|
| |
| |
-Nel mio lavoro di regista i paesaggi di mio padre- |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Nino Cordio può essere considerato sembra tema di smentita uno degli artisti italiani più grandi. Nato a Santa Ninfa in provincia di Trapani il 10 luglio 1937 e scomparso il 24 aprile del 2000, ha studiato all’Istituto d’arte di Catania e all’accademia di Belle Arti di Roma e ha avuto tra i suoi tanti estimatori artisti e scrittori come Renato Guttuso, Carlo Levi, Leonardo Sciascia, Enzo Siciliano, Guido Giuffrè, Giuseppe Sicari, Salvatore Maira, Andrea Camilleri, Andrea Volo e tanti altri. Il figlio Francesco, attore e regista teatrale, diplomato all’Accademia nazionale d’arte drammatica Silvio D’Amico di Roma, e realizzatore di video e documentari - oggi andrà in onda a Presa diretta, il programma di Riccardo Iacona, un estratto di un suo documentario sugli ospedali psichiatrici di Roma - è riuscito a mettere insieme in un libro - L’occhio di Cordio (infinito edizioni, pp. 143, euro 15,00) - una raccolta di grande pregio dei commenti degli illustri amici ed estimatori del padre che prima abbiamo citato, le immagini delle sue opere principali, le foto della sua famiglia e altre testimonianze inedite come la prefazione di Daniele Silvestri. Grazie a questa piccola casa editrice di Castel Gandolfo, Francesco è riuscito a concretizzare quello che nel 1997 era stato un desiderio di suo padre che però lui declinò. «Adesso ti chiedo una testimonianza sul mio lavoro di incisore, in occasione della mia antologica alla Calcografia nazionale» scrisse il 21 marzo appunto di diciotto anni fa Nino al figlio al quale aveva già manifestato questo suo desiderio a voce. «Caro Papà - scrive a Roma il 10 maggio dello scorso anno - ti rispondo dopo più di dieci anni, dal momento che la tua lettera mi è capitata tra le mani solo pochi mesi fa. L’avevi scritta e lasciata tra le pagine di un libro, I racconti di Tomasi di Lampedusa, senza più consegnarmela. Ricordo che mi chiedesti a voce di scrivere la presentazione per la mostra antologica; darmi la lettera, quindi, non aveva più importanza. Declinai quell’invito e oggi, te lo confesso, me ne dispaccio». Ora l’antologia c’è, bella già come si presenta, con l’Etna ritratta da Cordio nel 1971, dove al bianco della neve si accompagnano altre splendide sfumatore di colori solo come un vulcano sa fare. A Francesco Cordio abbiamo chiesto di raccontarci la genesi di questo volume. «In realtà il libro è nato un po’ per caso perché stavo preparando il catologo di una mostra che volevo fare per il decennale della morte e nella ricerca di materiale ho rinvenuto questa lettera del tutto casualmente. Naturalmente il fatto è stato molto emozionante e toccante per me. Parlai così con l’editore che doveva pubblicare il catalogo della mostra, una pubblicazione di poche decine di pagine. Ma grazie al suo coraggio e alla sua temerarietà siamo riusciti a farne un libro che pubblichiamo con gli scritti più importanti. Un’idea, tra l’altro, che avevo già in mente da tempo, quando pensai di raccogliere il meglio degli scritti sulle cose di mio padre. E’ in questo modo che sono riuscito a mettere insieme questa antologia, dove i testi letterari, da Carlo Levi a Sciascia, da Siciliano fino a Camilleri, si alternano a quadri e sculture». E poi c’è la prefazione di Daniele Silvestri? Daniele è un amico con il quale lavoro spesso, ha una bella penna e soprattutto una grande sensibilità che gli ha permesso di cogliere questo aspetto del lavoro di mio padre mai toccato da nessuno, e cioè il suono, una sorta di rumore di fondo che lui avverte quando vede queste opere. Un coinvolgimento insomma del quinto senso durante la visione dei quadri e delle sculture di mio padre. Ho voluto così arricchire la sezione testimonianze con questa sua bella prefazione. Stiamo parlando di suo padre, dell’antologia, delle persone che lo hanno stimato. E’ stato facile vivere come figlio a fianco di una uomo così? Da bambino fino a 13-14 anni ho frequentato moltissimo il suo studio e mi divertivo tantissimo a disegnare e a dipingere. Il rapporto però era un po’ frustrante nel senso che mi rendevo conto di non poter competere ed è per questo che poi ho scelto un’altra strada. Ma devo dire che mi capita spessissimo nel mio lavoro di regista di girare delle scene e di rendermi conto dopo che alcune inquadrature hanno la struttura di alcune cose di mio padre, come acqueforti, paesaggi, olii. Mi accorgo subito dopo aver registrato la scena, quando mi trovo al montaggio, che ci sono delle assonanze. Leggendo tutti i contributi che ci sono in questo libro si capisce nettamente che suo padre e tutti gli altri intellettuali che avevano un rapporto con lui, erano persone molto coinvolte politicamente e socialmente. Un filo rosso che vi unisce, pur in un contesto certamente più difficile e più povero che è quello dell’Italia di oggi... Questo discorso lo centra molto bene nel libro Andrea Volo, un pittore che era molto amico di mio padre e che fondò insieme a lui un sindacato scuola artisti. A volte mi ritrovo oggi quasi sollevato dal fatto che mio padre non stia vivendo quest’era veramente oscura. Che io cerco di contrastare con il mio lavoro sempre caratterizzato da un taglio sociale e politico perché credo molto nel ruolo che il cinema e il video possono avere in questo senso. Io in realtà vengo dal teatro ma negli ultimi dieci anni mi sono occupato solo di video perché ho capito e credo che sia l’unico mezzo per poter raggiungere potenzialmente in poco tempo milioni di persone. Al contrario l’obiettivo di un teatrante è riuscire ad avere la sera a teatro dieci, venti, trenta, cento spettatori. Oggi con il video e con youtube le possibilità di comunicare e di far conoscere il proprio lavoro sono invece straordinarie. Se intervisto qualcuno per strada posso far ascoltare nel giro di pochi minuti quel mio lavoro in ogni angolo del mondo. Il mezzo dunque facilita tantissimo il raggiungimento di un pubblico. E trovo il video uno strumento molto politico ed affascinante anche per questa ragione. Come dicevamo prima chi in Italia crede che la cultura e l’istruzione siano dei valori da salvaguardare vive oggi un momento difficile. Qual è la sua opinione a riguardo? Di sicuro sono stati fatti tanti errori nel passato anche nelle logiche di finanziamento che non sempre hanno premiato la qualità ma il botteghino. Così che paradossalmente riuscivano a prendere soldi film che comunque avrebbero incassato a prescindere. Errori fatti anche per quanto riguarda il teatro con i grandi finanziamenti agli stabili per due o tre grandi eventi. Al Teatro Argentina, per fare un esempio, si sono spese cifre con le quali si sarebbero fatti cento spettacoli ai teatri off. Insomma andrebbero scritte delle regole un po’ più sane riguardo i finanziamenti pubblici. Per esempio visto che lo Stato ha aiutato tanto un cinema che poi non è andato neanche in sala, si potrebbe pensare di far circuitare nelle sale dello Stato i film pagati con i soldi dei contribuenti i quali potrebbero vedere questi film gratis o magari spendendo un euro. Che rapporto ha Francesco Cordio con le arti visive e con la Sicilia, in un momento certo non facile per l’intero Paese ma per il Meridione in particolare? Con la pittura e le arti visive in generali ho ovviamente un rapporto di affetto e di frequentazione che mi permette di incontrare moltissimi artisti, amici di famiglia da sempre, come anche nuove conoscenze. Per quanto riguarda invece la Sicilia da quando mio padre non c’è più si è rinforzato il legame con la terra, forse perché nel suo paese natale, che è Santa Ninfa di Trapani, è stato istituito un museo molto bello con tante sue opere e lontano per le sue caratteristiche dai luoghi comuni tipici di un museo. E’ molto ampio, luminoso, si fa didattica per i bambini proprio perché una delle sue missioni è divulgare l’arte e promuoverla soprattutto tra i più piccoli. Sembra di vivere lì dentro una dimensione europea, berlinese per esempio, per quanto è avanzata l’impostazione rispetto al panorama museale siciliano. Mi capita di andarci più di una volta l’anno soprattutto da quando c’è questo "Premio Museo Nino Cordio", dato lo scorso anno a Luca Zingaretti e a Nando Dalla Chiesa, e che viene assegnato a personaggi che hanno un rapporto culturale, politico e sociale molto forte con la Sicilia. Vittorio Bonanni |
|
|