Il cuore nero dell’America Il razzismo anti-Obama si radicalizza e spiazza
 











Thomas Frank è un giornalista statunitense e columnist del Wall Street Journal. Domani sarà in Italia per partecipare al weekend di iniziative di "Internazionale a Ferrara" (organizzata dalla rivista omonima), come ospite di un dibattito sulla nuova destra americana (Teatro comunale, ore 17) di cui Frank è, per l’appunto, uno degli analisti più accreditati. E’ lui che ha analizzato la "rivoluzione conservatrice" degli anni dell’amministrazione Bush, lui che ha studiato il caso del Kansas, uno dei laboratori più potenti del populismo americano, nell’ormai noto libro What’s Matter With Kansas?. Thomas Frank ha descritto il dispositivo del conservatorismo radicale, una formidabile macchina di mobilitazione in grado di spostare le tensioni sociali sul piano dei conflitti ideologici, religiosi e morali. Grazie alla quale i repubblicani, durante l’amministrazione Bush, sono stati non una forza politica confinata nelle élites e nell’establishment, ma un movimento "popolare", capace di raccogliere consensi nella middle e nella working class, nei ceti medi medi, ma anche tra gli operai e nell’America rurale. Nonostante proprio i ceti popolari fossero i più colpiti dalle politiche antisociali di Bush. Thomas Frank è stato fra i più acuti osservatori di questo distacco tra interessi materiali e potenza del "religioso" a tutto vantaggio di una politica giocata dai repubblicani in chiave fondamentalista.
Durante l’amministrazione Bush la profonda America ha votare su Dio, sulle armi e contro i gay anziché ribellarsi, come avrebbe dovuto, alle politiche antipopolari e in favore dei poteri forti portate avanti del Partito repubblicano. Ma come è possibile votare contro i propri interessi?
In realtà è molto facile che succeda. I cittadini sono disinformati e commettono errori in politica. Negli Stati Uniti la gente guarda la tv, e guardare la tv negli Stati Uniti significa essere disinformati. Non sorprende quindi che la gente voti sulla
base dei temi di cui si parla in televisione. Un altro aspetto non trascurabile è che i Democratici e i Repubblicani negli anni 90 sono stati praticamente d’accordo sulla linea economica e ciò significa che per lungo tempo le questioni economiche non sono state oggetto di discussione perché i partiti maggiori avevano le stesse idee sulla questione, così in quel tipo di situazione l’unica questione che veniva dibattuta era quella che noi chiamiamo "guerra di cultura".
Obama ha avuto un merito, ha spostato il discorso pubblico dai valori e dalla ideologia alla crisi economica e alle questioni sociali. Questo gli ha permesso di vincere le elezioni. Ma oggi i conservatori si riorganizzano. La destra americana si sta raccogliendo attorno ai Tea Party di Glenn Beck. L’accusa ad Obama è di aver trasformato l’America in uno Stato socialista e di voler estendere il dominio della macchina statale in ogni settore della società. Non a caso, l’antistatalismo di alcuni teorici come Ayn Rand torna
di moda. Alle primarie per le elezioni di metà mandato del 2 novembre i candidati sostenuti dal basso dal movimento dei Tea Party stanno mettendo in difficoltà i candidati sostenuti dai vertici del Partito repubblicano. Questa deriva estremistica è il segnale di una crisi di leadership del Partito repubblicano oppure va presa seriamente?
Beh questo è l’argomento di cui al momento si parla di più in America. Per molto tempo gli esperti di politica hanno discusso di come i partiti americani non fossero forti, di quanto fossero organizzazioni deboli in cui i singoli candidati contavano davvero. I partiti americani in effetti non sono organizzazioni unitarie, può succedere che disapprovino quello che fanno o dichiarano i singoli esponenti, ma non hanno un "potere di controllo" su di loro, nel senso che gli esponenti forti fanno quello che vogliono e sono loro a decidere la linea del partito.
A questa destra americana che si raccoglie attorno al Tea Party l’antistatalismo da solo non
basta. Il suo linguaggio si sposta sempre più verso il fondamentalismo religioso evangelico. Ma questo, alla lunga, non sarà un limite?
Sì, certo che potrebbe essere un limite. Adesso stanno vivendo un momento di grande successo, ma penso che abbiano dei problemi da risolvere. Spostando leggermente l’argomento, credo che nessuno sia in grado di dire al pubblico americano che quello di cui abbiamo più bisogno è una maggiore deregolamentazione, e che dobbiamo lasciare a Wall Street completa libertà d’azione. Sarebbe pazzesco. Invece loro stanno dicendo proprio questo. Un partito di sinistra come quello dei Democratici in questo momento dovrebbe andare benissimo. In realtà i Democratici sono sull’orlo del disastro, e questo succede perché si sono portati dietro i loro fallimenti. L’amministrazione Obama ha parlato di grandi cambiamenti e poi ha portato dentro le stesse persone che erano state nell’amministrazione Bush e a Wall Street. Sono gli stessi, i cittadini lo sanno, se ne parla
continuamente, e questo demoralizza i sostenitori democratici e rende impossibile a Obama di lanciare messaggi populisti e di parlare di come regolamentare Wall Street. È un paradosso. Sta creando sfiducia e delusione. In questo modo lascia campo aperto al movimento dei Tea Party.
L’opposizione del Tea Party a Obama non è basata solo su motivi politici. Tornano argomenti razziali. Obama è un nero, un afroamericano, un islamico, un inquilino abusivo della Casa Bianca. I vecchi conservatori moderati non si erano mai spinti così oltre. Il razzismo rischia di diventare ideologia di massa?
No, non lo diventerà. Perché non sono apertamente razzisti. Ci sono alcune persone che hanno lanciato messaggi razzisti ma non lo fanno apertamente. Quindi credo che sia improbabile che si ripetano movimenti razzisti vecchio stile su scala di massa. Il fatto che considerino Obama uno straniero, e parlino di lui come se fosse un alieno, prendendosi perfino gioco del suo nome, è una cosa molto forte
ma non è necessariamente razzista. Il fatto che Obama è "altro", è "persona diversa" è stato uno dei motivi che mi ha fatto apprezzare Obama, quindi non è necessariamente negativo per la sua immagine.
Prima di riempire le piazze il Tea party si è organizzato nella Rete. Quanto è stata importante la mobilitazione nel web?
Molto importante, moltissimo. Grazie a internet non hai bisogno di leggere il giornale, puoi ricevere notizie da fonti che la pensano esattamente come te e che, a differenza dei giornali, non spiegano i fatti e non si preoccupano di riportare gli eventi. Piuttosto creano un evento o una notizia. Internet rende possibile tutto questo.
Il partito repubblicano, secondo lei, non rischia di perdere il suo elettorato moderato a causa di questa deriva fondamentalista?
Non lo so, penso che perderanno molti elettori moderati, come succede già da diverso tempo. La ragione per cui non fa una grande differenza è che gli elettori diventano democratici e il Partito
Democratico si sposta a destra. Quello che sta succedendo è che tutto il dibattito si sta spostando a destra. I candidati del Tea Party sono terribili e perderanno, ad esempio la candidata del Delaware, Christine O’Donnell, sicuramente perderà questo autunno, ma il problema è che l’intero dibattito si è spostato a destra. Questo succede da trent’anni. Se guardiamo al genere di persone che abbiamo avuto nella politica americana trent’anni fa, erano molto più a sinistra, compresi i repubblicani come Richard Nixon o Nelson Rockefeller. Queste persone sarebbero stata l’ala sinistra del partito democratico, tutto si è spostato a destra e continua a muoversi in quella direzione.
(Per la traduzione, Alice Elliott e Monica Paolucci)