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La mobilitazione degli attivisti leghisti a Pontida non ha dato, come in passato, nuovi impulsi e motivazioni per il partito ma ha anzi offerto una rappresentazione senza veli delle difficoltà e dei problemi che il Carroccio deve affrontare. Non sono serviti neppure i messaggi ostentati dalla Padania: prima un’edizione straordinaria con il titolo “Ultimatum al governo”, e poi, il giorno successivo, un nuovo ultimatum “Prendere o lasciare”. Il clima del raduno di Pontida è stato dominato dalla percezione diffusa che il ciclo di espansione avviato nel 2008, sia ormai destinato al declino, come hanno dimostrato le recenti elezioni amministrative e i quattro referendum. Il netto indebolimento della Lega si è manifestato in parallelo, strettamente intrecciato con quello di Berlusconi, del suo governo e del Pdl. In questo contesto, un rapida ridefinizione della strategia politica appare molto problematico per il Carroccio e non priva di pericoli e insidie. Il raduno di Pontida ha mostrato chiaramente le tensioni e le spinte contraddittorie che investono il movimento. Gli atteggiamenti dei militanti e simpatizzanti presenti sul “sacro prato” erano caratterizzati da inquietudini e insoddisfazioni che riflettevano il clima sociale percepito sul territorio, fra gli stessi elettori leghisti, delusi del governo attuale e preoccupati per un futuro sempre più problematico. L’intervento molto atteso di Bossi non ha lanciato appelli alla mobilitazione, ma è stato in gran parte dedicato a rassicurare e “fare ragionare” la base, valorizzando le cose positive fatte grazie alla collaborazione con Berlusconi e proponendo altri obietti realizzabili solo restando al governo. Una rottura potrebbe portare ad elezioni anticipate che penalizzerebbero il Pdl ma anche la Lega, perché il clima di opinione appare favorevole alla sinistra. In questo contesto, si propone di rimandare il più possibile la prossima tornata elettorale: un progetto che può intrecciarsi facilmente con la volontà di Berlusconi di fare durare più a lungo possibile il suo governo. E d’altra parte, se la Lega rompesse l’alleanza con il Cavaliere sarebbero a rischio tutte le posizioni di governo e di sottogoverno acquisite negli ultimi anni, a livello nazionale e locale. E’ stata nella sostanza proposto un congelamento della situazione attuale fino al 2013, un’idea che non ha entusiasmato la base e ha suscitato evidenti perplessità in molti dirigenti. Le richieste “irrinunciabili” presentate agli alleati di governo sono tutte accettabili o facilmente negoziabili, senza rischiare rotture della coalizione di governo. Alcune misure sono destinate a beneficiare particolari categorie sociali (allevatori, artigiani piccole imprese). Altre richieste, come la riduzione del carico fiscale per i “produttori” restano largamente indeterminate. Altre ancora, o sono inattuabili, come la fine della guerra in Libia o hanno in significato solo simbolico come il trasferimento dei ministeri al Nord. Questa proposta è stata avanzata soprattutto per contrastare le accuse diffuse sottotraccia nella base leghista, che vede i dirigenti del Carroccio sembrano sempre più simili agli altri politici insediati a Roma. E’ stato già concordato con il Pdl un ridimensionamento del progetto, limitato al trasferimento degli uffici di rappresentanza di alcuni ministeri. Bossi e i dirigenti leghisti tenteranno comunque di ostentare la loro presenza nelle nuove sedi, con qualche iniziativa per richiamare l’attenzione dei media. Qualcosa di simile a quello che avveniva in passato con le sedute del “Parlamento Padano”. Oggi si vuole dimostrare che è possibile esercitare funzioni di governo nazionale restando al Nord. Un progetto che ha poche probabilità di entusiasmare l’elettorato leghista. Si sono d’altra parte manifestati a Pontida altri segnali che mettono i relazione le inquietudini della base con le possibili divergenze nella dirigenza del Carroccio. Hanno suscitato molte discussioni le scritte e gli slogan per “Maroni presidente del consiglio”. Si poteva cogliere i questi slogan un doppio significato: da una parte la volontà di imprimere una svolta molto forte al quadro politico attuale, senza temere di mettere in discussione anche il governo Berlusconi; dall’altra la proposta aperta di una leadership di riferimento diversa da quella storica. Anche se Maroni ha ribadito che è Bossi il “capo”, la sua aperta discesa in campo ha suscitato allarme tra i più stretti collaboratori del Senatùr e anche tra i potenziali concorrenti. Le tensioni fra i diversi gruppi e le diverse correnti per allargare le aree di potere e di influenza nel Carroccio si intrecceranno inevitabilmente con le divergenze sulle possibili strategie per fare uscire la Lega dalle attuali difficoltà. Nel raduno di Pontida si sono manifestate più chiaramente e apertamente, come ha osservato Ilvo Dianati, le divisioni fra una «Lega di governo» e una «Lega di lotta» che già in passato erano emerse. Ma le divisioni e le differenze che si sono presentate a Pontida segnalano anche problemi di tipo diverso, e probabilmente più preoccupanti per il futuro del Carroccio. In primo luogo, una distanza e un relativo scollamento fra la dirigenza e la base leghista che non si era mai verificato in passato. Non meno importanti sono le divisioni sempre più visibili, che attraversano la stessa dirigenza leghista e possono collegarsi e dare voce alle tendenze che emergono nell’elettorato potenziale del Carroccio. Roberto Biorcio |
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