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Manovra da 47 miliardi, su Tremonti tregua armata |
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Chi ha vinto? Chi ha perso? Quello di ieri avrebbe dovuto essere «il giorno della verità» (almeno secondo La Padania), cioè il momento della resa dei conti tra il ministro Tremonti (fermo sulla via del rigore di bilancio) e il resto della maggioranza, che invece chiede misure per ridare fiato all’azione di governo dopo la batosta delle amministrative e del referendum. Invece, a dispetto del rullo di tamburi della vigilia - con addirittura le dimissioni del superministro dell’economia sul tavolo - nessuno se l’è sentita di spingere sull’acceleratore fino in fondo. E così va a finire che i veri perdenti saranno, manco a dirlo, i cittadini sui quali sarà scaricato il peso maggiore della finanziaria. Quella che Paolo Ferrero chiama la «nuova tassa sul macinato»: «La manovra che propone Tremonti è infatti basata sulla riduzione delle tasse per i più ricchi e sull’aumento delle tasse per i lavoratori e i pensionati. Questo sarebbe l’effetto della riduzione delle aliquote sulle tasse dirette e sull’aumento dell’Iva, cioè della tassazione indiretta che tutti pagano nello stesso modo. E’ l’esatto contrario di quello che occorre fare per uscire dalla crisi». Di sicuro, ieri - nel vertice che avrebbe dovuto essere un faccia a faccia a tre (Berlusconi, Bossi, Tremonti) ma che poi si è allargato fino a comprendere persino Pasquale Viespoli, capogruppo di Coesione nazionale al Senato - è stata siglata una tregua armata. Non senza paradossi, ben fotografati dal presidente dei senatori Idv: «Bossi e Berlusconi hanno participato allo stesso vertice? - si domanda Felice Belisario - Il Cavaliere si dice soddisfatto, per Reguzzoni non si è deciso nulla, Frattini parla di una manovra da 47 miliardi, Bossi fa un segno di incertezza. L’unica cosa su cui si dicono d’accordo è il clima buono. Forse c’era l’aria condizionata...». Insomma, un po’ di dichiarazioni a ruota libera. Così mentre Alfano, segretario in pectore del Pdl, assicurava che «la Lega ha avuto un atteggiamento assolutamente costruttivo e si è posta in una logica di sostegno alla manovra e dunque alla coalizione», il leader del Carroccio insisteva che «il governo rischia fin quando la manovra non è passata» e «c’è da lavorarci ancora». Però, poi ammetteva che la Lega ha ottenuto «la modifica del patto di stabilità per i comuni virtuosi», misura che i leghisti chiedevano da tempo e che Tremonti rifiutava di concedere. E mica è finita. Alfano giura che i tagli cominceranno «dai palazzi della politica»? Il ministro Romani annuncia che «da luglio i ministri prenderanno solo lo stipendio da parlamentare»? Ebbene, non solo Tremonti si "piega" ai parlamentari dicendosi disposto a ricevere proposte per ridurre i costi della politica (quasi a rispondere al collega di governo Rotondi che intervistato da Libero ieri consigliava: «Se vogliamo restare in sella dobbiamo coccolare i parlamentari, tanto più impopolari di così...»), ma poi si scopre che nella bozza di taglio agli stipendi dei ministri non c’è neanche l’ombra. Così come non c’è l’ombra neppure di un’altra misura strombazzata alla fine del vertice: una tassa dello 0,05% sulle transazioni finanziarie da far pagare alle banche. Figurarsi un po’. Invece, compare ben chiaro nella bozza l’intervento sulle pensioni (anticipo al 2014 dell’aggancio dell’età pensionabile alle aspettative di vita e aumento fino a 65 anni dell’età per le donne) pur smentito dal ministro Sacconi. Silenzio sospetto sull’Iva, il cui aumento dell’1% sulle aliquote del 10 e del 20% ha fatto infuriare commercianti e consumatori e sul quale c’era la contrarietà della Lega. Ma anche Tremonti ha dovuto concedere qualcosa. Oltre ad una modifica (cioè allentamento) del patto di stabilità per i comuni (almeno così dice Bossi), la manovra per quest’anno sarà di 1,8 miliardi (5 per il 2012). Pur ribadendo la necessità di arrivare al pareggio di bilancio nel 2014 come richiesto dall’Europa, Tremonti ha accettato che il grosso della manovra da 43 miliardi sia "spalmato" sugli ultimi due anni, quindi a legislatura finita (forse perché nessuno crede più che a vincere le prossime elezioni sarà ancora il centrodestra...). Su una cosa le dichiarazioni concordano, oltre al «clima sereno»: e cioè che per ora di taglio delle tasse neanche a parlarne (mentre invece compaiono i ticket sanitari, il blocco del turn over e lo stop agli aumenti salariali nel pubblico impiego, un fondo immobiliare per le dismissioni del patrimonio pubblico e l’abolizione di alcuni ordini professionali, tra cui quello dei giornalisti). Però, domani in consiglio dei ministri insieme alla manovra arriverà anche la delega per la riforma fiscale «per un fisco più equo e più vicino ai cittadini» (parole di Alfano). Si tratterà, avverte il ministro Frattini, di «una rimodulazione delle tasse, non di una riduzione». Viva la sincerità. Romina Velchi
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