L'EMERGENZA NASCOSTA
 







di Patrizio Gonnella




Nascosti per cinque anni sotto la sabbia, i vertici dell'amministrazione penitenziaria sono usciti allo scoperto a poco più di un mese dalle elezioni per dirci che in carcere si sta male, che ci si ammazza molto, che ci si ammala più che fuori, che si sta troppo stretti e così via. Negli scorsi cinque anni abbiamo invece sentito parole e letto circolari di altro tenore, compresa quella che dichiarava noi di Antigone anarco-insurrezionalisti, allertando le sentinelle sulle garitte. Durante un anno di iter parlamentare sulla ex Cirielli abbiamo chiesto ad alta voce a chi dirige l'amministrazione penitenziaria di spiegare pubblicamente che con le norme dure sulla recidiva ci sarebbe stata l'implosione delle carceri. Neanche una parola. Non ci aspettavamo una dichiarazione di obiezione di coscienza, ma almeno il racconto obiettivo ai vari Vitali, Mantovano e Giovanardi, cultori nostrani del proibizionismo e della zero tolerance, di come stanno realmente le cose. Ossia che nelle carceri oramai siamo all'emergenza umanitaria. Abbiamo chiesto in questi anni di dare esecuzione a quel regolamento del 2000 che imponeva standard di vita interna conformi alle norme internazionali. Il ministro Castelli ci ha risposto che le carceri non devono essere hotel a 5 stelle e l'amministrazione da lui diretta ha lasciato decadere il sistema penitenziario lentamente fuori dalla legalità. Abbiamo chiesto che fosse rispettata la legge e che fosse garantito il diritto alla salute. Per ragioni corporative, hanno impedito il passaggio di competenze della medicina penitenziaria al servizio sanitario nazionale. Tutto ciò mentre il problema salute esplodeva nella sua drammaticità. Non una parola abbiamo sentito dall'amministrazione contro le violenze perpetrate da poliziotti penitenziari a Bolzaneto davanti a un orgoglioso ministro che le rivendicava e proteggeva. Tutti là a fare quadrato con Castelli, Fini, Ascierto oppure silenti, colpevolmente silenti. Se il sistema penitenziario è al collasso è sicuramente colpa di chi ne ha la direzione politica, ma anche di chi lo ha gestito. Non è una buona amministrazione quella che si limita a gestire nel quotidiano il disagio senza prendersi la responsabilità di contrastarlo. Se la destra perde le elezioni, insieme al ministro devono andare via tutti coloro che hanno la colpa di questo sfacelo. Chi dirige, al centro e in periferia, l'amministrazione penitenziaria deve fare un giuramento solenne sulla Costituzione, il cui articolo 27, dimenticato ma non ancora abrogato, dice che la pena deve tendere alla rieducazione del condannato e non può consistere in trattamenti contrari al senso di umanità.
In carcere ci sono tossicodipendenti abituali o consumatori occasionali, immigrati, giovani, meridionali, malati psichici, poveri, emarginati vari. Tutti insieme costituiscono i tre quarti della popolazione detenuta. Capita che non vi sia riscaldamento in inverno, che l'acqua per lavarsi sia gelida, che
si sopravviva oziando, che un visitatore possa incontrare bambini incarcerati insieme alle madri, che non sempre sia somministrato il metadone anche se la persona lo prendeva prima della carcerazione, che si possa morire cadendo dal terzo piano di un letto a castello. È successo nel carcere genovese di Marassi qualche settimana fa. Il presidente della Repubblica e il Papa hanno inviato il loro messaggio di speranza. Sappiano che nelle carceri italiane non c'è più spazio per il mito rieducativo e sta drammaticamente finendo anche lo spazio residuo di umanità.Il Manifesto