Troppe le frodi alimentari in Italia nonostante i controlli
 











Mucca pazza, aviaria, diossina, batterio killer. E poi ancora mozzarella blu e formaggio a pois. In dieci anni, la lista delle emergenze alimentari è lunga, eppure i controlli non mancano, soprattutto in Italia. A fare il punto ci pensa il movimento Fareambiente che anticipa il rapporto sulle frodi alimentari e agroalimentari in Italia che sarà presentato oggi a Roma presso la Camera dei Deputati.
I dati del 2010 evidenziano che sono quasi 11 milioni e mezzo i prodotti contraffatti sequestrati in Italia (Ufficio Antifrode, che fa capo all’Agenzia delle Dogane), senza contare il valore dei beni adulterati e sofisticati che si aggira interno a 22.559.266,43 euro per il Nac, 1.525.021,00 euro per i Naf, 756.690.691 di euro per i Nas. Invece per l’Ispettorato il valore dei beni sequestrati è pari a 9.598.718 euro.
Oltre a mettere insieme le operazioni di tutte le forze dell’ordine, il rapporto ha anche indagato la percezione dei consumatori e
delle imprese nel rapportarsi con gli illeciti nel campo alimentare. Per le imprese, ben il 71%, il fenomeno delle frodi è dovuto alla volontarietà, invece per consumatori a dolo (75%). Per le aziende i consumatori non sanno riconoscere le frodi e per il 50% è da imputare allo scarso interesse.
Il dato dimostra come per le imprese comunque non ci sia mai la consapevolezza di commettere un danno mentre per il consumatore c’è l’intenzionalità nel commettere il reato. Anche per quanto riguarda cosa garantisca maggiormente qualità e genuinità di un prodotto vi è discordanza fra il consumatore e l’imprenditore.
Per le imprese a fare la differenza sono gli ingredienti (34%) seguito da un marchio collettivo (dop) per il 22%. Per il consumatore il sinonimo di qualità è dato per il 24% dall’adesione ad un consorzio (che detta le regole e garantisce la sicurezza, la igienicità e la qualità di un prodotto).
La visione differente fra produttore e consumatore è evidente anche sulla domanda
che riguarda cosa sia più facile da contraffare. Dal punto di vista dell’impresa per il 50% degli intervistati la cosa che è più facile da contraffare sono gli ingredienti dei prodotti, segue la falsificazione dei marchi collettivi (33%), ed infine i metodi di produzione dell’alimento. Per il 34% dei consumatori invece è sempre la contraffazione degli ingredienti, per il 27% la falsificazione dei marchi collettivi (Dop e Igp), per il 18% il metodo di produzione e solo per il 10% il confezionamento.