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Sacconi è un po’ fascista ma se glielo dici la prende malissimo
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Se sei vivo ti vorrebbe morto. E se sei morto ti vorrebbe vivo. Sacconi è così. Milioni di persone lo ricorderanno per la distruzione del proprio futuro e la famiglia Englaro lo ricorderà per sempre con orrore per l’ostinazione con cui voleva prolungare l’agonia di Eluana.Ossessionato dal «lunghissimo 68», dai «bastardi anni 70», si sta dedicando alla lotta alla «secolarizzazione» che per lui è la somma dell’articolo 18 più la legge 194. Sacconi crede chei reduci degli anni 70 facciano solo i giornalisti, magistrati e docenti perché non hanno voglia di lavorare. «Essi sono fra di noi!», ulula nei salotti e nei convegni con sincero dolore. Per questo Berlusconi lo ha voluto alla guida di ministeri chiave: lavoro, sanità e welfare. Ieri, di fronte a una platea di aclisti, ha sostenuto che «nel nostro Paese non si trova un cassintegrato che torna a casa ubriaco e picchia la moglie». Brusio in sala e qualche fischio. Se si informasse saprebbe dell’impennata di antidepressivi e dei suicidi ricorrenti o di chi muore di miseria. Lo scrittore Stefano Tassinari fa dire a un suo personaggio che «fino al decennio iniziato nel ’68 in questo Paese non esistevano diritti né civili né sindacali, ma in compenso il nostro codice prevedeva ancora il delitto d’onore e il reato di adulterio femminile, così come si votava a ventun anni e si andava in galera a diciotto, si veniva arrestati per obiezione di coscienza al servizio militare o per detenzione di un grammo d’hashish, c’erano le gabbie salariali tra nord e sud e tra uomini e donne, nei manicomi si "curava" la gente a colpi di elettrochoc, licenziare un lavoratore era un gioco da ragazzi». Bei tempi quelli che si potevano picchiare le mogli anche senza essere sotto l’effetto di ammortizzatori sociali! Il "nostro" Guido Caldiron ricorda - nel recente "La destra sociale da Salò a Tremonti" - la traiettoria politica di Sacconi dal Psi di Craxi e quello veneto dell’indimenticabile De Michelis (tanto per dire di «cattivi maestri») fino al forzismo spinto con altri due "compagni" dell’epoca, Tremonti e Brunetta. E’ un «laico devoto», Sacconi, come Ferrara Giuliano, contro l’aborto e contro i poveri, specie quelli che si rifiutano di essere «responsabili». A lui piacciono i legami «verticali», tra nonni e nipoti ma, soprattutto, tra padroni e servi. Oppure tra ministero della Salute e Farmindustria quando lui era ministro e sua moglie dirigeva la confindustria dei farmaceutici. Dice che «il blocco interclassista ha come valori fondanti Dio, Patria e Famiglia». Allo Statuto dei lavoratori vuole sostituire uno Statuto dei lavori dove l’unica solidarietà possibile è quella tra lavoratori e imprenditori di una stessa azienda. Scavalcando gli anni "bastardi", i Seventies, Sacconi pesca nell’armamentario della Cisnal, il sindacato missino. Ma se qualcuno gli dà del fascista, come ieri un allibito delegato Acli, allora il ministro la prende male. Ma forse era già arrivato con la luna storta perché oltre ai leghisti perfino i docili Bonanni e Angeletti lo hanno lasciato col cerino in mano rivelando che quella pensata di impedire il riscatto della laurea e del servizio militare era farina del suo sacco. Di chi se no? checchino antonini |
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