Roma si colora di uguaglianza. Per Lady Gaga
 











Lady Gaga veste Versace e parla da guru. Dopo l’inno all’amore paga pegno e ringrazia la politica romana “per aver permesso tutto ciò” ma rimedia una bordata di fischi. L’icona glbt atterrata a Roma e scortata come un capo di Stato canta e incanta ma solo al termine di un lungo sermone che parte dalla sua italianità di seconda generazione e finisce con la nascita di un movimento di liberazione dall’oppressione dell’omofobia. Niente Vaticano, niente Papa, poca politica e una commozione studiata da uno spin doctor esperto.
E Roma? Cinquecentomila in corteo dietro a quaranta carri colorati, i cui decibel si amplificano sui palazzi di via Cavour e forse un milione al Circo Massimo, segno che Gaga in versione Roma Capitale è un’operazione vincente di marketing dell’uguaglianza. Ma a ben guardare i volti chi parte da piazza della Repubblica e arriva al Colosseo la popolazione in festa è più una maggioranza etero che Glbt, segno che la diversità
ostentata con le paillettes i travestì sembra appartenere ad una generazione del passato. Roma, caput europae del movimento per i diritti omosessuali, cambia le regole del gioco. Disco e drag queen non sono più l’attrazione  ma lo sfondo, a volte anche triste come i baci omosex ad uso e consumo delle telecamere e dei fotografi, di una voglia di cambiamento che parte dalla percezione per cui il diverso è l’intollerante e non più il tollerato. E la festa parte.
Sbuffano i tir, ondeggiano e vibrano, saltano quando i “bassi” spostano l’aria. Apre una fila che dura quattro ore il Coordinamento dell’Europride e poi il Coming Out, gli Orsi, il Muccassassina e gli altri. La presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, ci prova ad infilarsi ma è un atto pubblico alla partenza, poi sparisce. Ci sono i gay di destra con le bandiere di Fini e Fli e le famiglie Arcobaleno con un trenino pieno zeppo di bimbi. C’è soprattutto tanta gente “normale” che guarda e sorride; apprezza i
ballerini dai glutei di ferro in costume ridotto e le ballerine nate e cresciute in periferia, eleganti e trasgressive nelle movenze; tenere nella loro romanità che emerge al momento clou di aprire la bocca: “Ahò, ma de che; ’ndo stamo. Uffa che caaaardo”. Una riedizione di “birra e calipppo” in versione Europride. Ci sono poi le signore di via Cavour che mettono i cuscini sotto i gomiti, perché per vedere tutta la sfilata ci vuole pazienza e resistenza.
Si balla, si bacia, si saluta. Al Colosseo la svolta: i gladiatori del 2011 sono disarmati e ballano. Si prendono per mano e si baciano e “al mio via” invece dell’inferno, i novellli Russel Crown alzano il volume e si prendono per mano teneramente. Gli archi del monumento cartolina si aprono sulla gay street. Alla faccia del Comune di Roma che non ha ancora deciso sulla pedonalizzazione, le tre auto parcheggiate sono puntini in un mare di colori e di umanità. La gay street saluta l’Europride che ringrazia: la sosta del supercorteo
dura 20 minuti. C’è tempo persino per provare ad “imbarcare” una coppia di novelli sposi romanissimi. Lui un pensierino a salire sul carro ce lo fa, lei lo richiama all’ordine con un raro senso di proprietà che sembra dirla lunga sui rapporti futuri. Tant’è che la sfida dello sposo è tutta in una foto ricordo tra due gay che lo accarezzano. Il circo è sullo sfondo e qui la città si mescola sino a creare un’amalgama unica sotto il segno della musica. Il popolo glbt è tutt’uno con gli amanti di Gaga, la star che parla per 10 minuti abbondanti e che poi preferisce la voce alla musica. E che voce. Una bianca con la grinta di una nera e un cognome che a Roma fa sorridere: “My name is Stefany, Joanne, Angelina Germanotta”, e Roma esplode in un applauso da far tremare il Circo. Se ne accorge anche Susanna Camusso. La leader Cgil si aggira nel backstage quasi con la speranza di un posto sul palco per parlare magari di referendum. Non ci salirà mai, così come rifiuterà qualsiasi commento ufficiale alla sua presenza. Ad introdurre Lady c’è Claudia Gerini che parla d’amore e di maternità e introduce il manifesto dell’uguaglianza made in Usa: “Sono tanti i Governi nel mondo che negano i propri diritti ai cittadini e noi dobbiamo abbattere queste barriere in Paesi come Lituania, Libano, Polonia, Russia, Ungheria e nei Paesi mediorientali. Io oggi sono qua come cittadina del mondo, per chiedere ai governi di rendere più agevole questo nostro sogno di uguaglianza. Non continuate a dividerci. Diteci piuttosto quando arriverà il giorno del nostro matrimonio?”.
Il resto è un po’ noia per via della lunghezza ma Lady Gaga a Roma è una “prima” che non si vogliono perdere nemmeno quelli della Croce Rossa che giurano: “Vedrai che mentre canta non si sente male nessuno”. Così sarà. Ecco, l’Europride non ha fatto male a nessuno. Anzi, ha segnato il punto di svolta nel cammino dell’uguaglianza. Difficile resistere a tanti etero sottobraccio al popolo glbt. Chi non capisce si prepari
a pagare il prezzo politico della stupida indifferenza. affaritaliani.it-Fabio Carosi