-Chiudete gli ambulatori che curano clandestini-
 











Indignato. Preso in giro. Intenzionato ad andare sino in fondo. Il capogruppo della Lega Nord al consiglio regionale del Friuli, Danilo Narduzzi, minaccia di coinvolgere il presidente della Regione Renzo Tondo e anche di rivolgersi alla procura della Repubblica. Motivo di tanta ira la risposta che l’assessore regionale alla sanità, Vladimir Kosic, ha dato ad una sua interrogazione in cui si chiedeva la chiusura degli ambulatori per immigrati irregolari presenti nella regione. Kosic di fatto ha rispedito al mittente la richiesta tramite una lettera letta ieri in consiglio regionale:«L’organizzazione del servizio assistenziale rientra nell’ambito dell’autonomia gestionale dei singoli enti del sistema sanitario regionale - ha affermato - che, nell’esercizio della propria competenza organizzativa, devono assicurare capillarmente e costantemente le prestazioni sanitarie, ambulatoriali e ospedaliere urgenti ed essenziali agli stranieri presenti sul territorio». Difficile da digerire per una forza, la seconda nella maggioranza, che ha tra le sue parole d’ordine la denuncia del "clandestino".
E pensare che quando in Friuli Venezia Giulia governava il centro sinistra, era stata approvata una legge regionale sull’immigrazione che veniva considerata all’avanguardia in mezza Europa. Una legge che era nata basandosi sulle esigenze degli uomini e delle donne migranti presenti, ascoltando i loro bisogni, recependo, con l’ausilio del puro buon senso, le istanze fondamentali per garantire ad autoctoni e non standard di vita decenti. Una scelta coraggiosa che negli anni è stata ripresa da altre regioni producendo già buoni risultati che non è vero abbiano messo a rischio, come vuole la vulgata, i bilanci regionali. Non appena vinte le elezioni il centro destra ha abolito con un colpo unico la legge approvata, riducendo drasticamente gli interventi di inclusione sociale in una regione che, in quanto zona di frontiera, ha da sempre
praticato l’accoglienza e offerto protezione. L’altro ieri, in attesa che la legge 94 (pacchetto sicurezza) inizi a concretizzare il proprio carico inutilmente cattivo di razzismo e xenofobia, l’attacco leghista agli ambulatori. Le strutture in questione -quattro - sono gestite dalla Caritas attraverso convenzioni con le Asl. In questi spazi, uno per ogni capoluogo di provincia, presso distretti sanitari e ospedali pubblici, vengono erogate prestazioni mediche in maniera anonima, utilizzando il tesserino Stp (Straniero temporaneamente presente). Narduzzi sostiene che queste strutture sono incompatibili con il reato di "soggiorno illegale" e già nei giorni scorsi la stessa Azienda ospedaliera e sanitaria di Pordenone aveva tentato di chiudere l’ambulatorio sito nell’Ospedale S. Maria degli Angeli, incontrando la ferma opposizione del sindaco di Pordenone Sergio Bolzonello, del Pd.
In attesa che il Presidente della Regione dica la sua c’è forte fibrillazione in Friuli. In realtà la
questione era già stata sollevata mesi fa, dopo la cancellazione della vecchia legge. Erano sorti comitati per garantire ancora l’esigibilità dei diritti fondamentali, animati anche dal Prc, che si erano raggruppati attorno alla sigla "Rete Diritti", c’erano state manifestazioni anche di migliaia di persone sostenute tra gli altri dalla chiesa e dai sindaci di Pordenone e Udine.
I primi ad attaccare ieri le provocazioni leghiste sono stati gli operatori del Cnca (Coordinamento nazionale comunità di accoglienza). Secondo il presidente Lucio Babolin «questa richiesta dimostra come la Lega non intende limitarsi a far passare leggi che colpiscono fortemente la vita delle persone immigrate, costringendole all’invisibilità e alla paura, ma è pronta a minacciare e a condizionare anche il lavoro di coloro che gestiscono importanti servizi sanitari e sociali. Una pressione che noi operatori non possiamo in alcun modo subire senza reagire con fermezza. Molti dei progetti e dei servizi che
portiamo avanti, infatti, potrebbero patire in futuro lo stesso attacco». Il presidente del Cnca ha invitato quindi tutte le organizzazioni del volontariato e del terzo settore a fare fronte comune contro questa deriva xenofoba, dichiarandosi pronti alla disobbedienza civile, rispetto ad una norma come quella del reato di clandestinità. Babolin ha annunciato che se necessario le strutture del Cnca, in Friuli come nel resto d’Italia, si apriranno per assistere tutti gli immigrati non regolari.
Se si analizzano però l’uscita di forte impatto mediatico del capogruppo leghista e le probabili mediazioni che si profilano per non far saltare la maggioranza in Friuli, si comprende come gli obiettivi dell’operazione siano altri. Appare chiaro come in fondo il pacchetto sicurezza sia un pretesto per iniziare a diminuire i servizi erogati dalle regioni, oggi per gli irregolari, domani per i meno abbienti. Il modello Lombardia, tanto decantato come esempio di diminuzione degli sprechi, si fonda
proprio su un sistema di sottrazione di risorse ai servizi basilari: poterlo esportare in altre Regioni, con il pretesto della crisi e l’arma del pacchetto sicurezza è un possibile obiettivo. Intanto altri segnali di chiusura totale a qualsiasi possibile modifica del pacchetto e anzi la scelta di una sua applicazione ferrea e restrittiva giungono dallo stesso Viminale. In merito al decreto anti crisi, che contiene anche le norme relative alla regolarizzazione delle "badanti", il ministro Maroni ha detto chiaramente che non ci sono margini per estendere la norma ad altre categorie di lavoratori, addossando la responsabilità all’Europa. Di fatto, a detta del ministro, se concedessimo la "sanatoria" i lavoratori regolarizzati sarebbero liberi di cercarsi impiego nell’area Schengen. Quanto alle perplessità che sarebbero state espresse dal Presidente della Repubblica, Maroni ha dichiarato di non poter commentare le indiscrezioni di un quotidiano ( La Repubblica ). Ancora più netto è stato il ministro rispetto alle possibilità di veder modificato il pacchetto sicurezza. «Le madri irregolari potranno riconoscere i propri figli e registrarli senza rischio alcuno - ha ribadito - e avranno un permesso di soggiorno di sei mesi dalla nascita del figlio, come da Testo Unico». «La realtà è diversa - spiega l’avvocata Alessandra Ballerini, da Genova - il permesso per maternità è qualcosa di concreto, servono documenti come la dichiarazione dell’Asl, ecografie e passaporto che non sempre la madre ha a disposizione. Senza permesso dei genitori, applicando strettamente la legge, il neonato potrebbe essere dichiarato in stato di abbandono. La straordinaria conseguenza è che il bimbo abbandonato diventerebbe cittadino italiano per nascita».
In Puglia almeno si va in senso contrario e contemporaneamente si è stabilito che, indipendentemente dall’età, sono esenti dalla compartecipazione alle spese farmaceutiche tutti i cittadini migranti provvisti di Stp, rifugiati politici e
destinatari di protezione sanitaria. Le Ausl dovranno predisporre certificati di esenzione a coloro che ne faranno richiesta.  Stefano Galieni