Truffa sulle bombole d’ossigeno 47 indagati tra medici e infermieri
 











Medici specialisti pneumologi, infermieri e tecnici addetti ai reparti, mediante rapporti consolidati nel tempo, segnalavano sistematicamente alle ditte operanti nel campo dei gas medicali i pazienti in dimissione dagli ospedali ricevendone in cambio utilità a danno del Servizio sanitario nazionale. Prescrizioni di ossigeno forzate in qualche caso neanche necessarie, utili però a dare vita a una frode ai danni del Sistema sanitario sanitario, stimata in oltre sei milioni di euro nel triennio 2007/2009.
E’ quanto hanno scoperto, dopo le denunce presentate da alcuni operatori del settore, i carabinieri del Nucleo Antisofisticazioni e Sanità di Bari che stanno notificando stamane un avviso di conclusione delle indagini, su disposizione della Procura della repubblica del capoluogo pugliese, propedeutico alla richiesta di rinvio a giudizio, in sette province italiane (Bari, Milano, Torino, Roma, Napoli, Lecce, Rieti) a carico di altrettante persone.
Si tratta di 19 medici, per
lo più pneumologi, 28 tra imprenditori, informatori farmaceutici, infermieri e ristoratori compiacenti, pronti a gonfiare le fatture. Devono rispondere di associazione a delinquere finalizzata alla truffa, alla corruzione e alle false fatturazioni.
E’ stata accertata anche una frode ai danni della Regione Puglia che nel solo 2007 ha speso, per la fornitura di terapia domiciliare di ossigeno, 24 milioni di euro (pari alla consegna di 199 mila bombole) di cui otto milioni per le cure dispensate dalla sola Asl Bari ai pazienti del territorio.
L’inchiesta,
coordinata dai sostituti procuratori Ciro Angelillis e Grazia Maria Nanna, ha evidenziato un sofisticato modus operandi. I medici prescrivevano ossigeno anche a pazienti che non ne avevano bisogno. I dipendenti addetti alle consegne delle bombole facevano in modo da calibrare l’erogazione del liquido in modo tale da ritirare gli erogatori pieni per metà trasferendoli, come fossero appena
ricaricati, a un altro paziente. E proprio questo espediente ha dato luogo alla truffa in modo prevalente. Un artificio per indurre le asl a rimborsare doppie prescrizioni mediche a fronte di consumi in realtà inferiori.
Il raggiro prevedeva ricompense ai medici sotto forma di danaro contante e viaggi e mettendo a disposizione dei loro studi privati personale e materiale sanitario. Soldi che gli informatori farmaceutici si procuravano gonfiando fatture di pranzi e cene. Sono, infatti, una decina i ristoratori indagati per aver emesso fatture false per un importo di 150 mila euro.
Emblematico il caso di un ristorante di Trani che ha consegnato ricevute per un totale di 24 mila euro a due soli agenti.
Sono 13 gli ospedali dove sono stati compiuti controlli. Una trentina, in tutto, le perquisizioni eseguite anche in studi medici privati, con sequestri di pen drive, supporti informatici e computer. larepubblica