- IL CONFLITTO D'INTERESSE? NON SI TOCCA -
 







di Andrea Colombo




Onnipresente. E' una di quelle giornate in cui il cavaliere te lo ritrovi ovunque, da una tv all'altra, senza dimenticare i comizi. Esterna a valanga e certo si ripete moltissimo, nessuno potrebbe parlare tanto quanto lui evitando la noia. Ma qualcosa di nuovo riesce sempre a inventarselo, e se proprio non sa che dire può sempre ricorrere all'iperbole, certo di far breccia nei media. Mica se le è scordate, per esempio, le presi in giro fioccate quando, da Matrix, si era paragonato a Napoleone. E allora, visto che si ritrova negli stessi studi, perché non rilanciare corregendosi con un po' di autoironia: «Ma no, ho fatto più io di Napoleone».
Scherza. Però quando si parla di conflitto di interessi, il cavaliere perde la voglia di scherzare. «La legge - dice - l'abbiamo fatta, funziona e non credo che sia perfezionabile in quantità rilevante». Del resto che bisogno ce n'è? A parte Emilio Fede, «l'ultimo dei giornalisti coraggiosi e leali», Mediaset
non è affatto «schierata con me». Quanto agli affari, la veste di leader politico è un guaio, mica un vantaggio. Anche nell'ultimo rialzo dei dividendi «le mie aziende hanno guadagnato un po' meno degli altri». Al proposito, ecco un bell'annuncio: «Non tornerò mai più in azienda. Se perdessi le elezioni farei il leader dell'opposizione. Se lasciassi la politica farei altro. Forse costruirei una rete di ospedali».
Punto e basta. Su questo fronte, quello che lo tocca più da vicino, il cavaliere non intende concedere proprio niente. Se vincerà rafforzera la barricata intorno alle sue aziende, rendendola insormontabile. Se perderà, ma conservando una posizione personale molto forte, userà tutto il suo potere di leader incontrastato dell'opposizione per trattare, difendendo prima di tutto l'azienda. Ma non ha affatto perso le speranze di vincere. In serata annuncerà, per l'ennesima volta il sorpasso nei sondaggi, ignorando del tutto il divieto di diffondere gli stessi nell'ultimo scorcio
di campagna elettorale. L'Unione protesta, ma il portavoce del cavaliere, Bonaiuti, ha già pronta una risposta furbetta: «Berlusconi non ha mica diffuso le cifre. E allora che problema c'è?».
Ma questa, si sa, è propaganda. Più seria la valutazione che il premier aveva svolto in mattinata: «Vinciamo se va a votare l'80% dell'elettorato». E' un'analisi che può essere vera o falsa, ma nella quale Berlusconi crede davvero. E' convinto che tutto dipenda dalla capacità di recuperare la base di centrodestra delusa, ha impostato tutta la fase finale della campagna con l'obiettivo di riportarla all'ovile. Anche per questo martella tanto sulle tasse e sulle turpi intenzioni fiscali di Prodi. Sa che i suoi elettori sono più sensibili a quet'argomento che a qualsiasi altro. Spera che, se riuscirà a spaventarli a dovere, si tureranno il naso e torneranno a votare per lui nonostante le delusioni.
Per lo stesso motivo, la necessità vitale di recuperare l'astensione, Berlusconi è tanto
inviperito con i radicali: quando si tratta di incassare voti di protesta quelli sono competitor coi fiocchi. L'ira per il voltafaccia di Marco & Emma è profondissima. Non finge affatto Berlusconi quando, interrogato sull'eventualità di supportare con i suoi voti la candidatura Bonino per il Colle, sbotta di brutta: «Assolutamente no. Non si può nemmeno immaginare che chi è così privo di coerenza possa avere ancora fiducia».
Ma per quanto gasato appaia, di una cosa il capo del centrodestra è giustamente sicuro. Buona parte delle residue possibilità di vittoria sono affidate al confronto con Prodi, lunedì prossimo. E si può star certi che, costi quel che costi, terrà una linea molto diversa da quella, disastrosa, del primo teleduello.da Il manifesto