innanzitutto, cosa è un critico musicale?
Il critico musicale è, o perlomeno dovrebbe essere, la persona preposta ad illuminare il pubblico sulla fruizione della musica, colui che stimola, affina e consapevolizza circa l’ascolto musicale. Presente agli eventi musicali, ha il ruolo di esprimere giudizio e, con questo, la possibilità di creare o distruggere la carriera di un musicista, anche, purtroppo, arbitrariamente, ma questo solo attecchendo sull’ignoranza e l’abulia di chi ne accetta  passivamente le sentenze.
Quali, allora, le virtù che un critico musicale dovrà possedere? E sono virtù innate o costruite?
In realtà ognuno di noi è in grado di esprimere giudizi corretti, ma perché questi giudizi nascano occorrono opportune comparazioni. Maggiori sono queste comparazioni, più fine potrà essere il giudizio. Nessuno che viaggi per la prima volta in vita sua in automobile potrebbe dire se quella su cui sta viaggiando sia un’automobile veloce o lenta, comoda o meno. Solo dopo aver viaggiato su diverse automobili si potranno correttamente giudicare di ognuna la velocità e gli agi. Automobili considerate velocissime e confortevoli già solo cinquanta anni fa, confrontate a quelle odierne appaiono, ed apparirebbero agli stessi entusiasti passeggeri di allora, tutt’altro. Così è in tutto. Così è anche nella musica. Qualunque brano musicale e qualunque interpretazione musicale può apparire bella se non si conosce di meglio. È l’ampiezza degli ascolti che affina il gusto e le esigenze.
Il critico musicale dovrà
avere allora opportuna esperienza di ascolti e, siccome il suo giudizio dovrà essere comunicato, ci si augura possegga opportuna chiarezza espressiva, e, giacché è bene illumini il pubblico, non potrà mancare di opportuno spessore intellettuale, e, considerato che indirizza le scelte delle persone che in qualche misura gli si affidano, guida il gusto e favorisce o danneggia carriere, è necessario abbia spessore etico, perché da critico musicale non si trasformi in misero ciarlatano o dannoso imbonitore di masse.
Quello che invece può capitare di vedere è un nocivo esercizio di potere in altri campi ben più difficile, se non impossibile, da esercitare. Se, ad esempio, in ambito calcistico qualcuno esprimesse, specialmente ad un pubblico maschile, giudizi erronei o mendaci, verrebbe ben presto squalificato, il pubblico degli uomini essendo mediamente competente di calcio e di calciatori, e questo per una esperienza acquisita di infinite partite di calcio viste, e per un interesse forte ed autentico nei confronti di questo gioco.
Ma se a persone disattente e disinteressate verso la musica, un critico musicale comunicasse il più falso dei giudizi, in buona fede, per ignoranza, o in cattiva fede, per malizia, ingenererebbe in queste non dei giudizi, ma dei pregiudizi, giacché giudizi non verificati personalmente, tra l’altro falsi e devianti. Potrebbero nascere così falsi miti, verrebbe tolto spazio a migliori espressioni artistiche, languirebbero, sconosciuti, ben maggiori composizioni e ben più meritevoli interpreti, formati o da formarsi. La massa disattenta e disinteressata sentirebbe e leggerebbe più volte osannare un’opera o un artista indipendentemente dal loro autentico valore  e acquisirebbe quei dati per veri. La fama di questi si andrebbe via via gonfiando, l’artista sarebbe fiduciosamente preferito, i suoi compensi lieviterebbero, il pubblico, sull’onda dell’esaltazione mediale, accorrerebbe alle sue esibizioni ed, alla resa dei conti, il giudizio finale potrebbe anche essere obnubilato dalla suggestione dell’opinione altrui, ma la parte più profonda di ognuno di noi, quella che sa percepire il vero per intimo sentimento sfrondato da ogni sovrastruttura collettiva, e non sempre ha la voce così altisonante da sovrastare suggestioni indotte, rimarrebbe delusa, ed alla noia dello spettacolo si aggiungerebbe l’intima frustrazione di ritenere di non essere in grado di percepire quanto, invece, pare gioiosamente percepito dagli altri, che poi, profondamente, in realtà vivono la stessa condizione. La farsa collettiva si imporrebbe prepotentemente sul più intimo ed onesto sentire.
Ad ulteriore strumento di questi critici nocivi si aggiunge poi, così soventemente, il linguaggio volutamente oscuro ed esoterico che, o non dice nulla, o spesso esprime ovvietà che il profano, a cui gioverebbero pure, non riesce a cogliere a causa del linguaggio strettamente tecnico, l’esperto, invece, certo comprende, ma riconosce il contenuto per lui
estremamente banale e scontato. Insomma si perpetua così quel “latinorum” manzoniano di casta che purtroppo nel XXI secolo ancora non trova motivo di estinguersi.
In definitiva, anche il critico va giudicato criticamente giacché tutto quanto finora detto, è sempre il caso di ribadire, può aver vita solo sull’ignoranza di chi subisce, il quale diviene così come plasmabilissima creta nelle mani di ogni amorale appena appena più colto. E la musica, forse già in molti casi, ma certo particolarmente in questo, si rivela preziosa ed esemplare maestra di vita.