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-NO PANICO-, MA NIENTE POLLO NELLE MENSE U E |
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di Alberto D'Argenzio
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Mentre si attendono le risposte agli esami sulla virulenza del virus H5 scoperto negli allevamenti francesi, i primi della Ue, i 25 e la Commissione lanciano da Vienna l'operazione «Stop al panico»: «La situazione è di allerta ma non di allarme», abbassa i toni il Commissario alla salute Markos Kyprianou. La febbre aviaria «è una malattia che riguarda gli animali - continua Kyprianou - e sono state prese le misure necessarie per proteggere gli esseri umani dal contagio, non c'è nessuna ragione per farsi prendere dal panico». Per far passare questo messaggio, i 25 hanno deciso di lanciare una «campagna comunitaria di informazione», che dovrebbe essere preparata già a marzo e che mira a chiarire le idee agli europei: «La popolazione, che ha reagito in maniera diversa nei vari paesi europei, è confusa», ammette il Commissario. Effettivamente i consumi sono evoluti in maniera assolutamente difforme in Europa: in Italia c'è stato il record negativo, mentre altri paesi anche loro colpiti dal virus, come la Germania, hanno fatto registrare un andamento più o meno stabile o solo dei cali limitati. Difformità notevoli che possono nascondere anche responsabilità politiche o mediatiche nel trattare la febbre aviaria. Se la popolazione è confusa, non va meglio al Parlamento europeo. Ieri, mentre da Vienna si lanciava la campagna «Stop al panico», contemporaneamente a Bruxelles spariva dalla mensa dell'Eurocamera il pollo. Una sparizione con il giallo. L'operazione veniva confermata da alcuni dipendenti delle Sodexho, la multinazionale del catering incaricata di dar da mangiare a deputati, assistenti, funzionari e intrusi, che indicavano in ordini dall'alto il cambiamento del menù, dal pollo al manzo. A più alti livelli c'è però silenzio, per una ragione o per l'altra. Ieri pomeriggio nessun addetto stampa della Sodexho rispondeva al telefono, mentre un portavoce del Parlamento europeo ha ammesso di non saperne nulla e di non poter nemmeno contattare il responsabile della mensa, di venerdì pomeriggio. I chiarimenti venivano rimandati a lunedì. Da parte sua il portavoce ha comunque assicurato di aver mangiato a pranzo un panino al tacchino in uno dei bar dell'Eurocamera, «ma è pur vero - ammette lui stesso - che con la confusione che c'è nel Parlamento, si può proibire il pollo in mensa e lasciare il tacchino in un bar». Confusioni su confusioni, fatto sta che il pollo non c'era ed il messaggio che ne deriva è assai pericoloso, soprattutto quando dalle istituzioni comunitarie si ripete - e con assoluta ragione - che mangiare carne di volatili, ancor più se ben cotta, non porta ad alcun rischio per la salute umana. Per riconquistare la fiducia dei consumatori è sicuramente più utile l'idea di procedere all'etichettatura della carne di pollame che si consuma in Europa, un'iniziativa già adottata in Italia e che ieri è stata inserita, come una possibilità da «verificare accuratamente», anche nel documento finale del Consiglio dei ministri della Salute in corso in Austria. La Cia, la Confederazione italiana allevatori, ha accolto «positivamente» il documento approvato a Vienna, visto che «l'etichettatura è uno degli elementi fondamentali per garantire la sicurezza sanitaria e la qualità delle produzioni». Anche Ermete Realacci di Legambiente brinda all'idea: «E' importante per i consumatori, che sapranno dove e come è allevato e macellato l'animale, e per i produttori, che saranno tutelati da forme di concorrenza sleale e, potenzialmente, dalle psicosi come quella innescata dall'influenza aviaria». I 25 ministri si ritroveranno a discutere di polli il 24 e 25 aprile in una riunione preparatoria delle decisioni che verranno prese a giugno. Nel frattempo il virus ha già visitato in pianta stabile otto paesi Ue, potrebbe essere entrato negli allevamenti francesi (ieri tutti pendevano dalle labbra del ministro d'oltralpe) e soprattutto è in azione in Africa, un continente non in grado di gestire la malattia. L'Europa si è detta ieri «impegnata direttamente a sostenere gli Stati africani: è necessario impedire che la malattia diventi endemica perché potrebbe avere conseguenze drammatiche per quelle popolazioni».da Il manifesto
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