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La guerra silenziosa tra Mosca e Parigi per l’oro nero del raìs |
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Lontano dai riflettori del mainstream libico e all’ombra di quel conflitto è in corso una guerra silenziosa, una guerra a bassa intensità. I protagonisti continuano a scambiarsi cortesie e salamelecchi nei vertici internazionali, non si espongono mai in prima persona, ma dietro la maschera sorridente dei protocolli arde una piccola brace, alimentata dagli interessi economici contrapposti. Il canovaccio è per certi versi inedito: Mosca contro Parigi, anzi il Cremlino contro l’Eliseo per essere più precisi. Inedito perché mai come ora la Francia aveva giocato il ruolo di prima donna nella strategia dell’"interventismo umanitario" perseguita da qualche lustro dalle principali potenze occidentali. Ora che Sarko è compagnia hanno invece indossato l’elmetto delle avanguardie belliche aumenta anche la diffidenza, o la vera e propria inimicizia. Basta osservare la sequenza di servizi apparsi nelle ultime settimane sulla rete all-news Russia Today per avere una vaga idea dell’irritazione russa nei confronti del protagonismo francese in Libia. In un reportage andato in onda martedì scorso, lo speaker commentava così il ruolo di Parigi nel post-Gheddafi: «Hanno scatenato la guerra per fini economici e ora vogliono il controllo Total sul petrolio del paese mediterraneo». Gioco di parole abbastanza scontato se non fosse che la diplomazia di Mosca vede davvero con molta preoccupazione lo sbarco in Libia dei francesi e, più in generale, l’egemonia della Nato in quell’area. Non avendo partecipato alla missione militare e avendo criticato fin dall’inizio la linea degli alleati (anche se non hanno impugnato il veto al Consiglio di sicurezza dell’Onu per scongiurare il conflitto) i russi sono consapevoli di avere molto da perdere nel changing regim che sta avvenendo a Tripoli. E a poco sono servite le rimostranze (formalmente corrette) al Palazzo di Vetro contro le capitali occidentali, accusate di aver stravolto il significato della risoluzione 1973, la quale prevedeva soltanto l’istituzione della no-fly zone sui cieli della Libia. C’è da dire che la "sorpresa" dei russi, presi in contropiede dalla realpolitick deegli alleati, fa un po’ sorridere. D’altra parte la linea bipartisan adottata dal presidente Medvedev e dal premier Putin, che non hanno ancora sconfessato l’ex raìs, sostenendo che in Libia esistono attualmente «due poteri», alla fine si è rivelata perniciosa per i propri interessi commerciali. L’improvvisa svolta della guerra avvenuta la scorsa settimana, con la presa di Tripoli da parte dei ribelli e delle forze speciali della Nato ha fatto precipitare la situazione. «E’ inutile girarci intorno, abbiamo perso la Libia. Chi sostiene il contrario è solo un illuso», commenta con amarezza dagli studi della tv vicina al Cremlino Aram Shegunts, presidente del Consiglio commerciale Russia-Libia. Mentre sulle colonne del giornale Vzgliad Abdel Jalil Mohammed Mauf, imprenditore petrolifero vicino ai ribelli libici, spiega candidamente che se gli accordi con Francia, Italia e Gran Bretagna non sono in discussione, «con Mosca e Pechino le cose potrebbero andare diversamente». Il concetto è semplice: chi non bombarda non ha diritto a riscuotere il premio finale. Non la pensano così gli esperti transalpini che naturalmente giocano il profilo basso e accusano Mosca di vittimismo preventivo: «Gli accordi sul petrolio libico non possono essere messi in discussione dal giorno all’indomani. E’ prematuro parlare di spartizione del greggio tra le compagnie occidentali, semmai spartizione ci sarà. La Russia sta dimostrando di avere delle vedute assai ristrette nei confronti delle primavere arabe, che associa automaticamente alle rivoluzioni avvenute nelle repubbliche ex sovietiche», afferma Thomas Gomart, direttore del Centro Russie-Nei all’Istituto francese di relazioni internazionali. Nelle decine di servizi diffusi da Russia Today e al netto della propaganda, inevitabile per una rete governativa, emergono anche notizie interessanti e poco evidenziate dai media. Come l’incontro avvenuto a Bengasi i primi di marzo tra gli esponenti del Cnt e un alto rappresentante della Total allo scopo di pianificare i futuri contratti energetici con il colosso petrolifero d’oltralpe. L’ennesima conferma che Parigi aveva sentito l’odore del petrolio molto prima che le bombe iniziassero a fischiare nei cieli della Cirenaica e della Tripolitania. Daniele Zaccaria
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